È
stata scelta una città italiana, Ferrara, per presentare in anteprima mondiale
gli ultimi risultati della missione europea Planck. Dal 2009 al 2013, il
satellite dell'ESA ha osservato il cielo a 9 frequenze tra i 30 e gli 857
MHz, analizzando con straordinaria precisione la radiazione cosmica di fondo
(CMB), quel “bagno elettromagnetico” nella banda delle microonde che permea
l’intero cosmo e risale ad appena 380.000 anni dopo il Big Bang.
Il
convegno, intitolato “The Microwave Sky in Temperature and
Polarization”,
è in corso a Palazzo Costabili, nel cuore del capoluogo estense, dal 1° al 5
dicembre. Sono oltre duecento gli scienziati provenienti da tutto il mondo che
partecipano all’evento, in cui per la prima volta vengono annunciati alcuni
risultati molto attesi.
Risultati che ancora la comunità scientifica non
conosceva, in quanto verranno pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics soltanto il 22
dicembre.
Questione di piani
I
dati di Planck si riferiscono alla mappa di temperatura della CMB, e
rappresentano un miglioramento di quelli già presentati lo scorso anno. Ma la grande
attesa era per i dati sulla polarizzazione della radiazione cosmica di fondo,
una miniera di informazioni utili per i cosmologi che soltanto ora viene per la
prima volta esplorata con grande precisione.
Come
ogni altro tipo di radiazione elettromagnetica, la CMB è un fenomeno
ondulatorio. Proprio come un’onda che si propaga sulla superficie di un lago,
la radiazione cosmica di fondo è un’oscillazione del campo elettromagnetico di
cui è “imbevuto” il cosmo. Misurare la polarizzazione del fondo cosmico
significa sostanzialmente individuare i piani su cui avvengono le
“oscillazioni” che compongono la CMB.
Per
quanto possa non sembrarlo a prima vista, la polarizzazione del fondo cosmico è
un parametro cruciale per sbirciare nei segreti dell’universo primordiale.
Didascalia: La mappa della polarizzazione della CMB, ottenuta osservando tutto il cielo alla frequenza di 70 Hz, che è stata presentata dal team di Planck in occasione del convegno di Ferrara. La scala dei colori indica il grado di polarizzazione, crescente dal bianco al nero; i segmenti indicano i piani di polarizzazione
Modello standard: tutto come previsto
Che
cosa rivelano dunque i nuovi dati di Planck? A prima vista, una sbalorditiva
conferma del modello cosmologico standard. I 6 parametri che i cosmologi usano
per descrivere l’universo su larga scala (può sembrare strano, ma sono solo 6)
sono in ottimo accordo con quelli ottenuti tramite le misure di temperatura, e
ora sono noti con un 20-30% di precisione in più. Questo notevole “salto di
qualità” toglie quasi ogni dubbio su un’eventuale discrepanza tra i dati di
Planck e quelli di WMAP, il suo satellite predecessore nei primi anni Duemila. Insomma,
quello che sappiamo sull’universo si rivela sempre più solido.
Questa
la “ricetta” aggiornata fornita da Planck sulla composizione del cosmo: per il
4,9% è composto di materia ordinaria (sostanzialmente nuclei atomici), per il
26,6% di materia oscura e per il 68,5% di energia oscura. Della materia oscura
– e, ancora di più, dell’energia oscura – sappiamo ancora molto poco, ma con i
nuovi risultati di Planck possiamo se non altro escludere alcune possibilità.
C’è chi ipotizzava che, qualunque cosa fosse, la materia oscura potesse
decadere in particelle che si possono rilevare nei raggi cosmici. Missioni
spaziali dedicate allo studio di queste particelle altamente energetiche, come Fermi o PAMELA, mostravano un
eccesso di raggi cosmici che qualcuno ha proposto derivasse dall’annichilazione
della materia oscura. I nuovi dati di Planck rendono questa ipotesi molto
improbabile: se così non fosse, si sarebbero osservati degli effetti nella
polarizzazione della CMB.
Per
quanto riguarda la materia oscura, letteralmente, brancoliamo ancora nel buio.
Una reionizzazione tardiva
Uno
dei più interessanti temi sollevati finora nel convegno riguarda un enigma che
assilla i cosmologi da diversi anni, e che prende il nome di reionizzazione.
Cerchiamo di capire di che si tratta.
L’universo,
espandendosi, si raffredda. C’è stata un’epoca in cui la temperatura è scesa
abbastanza da permettere agli elettroni di legarsi ai nuclei atomici: la
materia è diventata neutra. Ma diverse osservazioni dell’universo lontano ci
mostrano che da un certo momento in poi il gas contenuto nel cosmo è tornato a
essere ionizzato: gli elettroni si sono nuovamente separati dai nuclei.
Da
dove è venuta l’energia necessaria perché accadesse questo? L’ipotesi principe
invoca la prima generazione di stelle, molto massicce e straordinariamente
brillanti. Ma le osservazioni facevano pensare che l’epoca della reionizzazione
fosse precedente alla nascita delle prime stelle. I dati cozzavano con il buon
senso.
Planck
ci aiuta a fare luce – letteralmente! – su questo mistero. I risultati
presentati in questi giorni spostano in avanti l’epoca della seconda ionizzazione
dell’universo: quanto basta per avere la prima generazione di stelle, e dunque
una causa plausibile alla reionizzazione.
Neutrini: tre famiglie, molto leggere
Proseguendo
nella panoramica dei dati presentati in questi giorni a Ferrara, degne di nota
sono anche alcune novità sul fronte neutrini: grazie a Planck ora sappiamo
qualcosa di più su queste particelle così sfuggenti e numerose. Le analisi sono
straordinariamente compatibili con le conoscenze attuali, secondo cui ci
sarebbero soltanto tre “famiglie” di queste particelle (chiamate neutrino
elettronico, neutrino muonico e neutrino tau).
Abbiamo
anche una stima molto precisa su quale possa essere la massa complessiva delle
tre famiglie. Un neutrino elettronico, uno muonico e uno tau peserebbero,
insieme, non più 0,7 elettronvolt: un valore minuscolo considerando che un solo
elettrone “pesa” quasi un milione di volte tanto.
E l’inflazione?
Nel
marzo di quest’anno il team di BICEP2, un esperimento posto in Antartide
dedicato allo studio della radiazione cosmica di fondo, annunciò di aver scoperto
nella polarizzazione della CMB la traccia di onde gravitazionali primordiali:
una prova inconfutabile di una delle teorie più complesse e importanti in
cosmologia, quella dell’inflazione cosmica. Alla notizia è
seguito un forte dibattito, e lo scetticismo è cresciuto nei mesi finché in settembre il team di Planck
ha pubblicato un articolo che metteva in forte discussione il claim iniziale
di BICEP2.
Il
convegno ferrarese ha presentato qualche novità da questo punto di vista? Non
ancora. La collaborazione di Planck sta attualmente collaborando con quella di
BICEP2 a un’analisi congiunta dei dati dei due esperimenti: i risultati
verranno resi pubblici entro la fine del 2014 e finora c’è una comprensibile
ritrosia nel dare troppe anticipazioni.
L’appuntamento
per saperne di più è dal 15 al 19 dicembre, quando a Parigi si terrà il
convegno “The Primordial Universe After Planck” che vedrà ancora
una volta come protagonista, naturalmente, la radiazione cosmica di fondo.
Una finestra spalancata
Se c’è una “lezione” che possiamo imparare dai nuovi risultati di Planck è questa: non c’è niente che vada diversamente da come ce lo aspettassimo. Non è una conclusione strepitosa, come dice senza troppi giri di parole Nazzareno Mandolesi, responsabile di uno degli strumenti a bordo di Planck: «Speravo di trovare qualche anomalia». Sono molti i quesiti ancora irrisolti in cosmologia, e le “anomalie” rappresentano sempre un’ottima chiave per raggiungere una comprensione più profonda: in questo caso, del nostro universo. Per ora, non ci sono indizi che ci suggeriscano dove si possano nascondere le risposte che ancora non conosciamo.
Il grande impatto degli ultimi dati di Planck non sta quindi tanto nel loro contenuto, quanto nella loro precisione, irraggiungibile fino ad anche solo un decennio fa. Commenta Marco Bersanelli, astrofisico dell’Università di Milano e tra i responsabili della missione: «Effettivamente è come si se fosse aperta una nuova finestra sull’universo, che ci fa vedere la luce cosmica in modo nuovo. Non che finora non si fosse mai osservata in questo modo; il fatto è che se finora erano spiragli, adesso si è spalancata una finestra e la stanza è stata investita da una quantità enorme di informazioni e quindi di ricadute, sia di natura cosmologica che astrofisica».