Pubblicato
sulla rivista Neurotoxicology uno
studio che conferma la patogenesi multifattoriale dell’autismo.
La ricerca,
finanziata dalla Fondazione USA Autism Speaks e realizzata dall’Irccs
Fondazione Santa Lucia e dal Campus Bio-Medico di Roma, in collaborazione con
l'Istituto Superiore di Sanità e l'Università di Pisa, dimostra come non sia un
unico fattore a innescare la patologia ma l’interazione fra tre fattori:
genetico, sessuale e ambientale.
“A dare l’input alle nostre ricerche è stato il libro “La triplice elica” del biologo evoluzionista Richard Lewontin” spiega Filippo Biamonte, uno dei firmatari della ricerca, attualmente in forza presso l’Istituto di Istologia ed Embriologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “L’idea che anima il libro è che alla base dello sviluppo di un organismo vi sia l’interazione di più fattori. Per quanto riguarda l’autismo noi siamo convinti che esso sia una patologia dall’eziologia multifattoriale, i quali probabilmente agiscono già nel periodo fetale” continua Filippo Biamonte. “Il nostro interesse si è focalizzato sul cervelletto, un’area del sistema nervoso centrale che non ha solo funzioni motorie, come siamo soliti pensare, ma anche cognitive. Questa area presenta una peculiarità che ha attirato la nostra attenzione di ricercatori: rispetto al resto del cervello ha una citoarchitettura meno complessa essenzialmente formata da soli tre strati, con lo strato delle cellule del Pukinje, di numero limitato e pertanto più facilmente gestibile. Nel cervelletto dei roditori le cellule del Purkinje sono circa 200 mila. Ciò significa che, se c’è una alterazione circa il numero, essa è facilmente individuabile.”
Indagini
post-mortem effettuate su campioni di cervelletto umano di soggetti autistici
hanno evidenziato una riduzione significativa delle cellule del Purkinje, che
come è noto contengono i recettori di una proteina chiamata Relina e presentano anche i recettori degli
ormoni sessuali estradiolo e testosterone. Inoltre studi clinici precedenti
avevano dimostrato sia un’alterazione del gene che codifica per la Relina, sia
una riduzione dell’espressione della stessa. Quest’ultima è una proteina che
guida lo sviluppo e la plasticità dei circuiti nervosi ed è coinvolta in
diverse patologie del sistema nervoso centrale.
“Evidenze
scientifiche emerse nel corso di uno studio che abbiamo condotto nel 2009 hanno
dimostrato come il topo eterozigote maschio presenti una riduzione significativa
delle cellule del Purkinje. Riduzione che non abbiamo osservato nel topo eterozigote
femmina. Somministrando estrogeni in acuto direttamente nella cisterna magna
del topo maschio eterozigote per la Relina c’è un recupero delle suddette
cellule nervose” spiega Filippo Biamonte. “Inoltre nel periodo perinatale il
cervelletto dei topi maschi presenta anche un equilibrio alterato degli ormoni
sessuali.
Altro
fattore considerato è stato quello ambientale. In particolare, l’obiettivo
degli studiosi è stato quello di andare a vedere cosa accade nel cervelletto in
seguito a somministrazione per via orale, a topoline gravide di un composto
noto per la sua neurotossicità: il metilmercurio.
Partendo da
tali presupposti i ricercatori hanno utilizzato per il loro studio un modellino
a tre vie in cui gli animali utilizzati nell’esperimento erano topi maschi che
presentassero una riduzione del 50% dei livelli di espressione della Relina. Un
modello in cui si potesse osservare l’interazione di tre fattori: sessuale,
genetico e ambientale.
“Il giorno
della fecondazione, abbiamo somministrato metilmercurio per via orale a topoline
gravide, in due differenti dosaggi: 2 parti per milione e 6 parti per milione.
Si tratta di dosaggi molto bassi. Li abbiamo somministrati fino al giorno in
cui inizia lo svezzamento che, per questi animali, coincide con il ventunesimo
giorno di vita dei piccoli. Siamo andati a vedere gli effetti del metilmercurio
sul cervelletto, e sul comportamento” spiega Biamonte.