Si chiama Physic World 2014 Breakthrough of the Year
il riconoscimento che Physics World,
rivista mensile dell’Institute of Physics, ha
assegnato questo 12 dicembre a quella che ritiene la maggiore notizia nel campo
della fisica nel corso del 2014. I criteri di attribuzione erano: la rilevanza
della ricerca, il progresso nella conoscenza scientifica reso possibile, il
rapporto tra aspetti teorici e sperimentali, e in generale l’interesse della
notizia nel panorama della fisica contemporanea. «Per la fisica questa è stata una grande annata – ha
dichiarato Hamish Johnson, editor di Physics World – ed è stato
bello avere da scegliere tra 10 lavori tutti di grande rilievo e ognuno dei
quali rappresenta un grande passo avanti fatto dal team di ricercatori
coinvolti».
Non c’è da stupirsi più di tanto se il “vincitore” è stato
l’atterraggio
di Philae, modulo della sonda Rosetta, sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.
A poco più di un mese dal landing sono già due le scoperte interessanti
effettuate dalla missione. La prima, annunciata appena pochi giorni dopo il
touchdown, è il fatto che sulla cometa sono presenti molecole organiche: fatto,
questo, che consolida l’ipotesi che i “mattoni della vita” possano essere
arrivati, almeno in parte, dai corpi minori del Sistema Solare. La seconda
notizia, più recente, riguarda l’abbondanza di deuterio nell’acqua di 67P
misurata dallo spettrometro di massa ROSINA a bordo di Rosetta: tale
abbondanza, troppo alta per essere compatibile con quella dell’acqua
“nostrana”, rafforza l’idea che l’origine degli oceani terrestri vada ricercata
negli asteroidi piuttosto che nelle comete.
Physics World elenca le altre 9 scoperte in ordine
sparso, senza stilare una vera e propria classifica. Vediamole una a una.
I primi neutrini solari
Se ne è parlato
molto quest’estate nel nostro Paese, soprattutto perché è una ricerca condotta
interamente in Italia. Nei laboratori nazionali del Gran Sasso, per la
precisione. L’esperimento Borexino, destinato ai neutrini, ha
compiuto la prima rivelazione diretta di neutrini prodotti dalle reazioni
nucleari che alimentano il Sole.
Questa scoperta è importante perché ha dato una conferma dei
modelli teorici su ciò che avviene nel cuore delle stelle, ma anche perché è
stata la prima misura diretta dell’attività nucleare del Sole: i fotoni,
infatti, raggiungono la superficie della nostra stella circa 100.000 anni dopo
essere stati prodotti.
Osservato un filamento cosmico
I filamenti cosmici sono strutture che collegano gli ammassi
e i superammassi di galassie, formando la cosiddetta “rete cosmica” (cosmic
web); ma a differenza degli ammassi di galassie non siamo ancora stati in
grado di osservarli. Fino a quando Sebastiano Cantalupo, Piero Madau e Xavier
Prochaska (Università della California), Fabrizio Arrigoni-Battaia e Joseph
Hennawi (Istituto Max-Planck per l’Astrofisica, in Germania) hanno usato la
radiazione ultravioletta emessa da un quasar lontano per osservare in maniera
indiretta il gas di un filamento cosmico.
Questa scoperta
apre una nuova finestra di osservazione dell’universo e avrà importanti
conseguenze nello studio della formazione delle strutture cosmiche.
Simulare una supernova
L’astrofisica è presente nella “top ten” con un’ultima ricerca,
condotta da Gianluca Gregori e Jena Meinecke (Università di Oxford) insieme ad
altri scienziati. Il team di ricercatori ha creato in laboratorio l’analogo di
una supernova. Non una a caso, bensì Cassiopea A, che si distingue per la sua
forma irregolare dovuta alla presenza di intensi campi magnetici, la cui
spiegazione però rimaneva abbastanza misteriosa.
Grazie all’uso di un laser, Gregori e colleghi hanno fatto
esplodere una barra di carbonio immersa in un gas di argon attraversato da una
griglia di plastica che aveva lo scopo di simulare le disomogeneità del
materiale nei dintorni di Cassiopea A. Facendo le dovute proporzioni,
l’esplosione ha creato un’onda d’urto in tutto e per tutto analoga a quella
prodotta da una supernova. Il risultato? Un campo magnetico simile a quello
osservato proprio in Cassiopea A.
Il successo di questo esperimento ha fatto pensare che tale
metodo di studio potrà essere usato per studiare “in laboratorio” molti altri
fenomeni astrofisici.
Fusione nucleare “fai-da-te”
Un gruppo di ricercatori del Lawrence Livermore National
Laboratory e dei Los Alamos National Laboratory, guidati da Omar Hurricane, ha
condotto il primo esperimento di fusione nucleare in laboratorio in cui si
sia ottenuta più energia di quanta ne fosse stata fornita precedentemente. Il
team di fisici statunitensi ha “acceso” una piccola quantità di deuterio e
trizio, isotopi dell’idrogeno.
La strada è ancora molto lunga, ma quest’esperimento segna
un passo in avanti nella possibilità di produrre energia pulita per uso civile
tramite la fusione nucleare.
Compressioni quantistiche
Siamo tutti avvezzi alla compressione dei dati nei computer che utilizziamo quotidianamente. Ma prima di quest’anno non c’era un modo per comprimere i dati nel contesto della computazione quantistica. Il primo successo l’hanno ottenuto Aephraim Steinberg e altri ricercatori dell’Università di Toronto: il gruppo canadese è riuscito per la prima volta a immagazzinare le informazioni quantistiche di tre fotoni in due soli fotoni. Sembra poco, ma è il primo passo per arrivare dati in maniera efficace nelle prossime generazioni di computer quantistici.
La memoria degli ologrammi
Ha a che fare con la memorizzazione dei dati anche un’altro
importante esperimento compiuto quest’anno, che riguarda però gli ologrammi.
Questi sono il risultato dell’interferenza di due raggi laser identici, di cui
uno ha compiuto un percorso libero, mentre l’altro ha incontrato un oggetto.
Gli ologrammi permettono di condensare l’intera informazione dell’oggetto
tridimensionale su una superficie bidimensionale: in questo modo si può
immagazzinare l’informazione in maniera straordinariamente efficiente.
Il problema è la lunghezza d’onda della luce laser. Più è
corta, meglio si riesce a “campionare” con precisione l’oggetto, aumentando la
quantità di informazione ricavabile con questo metodo; ma realizzare ologrammi
con laser di lunghezza d’onda molto corta è veramente arduo. Alexander Khitun e
altri fisici dell’Università della California sono stati i primi a realizzare l’impresa,
riuscendo a memorizzare dati usando tecniche olografiche con luce di lunghezza
d’onda minore rispetto a quella visibile.
Fibre ottiche “disordinate”
La luce è protagonista di un’altra grande scoperta targata
2014. Parliamo questa volta di fibre ottiche, e in particolare di fibre ottiche
“disordinate”. Più il materiale è disordinato (cioè disomogeneo e impuro da un
punto di vista chimico) il materiale con cui si costruiscono le fibre ottiche,
peggiore sarà la qualità delle immagini trasportate dalle fibre stesse. Ma un
gruppo di fisici statunitensi guidati da Arash Mafi ha scoperto
che, organizzando opportunamente il “disordine” di una fibra ottica, si possono
ottenere immagini di qualità superiore a quella delle migliori fibre ottiche
attualmente in commercio.
La scoperta apre la via per l’applicazione della tecnica
usata dal team americano per ottenere imaging di altissima qualità a scopo
soprattutto medico e biologico.
Magnetismo elettronico
Per quanto riguarda la fisica fondamentale, Physics World
inserisce nella sua lista un esperimento
effettuato da Shlomi Kotler, Nitzan Akerman, Nir Navon, Yinnon Glickman e Roee
Ozeri del Weizmann Institute of Science. Il gruppo israeliano è riuscito per la
prima volta a misurare l’interazione magnetica tra due singoli elettroni.
Le proprietà magnetiche dell’elettrone sono note da quasi un
secolo, ma il magnetismo tra due elettroni non era mai stato misurato prima,
perché è estremamente debole rispetto alle altre forze che agiscono tra le due
particelle (per esempio la repulsione elettrostatica). Per misurarne
l’interazione magnetica, occorre quindi che i due elettroni siano molto
distanti, il che però rende gli effetti magnetici ancora più modesti.
I ricercatori israeliani hanno risolto il problema studiando
elettroni legati a distanza tramite il fenomeno dell’entanglement quantistico.
«Beam me up»
Concludiamo con una nota fantascientifica. Se i raggi
traenti luminosi non sono ancora realtà, Christine Démoré e Mike MacDonald
dell’università britannica di Dundee ne hanno
realizzato un analogo “acustico”. I due fisici hanno realizzato due
particolari sorgenti di ultrasuoni; i fronti d’onda curvi prodotti da queste
sorgenti interagiscono in modo tale che, incontrando un oggetto lungo il loro
percorso, gli conferiscono una quantità di moto rivolta in direzione delle
sorgenti stesse.
Questa tecnica potrà
trovare applicazioni soprattutto in campo medico, specialmente per trasportare
opportunamente il principio attivo di un farmaco all’interno dell’organismo