Agli inizi del secolo scorso in ogni paese
nascevano i Consigli Nazionale di Ricerca per favorire, anche attraverso lo
sviluppo di nuova conoscenza e di tecnologie avanzate in campo militare, la
difesa dei territori, ma, anche, per creare una ben più ampia comunità
scientifica che potesse collaborare a una crescita complessiva della società e a
un miglioramento delle condizioni di vita.
In questo contesto, e a ridosso della prima grande
guerra mondiale, Albert Einstein e Georg Friedrich Nicolai pubblicarono un
Manifesto con il quale esortarono gli scienziati e gli artisti a opporsi al
conflitto tra le nazioni e a impegnarsi per costruire la pace. I due scienziati invitavano poi i giovani, “buoni
europei di domani”, a fare dell’Europa una casa comune.
Siamo partiti da quell’invito e dalla sua straordinaria
attualità con questi anni di crisi e di radicalizzazione dei fondamentalismi,
perché siamo convinti che, ancora una volta, la comunità degli scienziati possa
e debba far sentire la sua voce e dare un contributo importante a invertire la
rotta. Non è secondario che alcune recenti azioni terroristiche
si siano rivolte contro persone e luoghi
a vario titolo collegati alla cultura, alla libertà, al dissenso, alla laicità.
Colpire la conoscenza vuol dire spezzare anime,
devastare l’identità, la memoria e quindi il futuro e le libertà. Indebolire le democrazie, sottrarre libertà fa
aumentare il senso di insicurezza nelle persone e devasta la stessa produttività
della ricerca scientifica, perché anch’essa necessita di libertà, in quanto
esprime la forma più alta di creatività e di solidarietà fra le persone.
Per questo la scienza, la ricerca da sempre
rappresentano baluardi e strumenti per contrastare ogni forma di violenza e
oscurantismo e rinforzare la pace, la libertà e la democrazia.
Alla
Scienza, a questa idea di conoscenza, inoltre noi possiamo, come nell’auspicio di
Einstein e Nicolai, affidare il futuro dell’Europa, affinché possa lanciare
risposte migliorative alle condizioni di vita individuale e collettiva, attuando
modelli alternativi di sviluppo e crescita qualitativa.
Abbiamo
urgenza di un’Europa che sappia scoprirsi pronta a vincere le grandi sfide dei
nostri tempi e sconfiggere le illibertà dello sviluppo; superare i pregiudizi;
rafforzare i diritti; estendere la prosperità a chi non ce l’ha. A questa
Europa guardiamo con interesse e grandi aspettative. Perché prima ancora di
essere sommatoria di istituzioni, l’Europa è una comunità di persone.
Già nel 2000, da Lisbona, il Consiglio Europeo, con straordinaria lungimiranza, si pose l'obiettivo di trasformare l’economia dell'Unione entro il 2010 in una economia basata sulla conoscenza per rendere il vecchio, giovane, continente più competitivo e dinamico nel mondo. Sappiamo, a distanza di poco meno di un quindicennio, quanto siamo ancora lontani dal raggiungimento di quell’ambizioso traguardo e quanto ancora resti da fare per evitare che la Strategia di Lisbona diventi sinonimo di obiettivi mancati e di promesse non tenute.
Nel
frattempo, però, la trasformazione delle economie dei paesi occidentali ha
subito una incredibile accelerazione, passando da economie industriali a finanziarie
e di servizi, lasciando che i paesi emergenti diventassero l’officina del mondo, come fu definita in piena rivoluzione
industriale la Gran Bretagna più di due secoli fa. Ma le Officine del nuovo
secolo hanno imparato in fretta e hanno superato rapidamente la stagione delle
produzioni low-cost e low-profile. Hanno investito in in
saperi e tecnologie, capitale umano, e sono diventate riferimento anche sul
terreno dell’innovazione e delle produzioni avanzate. Ma ciò non
deve spaventarci. L’Europa ha ancora molte frecce nella sua faretra.
Per
liberare le enormi potenzialità vanno adottati interventi strutturali e
organizzativi tali da potenziare e innalzare il livello qualitativo della
ricerca esplorativa e finalizzata, dei sistemi produttivi e delle competenze
tecnico scientifiche delle persone. Per farlo abbiamo
bisogno, l’Europa ha bisogno, di più scuola, più università, più ricerca.
Abbiamo
bisogno di uno Spazio Europeo della
Ricerca che integri le diverse politiche nazionali e superi ogni ostacolo
alla libera circolazione dei ricercatori e delle conoscenze.
Oggi si
presenta una straordinaria opportunità: poter contribuire alla predisposizione
di un ampio e sostenibile progetto di reindustrializzazione comunitaria.
Per questo le
scelte della futura politica di coesione dovranno fare leva sulla
specializzazione intelligente, sulla aggregazione delle competenze, sull’uso
intensivo di conoscenze avanzate per poter rispondere positivamente alle sfide
dell’energia sostenibile, del cambiamento climatico e dell'uso efficiente delle
risorse, materiali e umane.
Ma abbiamo
anche un’altra importante sfida sociale e culturale da raccogliere e vincere:
rimettere al centro di ogni azione la persona come valore. Solo investendo
sulla qualità e continuità della formazione potremo sgretolare le false
certezze dei fondamentalismi e offrire maggiori opportunità alla tolleranza,
alla democrazia, alla inclusione, alla pace.
Entrambe le
sfide - quella della rinascita economica e della persona come valore - sono interconnesse
e vanno vinte su più tavoli, quello del coordinamento politico, della visione
di lungo periodo, e quello dei territori, dove si manifestano gli effetti dell’innovazione
e dell’inclusione.
Favorire
attraverso gli scienziati il raccordo fra le istituzioni formative, scientifiche
e politiche rappresenta un buon viatico su cui investire e a cui dare credito.
Testo integrale dell’intervento fatto dal Presidente del Cnr Luigi Nicolais nel corso dell’incontro Science: Europe, Democracy and Peace