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Se chiedete in giro dove si trova la città di Incheon e perché, nel corso di quest’anno, è salita alla ribalta internazionale, può darsi che non da tutti avrete risposte precise. A parte gli specialisti e gli operatori economici, la gran parte di noi occidentali, anche di cultura media, ha una conoscenza molto approssimativa della geografia e della storia dell’Asia, men che meno della Corea. Ebbene, Incheon, o meglio la città metropolitana di Incheon, si trova sull’estuario del fiume Han ed è il porto più importante della costa occidentale coreana.
Con più di due milioni e mezzo di abitanti è la terza città più grande della Corea, dopo Seul e Busan. Fu fondata nel 1883 e all’epoca contava meno di 5000 abitanti. Se pensiamo a quello che è diventata in meno di centocinquant’anni, si ha la misura della crescita di questa parte del mondo di cui, un po’ ingenuamente, conosciamo soprattutto le meraviglie e i gadgetelettronici.Può darsi che alcuni di quelli a cui avete posto il quesito iniziale vi risponda giustamente che ad Incheon fu combattuta, nel settembre 1950, una storica battaglia tra una coalizione guidata dagli U.S.A., che si muoveva sotto l’egida delle Nazioni Unite, e le forze della Corea del Nord che avevano invaso il Paese. A questo punto però è probabile che la ragione dell’importanza odierna di Incheon sfugga a molti dei vostri interlocutori.

Incheon è stata proclamata dall’UNESCO capitale mondiale del libro per l’anno 2015 e pochi giorni fa (23 aprile) si è celebrata la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore (World Book and Copyright Day, 2015). L’evento, almeno in Italia, non ha destato particolare interesse. Questo è dovuto, almeno in parte, ai numerosi accadimenti delle ultime settimane che hanno avuto giusto e forte risalto sulle le prime pagine dei giornali. È naturale che le tragiche vicende dell’immigrazione, gli alti e i bassi dell’economia e anche la politica nazionale ricevano attenzione anche se, purtroppo, il ricambio delle notizie è così veloce da provocare una specie di assuefazione. In queste condizioni celebrare la Giornata del Libro sembra un lusso ma finisce di esserlo se si pensa che nel mondo ci sono 175 milioni di adolescenti, specialmente ragazzine e giovani donne, incapaci di leggere anche una sola frase. Il dato, davvero drammatico, è contenuto nel messaggio di Irina Bokova, Direttrice Generale dell’UNESCO, diffuso per l’occasione.
Vale davvero la pena di leggerlo interamente, a cominciare dalle prime righe dove si dice: “World Book and Copyright Day is an opportunity to recognise the power of books to change our lives for the better and to support books and those who produce them”.

Occorre chiedersi se siamo ancora convinti che i libri abbiano il potere di cambiare in meglio le nostre vite ma soprattutto quanti giovani lo siano ancora. Può sembrare un’osservazione nostalgica ma sorgono parecchi dubbi in proposito se si osservano i viaggiatori dei treni o delle metropolitane nel corso dei loro spostamenti. In quanti hanno un libro in mano, sia pure in formato elettronico? L’attenzione è catalizzata dallo schermo dello smartphone, dagli sms e dai social networks.  Qualche decennio fa era diverso e chi scrive ricorda bene la metropolitana di Londra, dove la maggioranza dei giovani trascorreva il tempo immersa nella lettura.

A proposito di questi cambiamenti, domenica 19 aprile, su “Il Fatto Quotidiano”, è comparso un bell’articolo a firma di Nando della Chiesa significativamente intitolato “Sulla metro solo telefonini. Il libro diventa clandestino”. Lascio a voi il piacere della lettura di un contributo che centra in pieno il tema qui sinteticamente trattato.
Per finire, un ultima considerazione sul fatto che i libri cambino in meglio la vita. A parte la mia esperienza personale che lo conferma in pieno, vorrei citare una curiosità.

Molti libri dell’Ottocento si aprivano con un messaggio dell’Editore ai lettori che terminava con un incitamento-augurio abbastanza singolare, secondo la mentalità odierna: “…vivete felici!”. Non c’era differenza, da questo punto di vista, tra testi scientifici o divulgativi e gli altri: Ho tra le mani il “Catechismo di Chimica Elementare” di Horsley, tradotto da Gorini e pubblicato da Gnocchi (Milano, 1858). Rivolgendosi al “Ai benevoli lettori”, l’Editore dichiara che il suo unico scopo è di allettare, con tale “operetta”, la solerte gioventù allo studio  della fisica e della chimica, “la cui importanza non v’ha chi ignori”. Prosegue poi quasi scusandosi, con i lettori più severi, per la modestia del suo lavoro e conclude in questo modo: “ procurate di cavare dalla presente il miglior partito che per voi si possa , e vivete felici”.
Vale anche per noi.


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