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Il neutrino ciarliero

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Per essere un fantasma, è piuttosto ciarliero. Se lo riesci ad afferrare, non smette di parlare e spettegola sull’universo intero. È il neutrino, la particella elementare cui Lucia Votano ha dedicato un libro, intitolato appunto Il fantasma dell’universo, appena pubblicato dalla Carocci nella collana ideata in collaborazione con la Città della Scienza di Napoli.

L’autrice è tra le più titolate al mondo a parlare di neutrini, essendo fisico e avendo diretto, prima donna in assoluto, il più grande laboratorio sotterraneo del mondo, quello che l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha realizzato sotto il Gran Sasso, dove lavora uno dei gruppi più attrezzati e di successo nel dialogo con la particella fantasma.
E il libro che ha scritto registra puntualmente tutte le conoscenze più avanzate nella “fisica del neutrino”. Già, perché la particella inafferrabile e ciarliera, si è ritagliata una fetta piuttosto grossa della grande torta dell’attenzione dei  fisici.
Ma il libro, denso e conciso come direbbe un insegnante del liceo, è scritto con quella leggerezza e quella rapidità che Italo Calvino considerava due capisaldi della bella scrittura. Insomma, Lucia Votano si rivela divulgatrice di gran classe e il libro si legge in un amen.
Ma non è solo per la piacevolezza – che non è certo poca cosa – che ne consigliamo lo sfoglio. Ma anche – e non è cosa da meno – per la sua intrinseca importanza, che è organizzata nelle tre diverse dimensioni della storia: il passato, il presente e il futuro.

Il neutrino, infatti, ha un grande passato. Quasi per intero italiano, peraltro. Se infatti è stato Wolfgang Pauli a ipotizzarne l’esistenza, intorno al 1930, nel tentativo di fornire una spiegazione a quel bizzarro fenomeno della natura che è la radioattività è stato poi Enrico Fermi non solo a dargli il nome, neutrino – l’unico nome italiano utilizzato dalla comunità mondiale di fisica delle particelle – ma a interrogarlo e a fargli raccontare che esiste un’altra forza fondamentale della natura, l’interazione debole, oltre le due già note: gravità ed elettromagnetismo (più tardi ne è stata scoperta una quarta, l’interazione forte). Nessuno lo aveva ancora empiricamente osservato e il fantasma già parlava, rivelando misteri arcani. Perché fantasma? Beh, perché la particella non è solo minuscola, ma risente solo dell’interazione debole ed è indifferente a tutte le altre tre forze della natura. Per questo potrebbe attraversare mura spesse quanto l’intero sistema solare senza essere fermato.

Dopo Fermi è stato un altro italiano, Bruno Pontecorvo, l’uomo che più di ogni altro ha “fatto” la storia del neutrino. Perché è stato il “cucciolo” di via Panisperna a indicare la trappola migliore per catturare il fantasma; a sostenere che ne esistono di diversi tipi (oggi sappiamo che sono tre); a sostenere che i neutrini per quanto minuscoli hanno una massa; a sostenere che i neutrini “oscillano”, ovvero si trasformano gli uni negli altri.
Le due ultimi ipotesi di Pontecorvo hanno avuto una definitiva verifica sperimentale grazie a un esperimento OPERA, condotto tra il CERN di Ginevra e il Gran Sasso. È dunque proprio vero che il neutrino “parla italiano”.

Proprio gli esperimenti al Laboratorio Nazionale del Gran Sasso (LNGS), diretto fino a qualche tempo fa da Lucia Votano, dimostrano che il neutrino ha non solo un grande passato, ma anche un presente non meno importante. Intanto perché il gruppo OPERA ha fornito la definitiva conferma che il neutrino ha una massa. Il che implica un problema teorico non da poco. Il Modello Standard della Fisica delle Alte Energie, ovvero il quadro teorico “completato” con la scoperta nel 2012 del “bosone di Higgs” al CERN di Ginevra, prevede che il neutrino “non abbia” massa. E, dunque, la particella fantasma (ma non del tutto) parla ancora e ci dice che bisogna “andare oltre il Modello Standard”. Elaborare, cioè, un quadro teorico più generale.

Nel fare questo il neutrino racconta – e Lucia Votano puntualmente annota – cose che nessun altro sa su come sono fatti l’universo bambino, il Sole e le altre stelle, la nostra atmosfera, l’interno del pianeta Terra. Tutte fonti diverse della particella fantasma e ubiqua. E questo solo per parlare delle fonti naturali, perché i fisici riescono a produrre in proprio i neutrini, mediante fonti artificiali sparse per il mondo intero. Perché quella del neutrino è una fisica molto frequentata.

Ed è molto frequentata anche perché avrà, quasi certamente, un futuro degno del suo presente e del suo passato. Un futuro scientifico, in cui dovrà aiutarci a svelare altri miseri ancora irrisolti della fisica. Ma anche un futuro tecnologico. Lucia Votano adombra l’idea che il prossimo e avveniristico sistema di trasmissione dell’informazione sarà potrebbe essere basato proprio sul neutrino. È probabile che dopo l’elettronica e dopo la fotonica avremo la “neutrinica”. Il vantaggio è evidente. L’elettronica, come dice il nome, si fonda sull’elettrone, particella che ha alcuni limiti dal punto di vista dei tecnologi: è pesanti ed è elettricamente carica, ovvero “sente” l’interazione elettromagnetica. Il fotone, cui si affida la “fotonica”, è privo di massa ed elettricamente neutro, ma è la “particella messaggero” dell’interazione elettromagnetica. Il neutrino ha una massa piccolissima e non solo è elettricamente neutro, ma non “sente” l’interazione elettromagnetica.
I tecnologi gongolano, perché sognano una nuova era, l’“era neutrinica” appunto, in cui le informazioni potranno essere trasmesse praticamente senza interferenze. L’impresa riuscirà solo troveremo il giusto acchiappa fantasmi. E allora l’inafferrabile e trasformistico neutrino diventerà definitivamente la particella più ciarliera dell’universo.  


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