Non più un una donna sola al
comando – la biologa scozzese Anne Glover, Chief Scientific
Adviser (CSA), la cui funzione è stata soppressa lo scorso anno – ma una
squadra, o meglio uno Scientific Adviser
Mechanism (SAM), di sette scienziati di vaglia, quattro maschi e tre
femmine, provenienti da sette diversi paesi ed esperti in sette diverse
discipline. È con questa novità, annunciata nelle scorse ore, che la
Commissione Europea intende riorganizzare il proprio “consiglio scientifico”.
Ovvero la struttura che ha il compito, per l’appunto, di indicare al “governo
europeo” non solo le grandi linee della “politica della ricerca”, ma di segnalare i punti scientificamente sensibili
di tutte le politiche dell’Unione.
Lo Scientific Adviser Mechanism (SAM) viene
potenziato, rispetto al vecchio ufficio del Chief Scientific Adviser (CSA).
Potrà contare su uno staff di 25 persone (contro le 5 di Anne Glover) e su una
dotazione di 6 milioni di euro. Dovrà fornire consigli sia su problematiche
urgenti – una pratica sul tappeto è quella del contrasto all’epidemia di Ebola – ma anche su
problematiche di medio e lungo termine. Inizierà a lavorare il prossimo mese di
gennaio. E i suoi sette membri, che resteranno in carica per 2,5 anni con
possibilità di un secondo mandato, sono:
Janusz
Bujnicki,
polacco, direttore di un laboratorio di bioinformatica presso l’International
Institute of Molecular and Cell Biology di Varsavia e membro della commissione
scientifica che collabora con il ministero della ricerca del governo polacco;
Pearl
Dykstra,
olandese, insegna sociologia presso l’Università Erasmus di Rotterdam e, fino
al 2011, presidente della Reale Accademia Olandese delle Arti e delle Scienze;
Elvira Fortunato, portoghese, esperta
di scienza dei materiali con 57 brevetti depositati e docente presso la Universida
de Nova di Lisbona;
Rolf-Dieter Heuer, tedesco, fisico e attuale
Direttore generale del CERN di Ginevra (carica, quest’ultima, che da gennaio
sarà assunta dall’italiana Fabiola Gianotti);
Julia Slingo, inglese, direttore scientifico del
Met Office che effettua le previsioni meteorologiche e studia i cambiamenti
climatici nel Regno Unito;
Cédric
Villani, francese,
matematico, vincitore della Medaglia Fields e direttore dell’Istituto Henri
Poincaré di Parigi;
Henrik
Wegener, danese,
provost dell’Università Tecnica di Lyngby, microbiologo esperto sia di
sicurezza alimentare e zoonosi si di politica della ricerca.
Non c’è dubbio, si tratta di sette scienziati di
riconosciuto valore. Ma forse non commette un peccato di nazionalismo chi
constata l’assenza di uno scienziato italiano. Dovuta, probabilmente, allo
scarso peso politico relativo del nostro paese a Bruxelles e certo non alla
mancanza, in Italia, di scienziati di valore paragonabile ai “magnifici sette”.
Come abbiamo detto, il SAM non è il “consiglio
scientifico” del Commissario della Ricerca, ma dell’intera Commissione. Ha
dunque il compito non solo e non tanto di elaborare per grandi linee la
politica della ricerca ma anche e soprattutto di informare di scienza l’intera
politica europea. Ha, sulla carta, due compiti di straordinaria importanza.
1) Iniziare finalmente a costruire quella che Antonio Ruberti chiamava la “casa comune della scienza europea”, superando quella frammentazione che vede la politica della ricerca in Europa decisa solo per il 5% a Bruxelles e per il 95% in 28 diverse e gelose capitali di stati nazionali.
2) Riuscire a realizzare quel progetto che Jacques Delors indicava come essenziale già negli anni ’90 del secolo scorso e che l’Unione Europea ha assunto nel 2000 a Lisbona formalmente e, ahimé, inutilmente: fare del nostro continente l’area leader al mondo nell’economia della conoscenza. La data di scadenza del progetto era il 2010. Ma il progetto non è stato realizzato. Il raggiungimento dell’obiettivo è stato così posticipato al 2020. Il 2020 è ormai vicino ma il traguardo non è ancora apparso all’orizzonte. Certo, non è nelle possibilità dello Scientific Adviser Mechanism sospingere l’Europa oltre la linea di arrivo. Ma il suo compito principale è ricordar con forza determinazione che tagliarlo, quel traguardo, è essenziale per un continente che, forse non a caso, ama definirsi Vecchio.