Immaginiamo un prato verde ma di un verde non naturale, potremmo definirlo un verde pixel.
Immaginiamo uomini e donne con tratti somatici particolari, potremmo definirli tratti somatici
virtuali.
Immaginiamo un mondo in cui gli elementi costituenti non siano gli atomi come, già a partire da
Democrito viene concepito il mondo reale, ma un mondo costituito dagli enti della geometria.
Lo definiamo il mondo virtuale. In questo mondo viviamo già da anni attraverso i videogiochi ma
solo di recente si è pensato di sfruttarlo per apprendere.
Le nuove frontiere della didattica infatti guardano con occhio attento ai mondi virtuali, in particolare a quella che viene definita la didattica immersiva, ovvero una didattica che permette allo studente di essere percettivamente ed emotivamente inserito all’interno di un particolare contesto, dove il confine tra mondo virtuale e mondo reale viene a poco a poco sfumato. “Sentirsi immersi in un contesto, seppur virtuale, influisce notevolmente sull’apprendimento e permette di imparare attraverso esperienze che vengono dallo studente stesso personalizzate," afferma Andrea Benassi ricercatore dell’Istituto INDIRE, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa.
La didattica immersiva viene spesso consigliata nell’apprendimento delle lingue. Se si pensa
all’inglese, per esempio, il modo migliore per impararlo è andare in un paese anglofono. Le nuove
tecnologie della didattica oggi permettono di ricreare un ambiente virtuale in cui l’unica lingua
parlata sia l’inglese consentendo anche a chi non può trascorrere periodi all’estero di imparare la
lingua con questo tipo di didattica.
I ricercatori di Indire hanno realizzato una piattaforma on line chiamata Edmondo che permette di
entrare in un mondo virtuale tridimensionale creato apposta per l’apprendimento. “Altri mondi virtuali come Second Life impongono la creazione di una seconda identità.
Questa filosofia del ‘diventare qualcun altro’ cozzava con una tipologia e-learning, anche per un
problema di valutazione. Si deve sapere chi c’è dall’altra parte” continua Andrea Benassi.
Come funziona Edmondo? Gli insegnanti, di cui è stata certificata l’identità e la professione,
vengono accettati nella piattaforma e a loro volta iscrivono gli studenti. Gli utenti possono creare il
loro mondo virtuale singolarmente, in gruppo o con un lavoro di classe. Questa tecnologia didattica
permette di visualizzare uno spazio digitale per poter produrre contenuti o per apprendere
immergendosi in quello spazio e coinvolgendo la sfera emotiva.
La piattaforma Edmondo prevede inoltre la formazione a distanza per i docenti, basata su un uso
didattico del coding e su incontri virtuali tra docenti.
“Sul web si scrive, si caricano e si condividono contenuti ma è meno adatto a fare laboratorio e a
costruire esperienze condivise. L’idea è quella di sviluppare gli apprendimenti attraverso il
laboratorio on line.”
Un esempio di laboratorio virtuale svolto ha riguardato la ricostruzione di Selinunte. Gli alunni di
alcune scuole anche molto lontane le une dalle altre si sono trovati sulla piattaforma e hanno
collaborato per riprodurre la città così come era nel suo stadio precedente. Questo tipo di attività
richiede l’acquisizione da parte degli studenti di diverse competenze nelle diverse discipline e la
capacità di lavoro di gruppo, di progettazione e di coordinamento.
Oltre alla riproduzione di stati precedenti della realtà, il laboratorio virtuale permette di ipotizzare e
immaginare stati futuri, come per esempio la progettazione di una città. Questo permette ai giovani
studenti di collaborare per progettare scenari territoriali, sociali e culturali futuri.
Il laboratorio di fisica invece non è ancora attuabile in quanto i mondi virtuali non hanno ancora
una fisica implementata che simuli le leggi fisiche del mondo reale. Una palla, per esempio, può
rotolare ma non seguendo le leggi fisiche. Questo perché attualmente i computer non hanno ancora una capacità di calcolo sufficiente per riuscire a simulare e riprodurre tutti i moti e i
fenomeni reali.
La sfida è dunque quella di creare un enorme simulatore di fisica virtuale per poter permettere agli
studenti, anche di scuole lontane, di collaborare a progetti di fisica.
Inoltre, così come i social media come Facebook studiano i visori elettronici per riuscire a
progettare i social network sensoriali che permettano di condividere le senzazioni tattili, olfattive e
uditive, anche i ricercatori delle tecnologie didattiche immersive cercano di ipotizzare nuovi scenari
futuri che permettano di apprendere nei mondi virtuali anche attraverso l’uso sei sensi.