fbpx Disegnata la nuova mappa del cervello | Scienza in rete

Disegnata la nuova mappa del cervello

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

I neuroscienziati hanno a lungo cercato di suddividere il cervello umano in un mosaico di aree, anatomicamente e funzionalmente distinte benché spazialmente contigue (aree corticali e nuclei sottocorticali), come prerequisito per capire come funziona il cervello. Ciascuna area differisce da quelle circostanti per quanto concerne l’architettura microstrutturale, la specializzazione funzionale, la connettività con altri settori e/o l’ordinata organizzazione topografica intra-area (per esempio, la mappa dello spazio visivo nelle aree corticali visive). Una suddivisione dettagliata fornirebbe una mappa precisa del cervello, permettendo il confronto efficace dei risultati tra gli studi e la comunicazione tra i ricercatori. 

La nuova mappa del cervello: 180 aree per emisfero

Analizzando le immagini di risonanza magnetica multimodale di 210 giovani adulti sani appartenenti allo Human Connectome Project (HCP) e utilizzando un approccio oggettivo semiautomatico neuroanatomico, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di neuroscienze della Washington University Medical School (Saint Louis, Missouri) coordinati dal Professor David Van Essen, in collaborazione con altri istituti inglesi, olandesi e statunitensi, hanno delineato 180 aree per emisfero. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Nature, ha individuato la presenza e caratterizzato ben 97 nuove aree e confermato l’esistenza di altre 83 aree già riportate in precedenza usando la microscopia post-mortem o altri approcci. Gli scienziati hanno quindi validato la loro mappa dimostrandone l’accuratezza e scoprendo nel contempo che la dimensione delle aree da essa identificate può variare da persona a persona. Queste differenze possono rivelare nuove informazioni sulla variabilità individuale nelle capacità cognitive e sul rischio di sviluppare malattie.  

La più grande sfida della neurobiologia moderna

Mappare il cervello è la più grande sfida della neurobiologia moderna. I primi studi sulla geografia nascosta del cervello risalgono a più di 150 anni fa, quando, nel 1860, il medico francese Pierre Paul Broca osservò che due dei suoi pazienti non erano in grado di parlare. Dopo la loro morte, Broca ne esaminò il cervello e scoprì che entrambi avevano subito danni in una zona della corteccia cerebrale che divenne nota come area di Broca. Nel 1909, il neurologo tedesco Korbinian Brodmann suddivise il cervello in 52 regioni sulla base citoarchitettonica corticale, ossia l'organizzazione dei neuroni e delle fibre nervose. Finora i neuroscienziati hanno fatto affidamento su questa mappa, con l'aggiunta di un modesto numero di nuove regioni derivate da successive ricerche. Oggi gli scienziati hanno a disposizione questa nuova guida nel tentativo di comprendere praticamente ogni aspetto del cervello, dallo sviluppo nei bambini e nelle varie età nel corso dei decenni, a come può essere danneggiato da malattie come l'Alzheimer e la schizofrenia. 

Le più recenti ricerche utilizzavano tecniche come la risonanza magnetica funzionale che misura il flusso di sangue in risposta a diversi stimoli mentali per costruire la mappa del cervello. Fino ad oggi, gli studi di mappatura del cervello si erano basati su un unico tipo di misurazione, cosa che può fornire una visione incompleta o addirittura fuorviante del funzionamento interno del cervello. La nuova mappa è stata invece costruita utilizzando numerose misurazioni di risonanza magnetica e sfruttandone le informazioni relative allo spessore corticale, la funzione del cervello, la connettività tra le regioni; l’organizzazione topografica delle cellule nel tessuto cerebrale e i livelli di mielina, una sostanza lipidica che avvolge gli assoni dei neuroni e accelera la segnalazione neurale. Spostandosi lungo la corteccia cerebrale, gli autori hanno monitorato tutte queste caratteristiche e delineato i confini tra le aree laddove notavano cambiamenti significativi in due o più delle proprietà analizzate. 

Una fotografia istantanea

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di creare un modello affidabile ed accurato del cervello, ma lo studio offre anche la possibilità di esplorare ulteriormente l'intersezione unica dei singoli talenti con capacità intellettive e creative - le cose che ci rendono esseri umani unici al mondo. D’altra parte la mappa è limitata in alcuni aspetti importanti. Per esempio, rivela poco delle basi biochimiche del cervello o sull'attività dei neuroni singoli o in piccoli gruppi. Inoltre si tratta di una fotografia istantanea, in pratica sarebbe come avere una fantastica mappa di Google Earth del proprio quartiere: non si può davvero vedere come si muovono i vicini, dove stanno andando o quale attività lavorativa svolgono. 

"Si dovrebbe pensare a questa mappa come alla versione 1.0" ha affermato Matthew F. Glasser, neuroscienziato della Washington University School of Medicine e primo autore della ricerca. La loro è la mappa di gran lunga più dettagliata rispetto a quelle utilizzate finora ma gli stessi autori si augurano di arrivare presto alla versione 2.0 migliorando i dati e sfruttando un maggior numero di osservazioni e sperano che la loro mappa evolva col progredire della scienza. Ad esempio si potrebbe verificarne l'accuratezza grazie a test genetici: se 180 regioni della corteccia sono realmente distinte, i neuroni presenti in ciascuna di esse dovrebbero condividere una diversa combinazione di geni attivi e quindi possedere una propria signature trascizionale caratteristica.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):