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Se la ricerca si misura in Higuain

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Il ministro francese della ricerca, Thierry Mandon, annuncia il budget per la ricerca 2017. Con quasi 8 miliardi, sarà il più alto da 15 anni e cresce del 3,7% rispetto all’anno scorso. E un aumento ancora maggiore, del 9%, è stato annunciato da Hollande in persona per la ANR (Agence nationale de la recerche): avrà più di 600 milioni nel 2017. Il presidente ha aggiunto: “Non si può risparmiare sulla ricerca fondamentale, che determina, nel tempo, il livello economico della nazione”. Che musica, che invidia. E lo stesso, anzi meglio, succede in Germania e UK, due economie nettamente più forti di quella francese attuale.

Non sappiamo ancora quali richieste il ministro Giannini farà per la ricerca nella legge di stabilità. Visto Mandon, però, una speranza si aggira nel mondo della ricerca: siccome noi la ANR non ce la abbiamo (ancora), almeno il budget “ordinario” potrà salire significativamente… Per l’Università, speriamo, non sia più espresso in “Higuain”, l’umiliante unità di misura (costo del calciatore=92 milioni= tre anni di ricerca per tutte le materie in tutti gli atenei italiani) ma in suoi sostanziosi multipli. E lo stesso speriamo per gli Enti di Ricerca, oggi costretti a guerre tra poveri ma che al Paese danno il CERN, le scoperte astrofisiche e spaziali, e tanto altro.

Nonsolopianto, infatti. Come ha detto il matematico Mingione, noi continuiamo a produrre ottima scienza e ottimi giovani scienziati, che poi non riusciamo ad utilizzare. Non per la corruzione accademica (che pur esiste e va attaccata, come giustamente ha detto Cantone), ma banalmente perché non investiamo nel futuro: 20% in meno di professori universitari, ultimo posto in Europa come numero di laureati... E che i ricercatori che produciamo siano ottimi si vede dalla frazione di essi che ogni anno emigra con successo, molto in Francia. La quale aumenta il budget anche per poter sfruttare il regalo che regolarmente le arriva dall’Italia: giovani eccellenti, sui quali l’investimento è già stato fatto da un paese con la vista corta che li produce, bravi, e poi li regala.

Non solo pianto, quindi. Sappiamo far bene il nostro mestiere, che è la chiave per un miglior futuro del Paese, senza demagogie né scorciatoie. Adesso tocca a Governo e Parlamento. 

Pubblicato su L'Espresso il 9 ottobre 2016


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