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Il turista e la biodiversità

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La Giornata mondiale della biodiversità (22 maggio) quest'anno è dedicata al turismo sostenibile. Questo tema coincide con quello dell’iniziativa portata avanti dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha designato il 2017 come l’Anno internazionale per il turismo e per lo sviluppo sostenibile.

Il turismo avanza

L'industria del turismo globale ha raggiunto un livello di domanda senza precedenti. Secondo l’United Nations World Tourism Organization (UNWTO) il numero di turisti che nel 2016 hanno attraversato le frontiere internazionali ha superato 1,3 miliardi di persone. Nonostante i problemi legati alla sicurezza, il numero dei turisti cresce incessantemente. Nel 2016, secondo l’UNWTO Barometer, c’è stato un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Fino all’inizio del decennio, poco più del 50% di questi arrivi erano provenienti dall'Europa, ora gran parte di questa domanda è alimentata dall’aumento dei redditi familiari nelle economie emergenti. In Cina, il principale Paese del mercato turistico mondiale, si continua a registrare una crescita a due cifre delle spese dei suoi cittadini per viaggi internazionali (+20% nel 2016). Incrementi analoghi si sono registrati Brasile, Russia, India, in tutto il sud-est Asia e in America Latina. Non solo. Oltre agli aumenti dei viaggi internazionali, si stima che oltre cinque miliardi di persone viaggino ogni anno verso mete domestiche. Il turismo contribuisce al 10% del PIL mondiale, porta vantaggi economici significativi alle comunità locali e incoraggia una maggiore connettività globale.

Tuttavia, mentre questi aspetti positivi del turismo sono giustamente magnificati e celebrati, quelli negativi - tra cui l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, il maggiore consumo di acqua e di altre risorse naturali e di rifiuti -vengono minimizzati. In particolare viene trascurato l’impatto che lo sviluppo del turismo, soprattutto quando assume forme di insostenibilità, porta alla biodiversità, sia di specie sia di paesaggio. E ciò è paradossale se pensiamo che la biodiversità e i servizi ecosistemici che questa genera sono vitali per il turismo.

Biodiversità come valore e come servizio

Il termine biodiversità (contrazione di diversità biologica) - coniato dall’entomologo americano Edward Wilson (di cui si consiglia la lettura dei libri Formiche e Biodiversità) - esprime la ricchezza della vita sulla terra: i milioni di piante, animali e microrganismi, i geni che essi contengono, i complessi ecosistemi che essi costituiscono nella biosfera. La Convenzione ONU sulla biodiversità (Convention on Biological Diversity, o CBD), definita nelle sue linee guida nel corso dell’Earth Summit del 1992 a Rio de Janeiro, definisce la biodiversità come la varietà e variabilità degli organismi viventi e dei sistemi ecologici in cui essi vivono, evidenziando che essa include e si organizza su tre livelli: gli ecosistemi, quali foreste pluviali, steppe, barriere coralline, fiumi; le specie che sono parte di un ecosistema, quali farfalle, salamandre, salmoni, pioppi, querce, petunie; i geni che danno vita alla diversità e all’eredità di ciascuna specie.

Oltre al suo valore intrinseco, la biodiversità è importante perché è fonte per l’umanità di beni, risorse e servizi, diretti e indiretti, indispensabili per la sua sopravvivenza e la sua prosperità, che il Millenium Ecosystem Assessment aveva racchiuso nel concetto di "servizi ecosistemici", nel tentativo di cogliere i complessi rapporti tra natura e società. Il progetto The Economics of Ecosystems and Biodiversity (TEEB, http://www.teebweb.org) definisce questi benefici come servizi ecosistemici e li divide in quattro categorie: servizi di fornitura di beni, quali cibo, acqua dolce e materie prime come legno, fibre e medicine; servizi di regolazione, tra cui il mantenimento della fertilità del suolo, l'impollinazione delle colture da parte degli insetti, la regolazione del ciclo dell'acqua, la prevenzione dell'erosione dei suoli e il controllo del clima; i servizi legati agli habitat, i quali custodiscono la diversità genetica all’interno delle specie e sostengono i cicli di vita delle stesse specie che ospitano; i servizi culturali, che includono i benefici non-materiali, quali la ricreazione e il turismo, l’istruzione e le esperienze spirituali e culturali legate alla fruizione e al ricordo di un di una specie, di un habitat o di un paesaggio (http://www.isprambiente.gov.it/it/temi/biodiversita/glossario).

Secondo il TEEB, i costi e i benefici associati ai servizi ecosistemi non sono sufficientemente integrati nel processo decisionale pubblico e privato. Lo studio TEEB valuta i costi della perdita di biodiversità e il relativo declino nei servizi ecosistemici in tutto il mondo e li confronta con i costi di un’efficace conservazione e di uso sostenibile. In questo modo s’intende rafforzare la consapevolezza del valore della biodiversità e dei servizi ecosistemici e facilitare lo sviluppo di risposte politiche cost-effective.

Quanta biodiversità abbiamo nel mondo e in Italia?

I biologi hanno descritto un totale di specie compreso tra 1,5 e 1,8 milioni di specie. Tuttavia, diversi studi riportano che il vero numero di specie viventi sul pianeta possa variare da 4 a 100 milioni di specie. Solo l’1% dei batteri è stato «inventariato». E come dimostrano le recenti classificazioni, è possibile che ci siano ancora mammiferi sfuggiti all’osservazione degli zoologi. Si ritiene che, tra tutte le piante, solo le palme e le conifere siano state investigate e catalogate, mentre molto specie vegetali e animali di ambienti tropicali o marini non sono mai state osservate. Per non dire d’invertebrati e funghi. Il pianeta Terra, almeno per le forme viventi è ancora uno sconosciuto.

L’Italia, essa è tra i Paesi europei più ricchi di biodiversità, in virtù essenzialmente di una favorevole posizione geografica e di una grande varietà geomorfologica, microclimatica e vegetazionale, determinata anche da fattori storici e culturali.

La fauna italiana è stimata in oltre 58.000 specie, di cui circa 55.000 di invertebrati e 1.812 di Protozoi, che insieme rappresentano circa il 98% della ricchezza di specie totale, nonchè 1.258 specie di Vertebrati (2%). Il phylum più ricco è quello degli Artropodi (insetti e ragni per intenderci, con oltre 46.000 specie, in buona parte appartenenti alla classe degli insetti. Dati di maggior dettaglio relativi ai Vertebrati, esclusi i pesci ossei marini e gli uccelli non nidificanti (svernanti e migratori), evidenziano anche tassi significativi di endemismo, particolarmente per gli Anfibi (31,8%) e i pesci ossei di acqua dolce (18,3%).

Anche la flora italiana presenta una grande ricchezza: la flora briologica e la flora lichenica sono tra le più ricche d’Europa, mentre quella vascolare comprende 6.711 specie, ovvero 144 Pteridofite, 39 Gimnosperme e 6.528 Angiosperme, con un contingente di specie endemiche che ammonta a oltre il 15%.

Perdita di natura

Il declino dell’integrità biologica mondiale, in termini di perdita di ecosistemi e di degradazione delle loro strutture e funzioni e in termini di estinzione di specie, prosegue a un ritmo senza precedenti. L’attuale ritmo di estinzione delle specie (probabilmente la misura più usata per misurare la perdita globale della biodiversità), è considerato da 100 a 1.000 volte superiore a quello registrato in epoca pre-umana, facendo ritenere che siamo di fronte a una nuova (la sesta) estinzione delle specie (questa volta per cause antropiche), persino superiore a quella che ha segnato la fine dei dinosauri. Un rapporto congiunto del WWF e della Zoological Society of London del 2016 sostiene che dal 1970 a 2012 il Living Planet Index (LPI) è diminuito di oltre il 58%, il che significa che, in media, le popolazioni degli animali selvatici animali sono dimezzate.

Un’indagine condotta in 16 Paesi, dal America meridionale all’Indonesia, afferma che il 25% delle 625 specie di primati oggi conosciute è in pericolo di estinzione, a causa della caccia, del commercio illegale, della distruzione degli habitat, dei cambiamenti climatici.

Nel 2010, la Conferenza delle Parti della CBD ha approvato il Global Strategic Plan, la strategia mondiale per la tutela della biodiversità per il periodo 2011-2020. Il piano prevede 20 obiettivi, suddivisi in 56 indicatori, nel complesso noti come Aichi Biodiversity Targets, i quali stabiliscono il quadro di riferimento per la definizione di target nazionali o regionali e per promuovere gli obiettivi fondamentali della CBD. Purtroppo, l’ultimo Global Biodiversity Outlook dell’ONU ci dice che, quando mancano tre anni alla scadenza del decennio d’impegno, gran parte degli sforzi internazionali per raggiungere gli Aichi Biodiversity Targets stanno fallendo miseramente e che se non si cambia passo gran parte delle nazioni non riusciranno a raggiungere gli obiettivi.

La situazione delle specie più minacciate del pianeta, che comprendono il 90% di tutti i lemuri e molte specie simbolo, come giraffa dalla lingua blu, sta peggiorando invece di migliorare. "Mediamente Il rischio di estinzione per uccelli, mammiferi, anfibi e coralli non mostra alcun segno di diminuire", dice il rapporto. Dei 56 indicatori, solo 5 sono sulla buona strada per il 2020; 33 segnalano qualche progresso, ma a un tasso insoddisfacente per raggiungere l’obiettivo previsto, 10 non mostrano alcun progresso, mentre 5 mostrano addirittura un peggioramento e 3 non sono stati valutati. L’impegno chiave di dimezzare la perdita di habitat naturali, tra cui quelli forestali (i più ricchi in biodiversità), è uno degli obiettivi che non sarà possibile rispettare. Il rapporto sostiene che il tasso globale di deforestazione, benché abbassato rispetto alla media degli ultimi decenni, rimane allarmante: circa 13 milioni di ettari ogni anno, in gran parte concentrato nei Paesi tropicali.

Un raggio di luce è il cammino verso l’obiettivo di raggiungere il livello del 17% degli ecosistemi terrestri protetti. Al contrario, difficilmente si riuscirà a rispettare l’analogo obiettivo per le aree marine protette. L’altra buona notizia è che molte nazioni aderenti alla Convenzione sulla Diversità Biologica stanno facendo significativi progressi, assumendo impegni concreti per attuare gli obiettivi di Aichi.

Estinzioni italiane

Anche la ricchezza della biodiversità italiana è seriamente minacciata e rischia di essere irrimediabilmente perduta, a causa della distruzione degli habitat e della loro frammentazione e degrado, gli incendi, l’invasione di specie aliene invasive, il bracconaggio, i cambiamenti climatici. Ad esempio, per quanto riguarda il grado di minaccia delle 672 specie di Vertebrati valutate nella recente “Lista Rossa IUCN dei Vertebrati Italiani” (576 terrestri e 96 marine) 6 sono estinte nella regione in tempi recenti. Le specie minacciate di estinzione sono 161 (138 terrestri e 23 marine), pari al 28% delle specie valutate. Considerando che per il 12% delle specie i dati disponibili non sono sufficienti a valutare il rischio di estinzione e assumendo che il 28% di queste sia minacciato, si stima che complessivamente circa il 31% dei Vertebrati italiani sia minacciato. Il 50% circa delle specie di Vertebrati italiani non è a rischio di estinzione imminente.

Purtroppo il GBO-4 ci dice che, quando mancano tre anni alla scadenza del decennio d’impegno, gran parte che gli sforzi internazionali per raggiungere gli Aichi Biodiversity Targets stanno fallendo miseramente e che se non si cambia passo gran parte delle nazioni non riusciranno a raggiungere gli obiettivi. Secondo molti esperti la mancanza di progressi significativi verso gli Aichi Biodiversity Targets, quando siamo ormai a metà strada dalla scadenza del 2020, è un segno preoccupante, ma purtroppo veritiero. Dei 56 indicatori, solo 5 sono sulla buona strada per il 2020; 33 segnalano qualche progresso, ma a un tasso insoddisfacente per raggiungere l’obiettivo previsto, 10 non mostrano alcun progresso, mentre 5 mostrano addirittura un peggioramento e 3 non sono stati valutati. L’impegno chiave di dimezzare la perdita di habitat naturali, tra cui quelli forestali (i più ricchi in biodiversità), è uno degli obiettivi che non sarà possibile rispettare. Il rapporto sostiene che il tasso globale di deforestazione, benché abbassato rispetto alla media degli ultimi decenni, rimane allarmante: circa 13 milioni di ettari ogni anno, in gran parte concentrato nei Paesi tropicali.

L'impatto del turismo

La biodiversità e i servizi che essa offre sono vitali per il turismo. Le rive, le montagne, i fiumi e le foreste sono le attrazioni principali per i turisti in tutto il mondo. Il turismo nei Caraibi, nel Mediterraneo e in gran parte dell'Asia sud-orientale sono legate a doppio filo alle opportunità ricreative offerte dai loro ambienti naturali costieri. Nell'Africa meridionale e orientale, il turismo basato sui safari è un'attrazione dominante e fonte di reddito per il settore turistico. La fauna selvatica e i paesaggi sono importanti attrazioni turistiche nelle zone montane di ogni parte del mondo.

Ma è tutto il turismo che si basa sulle risorse naturali per la fornitura di cibo, acqua pulita e altri "servizi ecosistemici" che dipendono dalla biodiversità. Per la maggior parte del turismo, la biodiversità contribuisce notevolmente a rendere attrattive le varie destinazioni e quindi la loro competitività: ad esempio, la qualità delle acque costiere e la vegetazione naturale sono servizi ecosistemici che contribuiscono a rendere più attraente una destinazione. E la biodiversità, di specie e di habitat, è un'attrazione chiave diretta di molti siti turistici naturali per l’osservazione della fauna selvatica, le immersioni subacquee o il turismo in aree protette. Anche nei centri urbani, la biodiversità è un forte attrattore. Basti pensare ai parchi storici di Roma o Parigi e i parchi di New York o Berlino.

Simmetricamente, lo sviluppo e le attività del turismo possono influenzare negativamente gli ecosistemi e la loro capacità di fornire questi servizi. Gli sviluppi inadeguati e non sostenibili del turismo hanno danneggiato le difese costiere naturali, rendendole più inclini a danni degli estremi climatici, hanno danneggiato la vegetazione e i suoli della montagna, rendendoli più suscettibili all’erosione e ai rischi da disastri naturali. Paradossalmente, la pressione fisica del crescente numero di eco-turisti che scelgono per le loro mete i siti ricchi di biodiversità, come le aree protette (spesso quelle caratterizzate da un’ingente fragilità), sta creando non pochi problemi. Ad esempio, le barriere coralline sono facilmente danneggiate nei siti più utilizzati per le immersioni; nelle zone montane, gli effetti del calpestio da parte dei visitatori possono alterare e, eventualmente, distruggere la vegetazione.

La perdita di biodiversità può avere gravi conseguenze economiche sul turismo a causa dei danni indiretti che ne derivano: per esempio, un calo dalla pesca in una località balneare o della produzione agricola a causa dell’inquinamento dei suoli possono causare una diminuzione del turismo, in quanto quelle destinazioni possono diventare meno allettanti per i visitatori.

Verso un turismo leggero

Come l'industria del turismo possa gestire questa incessante e vigorosa crescita riducendo le conseguenze meno sostenibili e gli effetti sulla natura e sulla biodiversità rimane una questione critica e delicata. Per sensibilizzare la comunità internazionale sulle relazioni tra turismo e biodiversità e il contributo che il turismo sostenibile può dare sia alla crescita economica, sia alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità, il Segretariato della Convenzione sulla Biodiversità ha deciso di celebrare Giornata Internazionale per la diversità biologica ponendo un focus al tema "Biodiversità e Turismo sostenibile". Questo tema coincide con quello dell’iniziativa portata avanti dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha designato il 2017 come l’Anno internazionale per il turismo e per lo sviluppo sostenibile.

Occorre a questo punto che la protezione della biodiversità e dei servizi ecosistemici diventi una responsabilità condivisa, con azioni coordinate all’interno del settore turistico e tra il turismo e altri settori. Riconoscere la grande importanza del paesaggio e della biodiversità per il turismo fornisce una ragione politica ed economica in più per perseguire la conservazione della biodiversità e la protezione della natura e arrestare questo grave declino dell’integrità biologica del pianeta.


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