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Che razza di idea è l'idea di razza

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La parola "razza" è nata probabilmente con l'addomesticamento delle piante e degli animali, sottoposti a selezione artificiale per migliorarne le loro qualità a scopo alimentare o di lavoro. Questo processo ha poco più di diecimila anni e ha consentito la “creazione” di organismi “migliori” in ottica umana, perché hanno permesso di aumentare enormemente le risorse disponibili alla nostra specie.

Gli animali, in genere, si riproducono in tempi molto più brevi rispetto a quelli di Homo sapiens. Cosicché la selezione artificiale, compiuta scegliendo come riproduttori singoli individui che hanno caratteristiche desiderabili ai nostri scopi, ha permesso di creare molto rapidamente razze che sono state relativamente purificate con incroci adatti. Naturalmente quella ottenuta non è una "purezza genetica" assoluta, ma solo una purezza relativa ai caratteri selezionati. Quanto ai vantaggi, possiamo dire che essi sono sia di tipo economico (animali che forniscono più oppure compiono lavori particolari a noi graditi) sia di tipo sociale: sono stati così selezionati animali (soprattutto cani e gatti) ritenuti adatti a farci compagnia.

Nel caso più generale che riguarda l’intera gamma delle specie naturali viventi – piante, animali e microorganismi che sono naturalmente in grandissimo numero (sono state classificate e hanno ricevuto un nome scientifico finora più di due milioni di specie viventi) – la parola razza viene utilizzata per indicare frazioni chiaramente distinte di una specie: frazioni che, di solito, abitano in territori diversi. In questo caso il concetto di razza resta piuttosto ambiguo: perché alla parola non è assegnato un livello di distinguibilità preciso.

Si è iniziato a far uso della parola "razza" in riferimento alla specie umana alla fine del Settecento. Il fondatore dell'antropologia fisica, Johann Friedrich Blumenbach (1752-1840) distinse cinque diverse razze umane, corrispondenti all'incirca alle popolazioni dei diversi continenti, ma classificate sulla base di caratteri misurati relativi alla morfologia ossea. Altri studiosi, in seguito, hanno scelto caratteri differenti e diverse classificazioni.

Già Charles Darwin aveva notato, nella seconda parte dell’Ottocento, che è molto difficile distinguere in maniera chiara e soddisfacente delle razze nella nostra specie, sia perché la variazione per qualunque carattere risulta quasi continua a livello geografico sia perché la variazione è diversa per quasi tutti i caratteri scelti. Darwin fa notare che tutti gli esperti che si sono cimentati nella classificazione delle razze umane sono in profondo disaccordo tra loro: la lista delle diverse razze individuate ne contava già allora da 2 a 63. Un ventaglio così ampio da costituire una pratica dimostrazione dell’estrema difficoltà a individuare razze umane. Questa difficoltà esiste tuttora.

L'uso dei geni in luogo delle osservazioni morfologiche o in generale "fenotipiche" (basate, queste ultime, su quanto si osserva nello sviluppo di un organismo per azione dei geni in un determinato ambiente di vita) fornisce risultati simili: la variazione genetica è pressoché continua a livello geografico e la variazione dei singoli geni è molto diversificata.

Lo studio dei geni ha mostrato, tuttavia, di essere utile per ricostruire la storia dell'espansione della nostra specie. Vi è buon accordo, a tal proposito, fra i dati genetici ed quelli archeologici. Lo studio di entrambe le categorie di dati mostra che la specie Homo sapiens ha avuto un’origine piuttosto recente in Africa. La nostra specie è nata a partire da una popolazione piuttosto piccola, forse una minuscola tribù, che aveva sviluppato le sue capacità linguistiche fino a raggiungere le nostre odierne capacità, e che quasi certamente parlava una lingua unica (questione quest’ultima su cui la maggioranza dei linguisti rifiuta di pronunziarsi, ma che per altre ragioni risulta del tutto verosimile). La tribù originaria di Homo sapiens viveva in Africa orientale. Da qui, con successive migrazioni, si è sparsa nel resto dell'Africa, circa 100.000 anni fa, e poi nel resto del mondo a partire da 60.000 anni fa.
Gli effetti di questa espansione, che è stata estremamente graduale e regolare, sono molto ben visibili nei geni. Essi mostrano un prevedibile gradiente di diversità genetica delle popolazione con il progresso dell'espansione. Un gradiente che non ha importanza biologica significativa a livello funzionale, ma costituisce una perfetta traccia della geografia e della storia dell'espansione.

Si è anche osservato che la diversità genetica fra due popolazioni è quasi perfettamente prevedibile in base alla distanza geografica che le separa. Questo fa capire perché si trova una relazione fra differenze intraspecifiche e continenti: due popolazioni che vivono nello stesso continente sono in media a distanza geografica molto minore rispetto a due popolazioni che vivono in continenti diversi. Queste differenze non consentono alcun chiaro sostengo ad alcun tipo di classificazione di gruppi umani o di “razze” (come hanno dimostrato S. Ramachandran e altri in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, novembre 2005).

Queste conclusioni sono spiegabili riconoscendo che sono due forze evolutive, il drift (la deriva genetica) e la migrazione, che hanno avuta importanza primaria nel generare le differenze genetiche, relativamente modeste, oggi osservabili fra popolazioni, mentre quella della selezione naturale è stata relativamente minore nel corso dell'espansione a tutta la Terra.

L'uso di nuove osservazioni di dettaglio sul genoma umano (per esempio lo studio di 650.000 nucleotidi, come riportato in un lavoro su 52 popolazioni indigene pubblicato da Li e altri su Science nel febbraio 2008) hanno confermato ed esteso queste conclusioni e l’impossibilità di tracciare confini genetici fra razze umane. In definitiva, le dichiarazioni di superiorità genetica di una razza sull'altra per ragioni intellettuali o morali non hanno alcuna base scientifica. È vero solo che vi sono enormi differenze di diffusione della scolarità, della speranza di vita e della ricchezza fra le popolazioni di diverse nazioni, che queste differenze hanno importanti influenze. Le diversità le popolazioni umane sono da attribuire non ai geni ma a un ambiente ecologico e a una storia politica che le hanno modellate negli ultimi millenni.


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