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Un mare di plastica

Plastic Waste, MichaelisScientists (Wikimedia).

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Ogni anno nel mondo, sostiene il chimico inglese Richard Thompson, vengono prodotte più di 250 milioni di tonnellate di plastiche. Un bel salto, dagli anni ’50 del secolo scorso, quando la produzione mondiale non superava i 5 milioni di tonnellate. Il settore è in crescita sostenuta, la produzione di plastica infatti aumenta di circa 20 milioni di tonnellate ogni dodici mesi. Una parte notevole di queste plastiche diventa rifiuto disperso nell’ambiente e lentamente si trasforma in frammenti sempre più piccoli. Alcuni di queste macro e soprattutto micro particelle polimeriche vengono ingerite da organismi viventi. Una componente molto più grande va a finire in mare. Anche nel Mediterraneo.

Di questi frammenti che – diciamolo subito, in notevole quantità – raggiungono il mare nostrum si è occupato µ med, International conference on microplastic pollution in the Mediterranean sea, organizzata tra il 26 e il 29 settembre a Capri dall’Istituto per i polimeri compositi e biomateriali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, diretto da Cosimo Carfagna. La conferenza ha visto la partecipazione di 130 ricercatori di 21 diversi paesi, tutti molto interessati a questo tema emergente e, per certi versi, inatteso.

Microplastiche, macroinquinamento dei mari

Per avere un termine di paragone dell’inquinamento da microplastiche che investe le acque del Mediterraneo, conviene dare prima uno sguardo al fenomeno globale.

Si calcola che sulla superficie degli oceani ci siano 5 x 1012 (5.000 miliardi) di frammenti di plastica per un peso complessivo di 270.000 tonnellate. I calcoli, pubblicati su Plos One sono di Marcus Eriksen, direttore di ricerca e cofondatore del 5 Gyres Institute di Santa Monica, in California.

L’analisi di Eriksen e dei suoi collaboratori è piuttosto dettagliata, come riassunto in tabella:

   Dimensioni in mm     Frammenti in milioni     % dei frammenti     Peso in tonnellate     % in peso   
Small micro 0,33-1 1.830.000 37 7.040 2,6
Larger micro 1-4,75 3.020.000 60 28.500 10,6
Meso 2,75-200 380 0,0076 30.600 11,3
Macro > 200 9.000 0,2 202.800 75,1
Totale   4.900.000 100 268.940 100

Fonte: Eriksen, 2014

In pratica: l’87% in peso della plastica che galleggia sulla superficie dei mari è visibile a occhio nudo, avendo una dimensione che va da un minimo di mezzo centimetro fino a qualche metro. Questo tipo di frammenti causa certamente dei danni all’ecosistema. Per esempio: i sacchetti di plastica o loro grossi frammenti possono essere ingoiati da pesci e mammiferi marini con conseguente soffocamento. Ma da qualche anno è diventato evidente che i maggiori pericoli per la salute degli animali, uomo compreso, derivano dal 93% dei frammenti di dimensioni inferiori a 5 millimetri.

Questi numeri sono stati, in buona sostanza, riproposti a Capri dal gruppo francese di Alexandra Ter Halle, che si riferisce a 5.250 miliardi di frammenti sparsi nei mari di tutto il mondo.

Sebbene i numeri proposti da Eriksen (e da Ter Halle) siano davvero imponenti, potrebbero sottostimare la reale portata del problema. L’oceanografo Erik van Sebille, dell’Imperial College di Londra, sostiene, per esempio, che a ricoprire la superficie degli oceani non siano 5.000, ma 15.000 e forse 50.000 miliardi di frammenti di microplastiche, per un peso complessivo compreso tra 93.000 e 236.000 tonnellate.

La plastica mancante

Ma anche queste potrebbero essere stime al ribasso. Dei 300 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno nel mondo, sostiene Jenna Jambeck, della University of Georgia di Athens negli Stati Uniti, ne finiscono in mare tra l’1,6 e il 4,2%, ovvero tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate.

Eriksen ne ha “contato” solo 268.000: ovvero meno del 6%. Dov’è tutto il resto? La domanda, dunque, è: come è possibile che la plastica che galleggia sia il 5% o addirittura l’1% della plastica che ogni anno finisce a mare? Non è solo Jenna Jambeck a porsi il problema, che è ormai noto come quello “della plastica mancante”: dove va a finire il 95 o addirittura il 99% della plastica che finisce negli oceani? La risposta più ovvia è: la gran parte della plastica precipita sul fondo o finisce sulle spiagge. Alcuni aggiungono: resta intrappolata nei ghiacci artici, dove in effetti è stata trovata, come small a larger microplastics, in quantità molto maggiore rispetto a quella attesa. Altri ancora sostengono: la maggior parte della plastica si trasforma in nanoparticelle, ovvero in particelle ancora più piccole di quelle che costituiscono le small plastics. Ma anche con tutte queste aggiunte, i conti non tornano. Il “problema della plastica mancante” resta aperto.

Ma anche la piccola parte che viene rilevata non è davvero poca cosa. Tant’è che la ritroviamo dappertutto. Anche e soprattutto nel “mare nostro”, il Mediterraneo. Eccoci, dunque, di nuovo a Capri.

Mediterraneo da salvare

Come ha ricordato il francese François Galgani, le coste del “mare nostrum” sono densamente popolate e per le acque del Mediterraneo transita il 30% del traffico navale mondiale. Non meraviglia, dunque, che questo mare chiuso sia raggiunto ogni giorno da un’enorme quantità di rifiuti, anche solidi. Tra questi: 700 tonnellate al giorno (255.500 in un anno) di plastiche, di diversa natura. Sulla superficie del nostro mare flottano in media tra 100.000e 400.000 particelle per km2, con punte in alcuni settori che raggiungono i 65 milioni di particelle per km2, per un peso complessivo compreso tra 660 e 3.000 tonnellate. Il che significa che il Mediterraneo ospita, all’incirca, l’1% della quantità complessiva di plastica finita nei mari di tutto il mondo.

Si aggiunga a questo che sulle spiagge si contano, in media, 1.000 frammenti di plastica per m2 e che i polimeri di sintesi sono stati trovati anche nei fondali a ogni livello e ben si comprende che il Mediterraneo, come e più di altri mari, soffra l’inquinamento da plastiche.

Il mare lungo le coste italiane non è esente da questo tipo di inquinamento. Prendiamo il mare Adriatico: ebbene, lungo tutta la costa italiana, da nord a sud, c’è una fascia ininterrotta con più di 10 grammi per km2 di frammenti di plastica. Lungo il delta del Po, secondo i modelli in 3D, messi a punto dal gruppo misto di Lecce e Bologna di Giovanni Coppini, il mare riceve ogni giorno 70 kg di plastica per chilometro al giorno.

Morale. La presenza massiva di microplastiche in mare è una scoperta recente. Occorre aumentare la definizione di dettaglio delle mappe dell’inquinamento. Ma occorre anche e soprattutto iniziare a porre rimedi. Attraverso non solo una corretta gestione dei rifiuti plastici, ma anche e soprattutto attraverso una completa ridefinizione del sistema di produzione e di consumo dei materiali. Un progetto titanico, in cui l’Italia ha competenza e interessi per intervenire in maniera attiva.


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