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Togliere l'energia per spegnere il tumore

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È possibile contrastare la crescita tumorale bloccandone la produzione di energia? Secondo il team di Antonio Iavarone e Anna Lasorella, sì. Il gruppo di ricercatori della Columbia University a New York (USA) ha recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature i risultati della propria ricerca basata sullo studio della fusione genica FGFR3/TACC3 (F3-T3) nel glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori al cervello.

Le traslocazioni cromosomiche che generano fusioni di oncogeni in-frame, cioè l’unione di geni che non ne altera la sequenza di lettura, sono esempi notevoli del successo delle terapie antitumorali mirate. Il gruppo di Iavarone descrisse già nel 2012 la presenza di fusioni geniche F3-T3 nel 3% dei casi di glioblastoma umano. Studi successivi hanno riportato frequenze simili di F3-T3 in molti altri tumori: ciò significa che F3-T3 rappresenta un’alterazione frequente in diversi tipi di tumore. Le fusioni F3-T3 sono potenti oncogeni che conferiscono sensibilità agli inibitori di FGFR, ma le vie di segnalazione oncogeniche a valle, cioè i meccanismi che si innescano a seguito della fusione, rimangono sconosciute. Nella loro recente pubblicazione, i ricercatori della Columbia hanno dimostrato che i tumori umani con fusioni F3-T3 possono essere suddivisi in sottogruppi trascrizionali caratterizzati dall'attivazione delle funzioni mitocondriali, ciò significa che ciascun paziente può essere classificato sulla base dei geni che il suo campione esprime e che sono tutti riconducibili alla funzionalità dei mitocondri, gli organelli deputati alla produzione di energia all’interni della cellula.

Agire sui mitocondri

Confrontando diversi metodi statistici per l’analisi delle sequenze genetiche dei tumori, catalogati dal progetto americano The Cancer Genome Atlas (TCGA) di cui Iavarone è coordinatore per i tumori al cervello, i ricercatori hanno identificato una complessa cascata di eventi a partire dall’attivazione della proteina PIN4 che, a seguito della fosforilazione, raggiunge altri piccoli organelli cellulari, i perossisomi, che normalmente metabolizzano grassi e producono carburante per l’attività mitocondriale. L’attivazione di PIN4 da parte di F3-T3 aumenta sia la quantità dei perossisomi (4-5 volte più numerosi rispetto a prima dell’attivazione) sia l’attività metabolica causando l’accumulo nella cellula di sostanze ossidanti. Queste ultime stimolano la produzione di PGC1-alfa, il fattore fondamentale per il metabolismo mitocondriale, che quindi stimola in maniera incontrollata l’attività dei mitocondri e la produzione di energia.

Lo studio fornisce la prima prova che i geni fondamentali per lo sviluppo tumorale inducono direttamente l’iperattività mitocondriale. Per la prima volta viene inoltre identificato il coinvolgimento dei perossisomi nell’evoluzione tumorale e ciò suggerisce che l’utilizzo di farmaci in grado di interferire con le fonti energetiche cellulari possa rappresentare un'opportunità terapeutica per il trattamento di tumori con fusioni F3-T3. Esperimenti su cellule tumorali in coltura e su modelli animali di glioblastoma portatori della traslocazione F3-T3 hanno confermato che la somministrazione degli inibitori del metabolismo mitocondriale ha interrotto la produzione di energia e arrestato la crescita tumorale.

Farmaci bersaglio

La combinazione di farmaci che inibiscono l’attività mitocondriale e quella enzimatica di F3-T3 potrebbe risultare utile nel trattamento dei tumori portatori della traslocazione. In studi precedenti i ricercatori della Columbia University avevano dimostrato che i cosiddetti “farmaci-bersaglio” (targeted drugs) che bloccano direttamente l’attività enzimatica della fusione genica inducevano un aumento della sopravvivenza dei topi affetti da glioblastoma. Al momento, i farmaci-bersaglio che hanno mostrato efficacia in laboratorio sono in fase di valutazione in studi clinici rivolti a pazienti con glioblastoma positivo per F3-T3 diretti dal professor Marc Sanson dell’Ospedale Pitie’ Salpetriere di Parigi uno dei co-autori del presente studio.

Farmaci che inibiscono enzimi di tipo chinasi sono stati usati in alcuni tipi di tumori con risultati incoraggianti, ma purtroppo con il tempo il tumore diventa resistente a questi farmaci e progredisce. I ricercatori ipotizzano che si possano prevenire resistenza e recidiva tumorale attraverso una simultanea inibizione del metabolismo mitocondriale e della fusione F3-T3 e stanno già programmando gli esperimenti necessari a confermare questa ipotesi. I primi risultati dei test su cellule tumorali in coltura e in modelli murini mostrano che si può interrompere la produzione di energia e fermare la crescita tumorale utilizzando altri farmaci che inibiscono il comportamento abnorme dei mitocondri.

Per le analisi statistiche il team della Columbia University si è avvalso del contributo di due ricercatori dell’Università del Sannio a Benevento, Michele Ceccarelli e Stefano Pagnotta, due matematici statistici, che spesso trascorrono periodi di ricerca nei laboratori newyorkesi, dove lavorano altri 5 italiani su un totale di una ventina di ricercatori. Iavarone spera inoltre a breve di poter collaborare di nuovo come già nel 2012 con l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, cosa che finora non è stata possibile per questioni burocratiche e regolamentari, introducendo anche in Italia le nuove sperimentazioni cliniche in questo ambito di ricerca.

 


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