Crediti: James St. John/Flickr. Licenza: CC Attribution 2.0 Generic
La datazione di precisione di oggetti o fenomeni del passato interessa una moltitudine di diversi settori disciplinari. Esistono vari metodi per ottenere una datazione assoluta. Fra quelli più utilizzati e, allo stesso tempo, affascinanti, spicca la dendrocronologia: il metodo di datazione basato sul conteggio degli anelli di accrescimento degli alberi. La dendrocronologia (dal greco déndron: albero) può essere utilizzata in maniera indipendente oppure per la verifica dei dati ottenuti con le tecniche di datazione che fanno affidamento sull’analisi del radiocarbonio. Con il metodo del carbonio-14 si misurano le quantità di isotopi di carbonio con il fine di datare oggetti della più svariata natura, come nel caso delle indagini effettuate sulla Sacra Sindone esposta a Torino, che hanno dimostrato essere risalente al periodo compreso tra il 1260 e il 1390.
Cosa rivelano gli anelli degli alberi (oltre alla loro età)
Il radiocarbonio è prodotto dal bombardamento dei raggi cosmici e si combina con altri isotopi fino a formare l’anidride carbonica. Quest'ultima viene assorbita dalle piante che rilasciano ossigeno e trattengono il carbonio. Il metodo al radiocarbonio non è esente da errori. La sua concentrazione in atmosfera, infatti, non è costante poiché dipende dalla variabile attività solare. Gli alberi, avendo assorbito il radiocarbonio durante la fotosintesi, ne conservano traccia nei propri anelli e permettono così di individuare le variazioni di concentrazione di carbonio in atmosfera che sono avvenute nel tempo.
Le datazioni condotte con questo duplice approccio sono state oggetto di critiche da parte della comunità scientifica. In passato, infatti, è capitato di osservare alcune nette discrepanze tra datazione dendrocronologica e al radiocarbonio eseguite su uno stesso oggetto. Questi “errori” hanno reso evidente la necessità di raffinare un modello universale per la datazione di precisione, utilizzabile su scala globale.
Recentemente, i risultati di un’iniziativa chiamata COSMIC, che ha coinvolto 67 ricercatori provenienti da 57 istituti di tutto il mondo, hanno permesso di stabilire che gli anelli degli alberi sono sincronizzati a livello planetario. In altre parole, anche se appartenenti a piante diverse, gli anelli di alberi si possono considerare come orologi sincronizzati tutti sulla stessa ora. Inoltre, un dettaglio non da poco, è stato osservato come la concentrazione di radiocarbonio atmosferico di cui si trova traccia negli anelli sia più elevata alle latitudini settentrionali. Si tratta di risultati unici e fondamentali per ottenere un metodo di datazione applicabile su scala globale. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications e ha coinvolto anche Mauro Bernabei, dell’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ivalsa) di San Michele all’Adige (Tn) e Mauro Carrer dell’Università di Padova. Il lavoro di quella che è stata la più vasta collaborazione mai realizzata dalla comunità dei dendrocronologi è cominciato dall’analisi di un fenomeno molto particolare avvenuto nel passato: il rapido aumento delle concentrazioni atmosferiche di radiocarbonio nel corso degli anni 774 e 993 d.C.
La traccia di questo improvviso aumento è stata riscontrata negli anelli del legno provenienti da alberi viventi, legni storici, scavi archeologici e resti di legni subfossili appartenenti a 27 specie da cinque continenti.
Due picchi, molte implicazioni
«Nell’anno 774 d.C. si verificò un aumento repentino della concentrazione atmosferica di radiocarbonio pari a circa 20 volte il tasso normale. Il picco è stato datato una prima volta analizzando le piante di Cryptomeria japonica, un albero giapponese. Un evento simile, di minore intensità, avvenne nel 993», spiega Mauro Bernabei, «fino a oggi non si sapeva con certezza se tali eventi fossero stati globali e la loro datazione era messa in dubbio dall’ipotesi che una grande eruzione vulcanica avesse impedito la formazione degli anelli di accrescimento delle piante in alcune aree geografiche».
Sono stati proprio questi dubbi a ispirare il lavoro corale dei ricercatori che ha portato, infine, a eliminare i sospetti sull’efficacia della dendrocronologia e a risultati fondamentali per il futuro della datazione di precisione. «Oltre a stabilire che a livello planetario tutte le dendrocronologie riportano quel picco di radiocarbonio abbiamo anche osservato come i due eventi non abbiano agito solo in una parte dell’emisfero o in una regione ma abbiano riguardato l’intero pianeta», spiega Bernabei, che aggiunge come il progetto abbia portato a risultati ulteriori, ben oltre alle aspettative iniziali. Infatti «abbiamo trovato un gradiente di diminuzione dei livelli di radiocarbonio nell’atmosfera. I valori registrati a settentrione sono maggiori rispetto al meridione. Si tratta di un dato di cui non si era minimamente a conoscenza e che servirà per ottenere un metodo di datazione sempre più preciso».
I due picchi di radiocarbonio, poiché avvenuti a livello globale, verranno ora usati come riferimenti per le future datazioni, come se fossero due “paletti” ben evidenti lungo una immaginaria linea del tempo passato. «Se nel momento in cui ci sia appresta a eseguire una datazione al radiocarbonio si può fare riferimento a questi due picchi si potranno ottenere datazioni con un margine d’errore di pochissimi anni e non con un “intorno” compreso tra i 75 e i 100 anni, come succede oggi. Ora, forti di questi risultati, andrà costruita una curva di calibrazione ad hoc». Si tratta di un obiettivo che richiederà anni di lavoro e molti sforzi ma che, una volta raggiunto, condurrà a risultati eccezionali. La dendrocronologia è una scienza che si presta a essere sfruttata in un numero elevatissimo di campi. Come racconta Bernabei «Io stesso eseguo la datazione di manufatti come, ad esempio, gli strumenti musicali o strutture architettoniche antiche. Di recente ho lavorato al campanile di Giotto a Santa Maria del Fiore, a Firenze, e alla Basilica della Natività di Betlemme. Per comprendere il metodo dendrocronologico dobbiamo pensare di osservare una sorta di codice a barre insito negli anelli della pianta. Se lo faccio scorrere lungo una serie di riferimento fino a individuarne le coincidenze, posso ottenere la datazione. Nello stesso tempo la dendrocronologia viene usata per studiare il clima, la ricorrenza di eventi come gli incendi forestali o, addirittura, l’avvento di pestilenze o carestie».
In più, ricorda Bernabei, «questi eventi (i picchi di radiocarbonio) sono capitati anche altre volte in passato. Se si verificassero oggi provocherebbero danni enormi. I satelliti, ad esempio, entrerebbero in crisi. Sarebbe bene studiare la frequenza di questi fenomeni, cercando di capire se sono episodici oppure ricorrenti».
L’operato umano, i fenomeni cosmologici e quelli climatici, le catastrofi naturali: all'interno degli alberi abbiamo tutto ciò di cui c'è bisogno per indagare il passato e per avere una maggiore consapevolezza dei fenomeni che potremmo osservare in futuro. Anche grazie a questo studio, gli anelli del legno si confermano una fonte inesauribile d’informazioni scientifiche.