fbpx La pulsar esagerata | Scienza in rete

La pulsar esagerata

Raffigurazione pittorica non in scala di un sistema composto da una pulsar (stella di neutroni) e da una nana bianca in orbita reciproca. In accordo con la Relatività Generale, lo spaziotempo viene deformato dalla presenza di ogni massa. Proprio studiando gli effetti che la deformazione indotta dalla nana bianca ha sul segnale della pulsar si è potuto determinare la massa da record di MSP J0740+6620. Crediti: ESO/L. Calçada

Tempo di lettura: 9 mins

Sfruttando un fenomeno relativistico noto dagli anni Sessanta e una fortunata combinazione di circostanze, un team di ricercatori è riuscito a determinare la massa di MSP J0740+6620, una pulsar posta a circa 6000 anni luce dalla Terra. Nello studio, pubblicato su Nature Astronomy Letters, si suggerisce il valore di 2,14 masse solari, valore che fa di questa stella di neutroni rotante la più massiccia tra quelle conosciute. Grazie al metodo impiegato, la misura ha un margine di incertezza del 10% soltanto e questo permette di valutare in modo attendibile se alcuni modelli proposti per descrivere la struttura di questi misteriosi oggetti superdensi si possano ancora considerare affidabili. Ne parliamo con Paolo D’Avanzo, astrofisico in forza all’Osservatorio INAF di Brera (Milano).

Una trottola cosmica

Le prime tre lettere della sigla che individua questo oggetto celeste ci dicono che MSP J0740+6620 è una pulsar al millisecondo, cioè una stella di neutroni in rapidissima rotazione che emette dai suoi poli magnetici intensi segnali radio. Secondo la classica similitudine del faro, quando questi segnali investono periodicamente il nostro pianeta vengono raccolti dai radiotelescopi come una regolarissima sequenza di impulsi. Gli impulsi di MSP J0740 si susseguono ogni 2,89 millisecondi, il che significa che la pulsar sta ruotando su se stessa in modo davvero forsennato compiendo 346 rotazioni ogni secondo.

Questa stella di neutroni si trova a circa 6000 anni luce di distanza in direzione della costellazione della Giraffa. Venne scoperta nel 2012 nel corso di una campagna osservativa del grande radiotelescopio di Green Bank, una parabola di 100 metri di diametro operativa dal 2000 in West Virginia. Secondo i modelli correnti, una stella di neutroni è un oggetto con raggio di una dozzina di chilometri e massa di almeno 1,44 masse solari. Questo valore minimo, chiamato limite di Chandrasekhar dal nome dell’astrofisico indiano – Nobel per la fisica nel 1983 – che lo calcolò negli anni Trenta, indica la condizione in cui la materia non riesce a reggere la pressione alla quale è sottoposta e collassa in un fluido ultradenso costituito da neutroni. La densità di questi corpi celesti è spaventosa: la massa contenuta in un centimetro cubo (più o meno le dimensioni di una zolletta di zucchero) può tranquillamente raggiungere i 200 milioni di tonnellate.

Mentre è assodato il valore minimo della massa di una stella di neutroni, non è affatto così per il valore massimo che possa raggiungere prima che anche il fluido di neutroni finisca col soccombere alla pressione. Un ulteriore collasso, infatti, finirebbe col trasformare una stella di neutroni in un buco nero. È dunque evidente come scoprire stelle di neutroni di massa elevata possa gettare un po’ di luce su quel limite suggerendo quali potrebbero essere le condizioni della materia al suo interno. Facile a dirsi, ma oltremodo complicato individuare simili pesi massimi tra le stelle di neutroni. A meno che, come è successo per MSP J0740, non ci si imbatta in una fortunata combinazione di circostanze davvero favorevoli.

La gigantesca antenna del radiotelescopio di Green Bank in Virginia. Grazie a questo strumento è stato possibile non solo individuare MSP J0740+6620 ma, grazie ai dati raccolti tra il 2014 e il 2019, studiare accuratamente i lievissimi ritardi che periodicamente caratterizzano le sue pulsazioni. Crediti: Geremia/Wikimedia Commons. Licenza: dominio pubblico

La strana coppia

Una prima circostanza favorevole è che la pulsar non è isolata, ma forma un sistema stellare con una nana bianca. Le due stelle orbitano l’una intorno all’altra in 4,7 giorni e, vista da Terra, quest’orbita si presenta praticamente di taglio. Anche una nana bianca è un residuo stellare; a differenza di una stella di neutroni, però, non è il risultato di una fine catastrofica e pirotecnica qual è un’esplosione di supernova, ma il risultato del naturale crollo della struttura stellare non più sostenuta dalle reazioni nucleari. In genere, una nana bianca è un oggetto che ha più o meno la massa del Sole e le dimensioni della Terra. La materia che la compone è in uno stato estremo (viene detta materia degenere), ma fino al limite di 1,44 masse solari la struttura regge e non collassa; nel caso della nana bianca compagna della pulsar MSP J0740, la massa è pari a circa un quarto della massa del Sole.

La seconda circostanza favorevole è che, vista la geometria dell’orbita, gli impulsi della pulsar devono periodicamente fare i conti con la deformazione dello spaziotempo dovuta alla presenza della nana bianca previsti dalla Relatività Generale. Praticamente, in alcuni momenti il segnale della pulsar si imbatte in quelle distorsioni e, dovendo compiere strada in più, arriva in ritardo. Questo effetto relativistico è noto come ritardo di Shapiro (dal nome dell’astrofisico che negli anni Sessanta ne spiegò l’origine) e l’entità del ritardo dipende dalla deformazione dello spaziotempo che, a sua volta, dipende dalla massa che lo provoca. Questo significa che, studiando con attenzione il ritmo di pulsazione della pulsar e individuando il ritardo che periodicamente lo caratterizza, è possibile risalire alla massa della nana bianca responsabile dell’effetto.

Un lavoro delicato che Hannah Thankful Cromartie, studentessa di dottorato alla University of Virginia, e i suoi collaboratori hanno portato a termine esaminando i dati raccolti dalla parabola di Green Bank tra il 2014 e il 2019; i risultati del loro studio sono stati pubblicati a metà settembre su Nature Astronomy Letters. Il ritardo degli impulsi di MSP J0740 imputabile alla presenza della nana bianca è veramente esiguo – dell’ordine di 10 microsecondi – ma ha consentito al team di stabilire che la nana bianca ha massa pari a 0,26 masse solari. A questo punto, combinando la legge di Gravitazione universale e le leggi delle orbite formulate da Keplero, è stato possibile ricavare la massa della stella di neutroni che è risultata essere di 2,14 masse solari. Pur tenendo conto del margine di incertezza del metodo di determinazione (circa il 10%), il valore ottenuto è incredibilmente alto e fa di MSP J0740 una tra le stelle di neutroni più massicce di cui abbiamo notizia (la più massiccia utilizzando questo metodo di misurazione).

Una massa così elevata ha notevoli implicazioni sulle equazioni che descrivono la struttura interna di questi corpi celesti (le cosiddette equazioni di stato) e renderebbe difficili da accettare quei modelli che prevedono la trasformazione dei neutroni in iperoni. Resta tutto da capire se questa esclusione sia definitiva oppure ci possa essere una via d’uscita. È altresì terribilmente complicato stabilire quanto MSP J0740 possa essere prossima, a seguito dell’acquisizione di altra massa, alla sua trasformazione in buco nero.

Relitti stellari

Volendo esaminare un po’ più in profondità la portata e le conseguenze di questa scoperta, abbiamo contattato Paolo D’Avanzo, astrofisico all’Osservatorio INAF di Brera (Milano), che si occupa di studiare le stelle di neutroni nei momenti più drammatici della loro esistenza, vale a dire quando due oggetti di questa classe si scontrano in una fusione che libera una smisurata quantità di energia.

Dottor D’Avanzo, la prima domanda ci viene inevitabilmente suggerita dall’elevata velocità di rotazione che caratterizza le pulsar come MSP J0740. Qual è il meccanismo che spinge queste stelle di neutroni a ruotare così rapidamente? È una caratteristica che possiedono dalla loro nascita oppure entra in azione qualche meccanismo esterno?

Le stelle di neutroni possono essere considerate dei relitti stellari. Sono infatti ciò che rimane di stelle massive in seguito al collasso del loro nucleo e all’esplosione come supernove. Sebbene sia in linea di principio possibile che fin dalla nascita le stelle di neutroni possano possedere periodi di rotazione di pochi millisecondi, nella realtà dei fatti non abbiamo evidenze osservative dirette di stelle di neutroni “giovani” con periodi di rotazione così brevi. Tuttavia, pulsar al millisecondo esistono e sono osservate, ma si tratta tipicamente di stelle di neutroni “vecchie” (formatesi da un miliardo di anni) e in sistemi binari, cioè in presenza di una stella compagna.

Questo è anche il caso di MSP J0740+6620, un sistema binario composto da una pulsar al millisecondo e da una nana bianca in orbita reciproca. Lo scenario correntemente accettato prevede che, a un certo punto della loro evoluzione, in sistemi binari di questo tipo le stelle due stelle si trovino a distanza ravvicinata. A questo punto, a causa dell’elevata attrazione gravitazionale, la stella di neutroni “strappa” materia alla stella compagna. Questa materia, accrescendo sulla stella di neutroni, ne accelera la rotazione fino a periodi dell'ordine di pochi millisecondi.

L’incredibile densità delle stelle di neutroni ci porta a chiedere come sia la loro struttura interna. Quali sono le idee attuali a questo proposito? In che modo individuare il valore della massa di una stella di neutroni ci può aiutare a comprendere la loro struttura? Dopo questo studio, cosa sappiamo di nuovo?

Le stelle di neutroni sono oggetti estremamente densi e compatti. Racchiudono una massa pari a poco più di quella del Sole – tipicamente 1.4 masse solari, la cosiddetta “massa di Chandrasekhar” – in una regione di soli 10-20 km circa di raggio (pari, all’incirca, alle dimensioni di una città). La densità all’interno di una stella di neutroni raggiunge dunque valori enormemente più elevati rispetto a quelli della materia nucleare ordinaria. A queste densità, la pressione all’interno della stella è tale che la materia collassa anche a livello atomico.

In prima approssimazione si potrebbe dire che gli elettroni, che, in condizioni normali formano una “nube” attorno ai nuclei degli atomi (formati da protoni e neutroni), arrivano a fondersi con essi, formando neutroni. Da qui il nome ’stella di neutroni’. Nella realtà la situazione è un po’ più complessa, con una struttura che varia man mano che si procede verso l’interno della stella di neutroni, passando da nuclei atomici “ordinari” a nuclei sempre più ricchi di neutroni fino a una regione più interna di struttura ignota.

Sicuramente, da adesso in poi, tutti i modelli di equazione di stato della materia nucleare dovranno tener conto dell’esistenza di stelle di neutroni con massa superiore a due volte quella del Sole.

Se non sbaglio, l’idea corrente è che esista un limite massimo alla massa di una stella di neutroni e che un ulteriore aumento di massa comporti inevitabilmente il suo collasso e la formazione di un buco nero. Sappiamo quale sia questo limite? Cosa succede alla materia quando quel limite viene oltrepassato? Esiste qualche teoria che ipotizza quale forma possa assumere la materia?

Il limite teorico per la massa di una stella di neutroni è pari a circa tre volte la massa del Sole. Quando questo limite viene oltrepassato la stella collassa formando un buco nero. Se la composizione della materia nelle regioni più interne di una stella di neutroni è incerta, la situazione è ancora più complicata e dibattuta per quanto riguarda i buchi neri!

Virginia Cromartie e il suo team hanno messo in luce la possibilità che una stella di neutroni possa avere massa più elevata di quanto finora previsto: è corretto dedurre che la popolazione di questi oggetti sia più numerosa di quanto pensiamo? Che conseguenze potrebbe comportare questa differente statistica?

Quello di MSP J0740+6620 non è il solo caso di stella di neutroni massiva riportato finora, sebbene sia il più preciso. Questa evidenza di stelle di neutroni con massa significativamente superiore a quella canonica (pari a 1,44 masse solari) ha una serie di importanti implicazioni per l’astrofisica in particolare e per la fisica in generale. Oltre a implicare importanti limiti per i modelli teorici della materia nucleare, apre anche a intriganti scenari nel campo dell’astrofisica delle onde gravitazionali (la cosiddetta astrofisica multi-messaggero). Nell’agosto del 2017, gli interferometri LIGO e Virgo hanno rivelato per la prima volta un segnale di onde gravitazionali originato da un sistema binario di stelle di neutroni in coalescenza.

Lo scenario comunemente accettato finora prevedeva che il risultato finale di tale coalescenza fosse la formazione di un buco nero. Il caso di MSP J0740+6620 (e altri analoghi riportati negli ultimi anni) potrebbe non escludere che il risultato finale della coalescenza di due stelle di neutroni possa essere (almeno in alcuni casi) a sua volta una stella di neutroni molto massiva.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP sei tu, economia

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo ed emergenti che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. Qualche decina di paesi, fra i quali le piccole isole, saranno inabitabili se non definitivamente sott’acqua se non si rimetteranno i limiti posti dall’Accordo di Parigi del 2015, cioè fermare il riscaldamento “ben sotto i 2°C, possibilmente. 1,5°C”, obiettivo possibile uscendo il più rapidamente possibile dalle fonti fossili.