fbpx Qui Marte, abbiamo un problema… | Scienza in rete

Qui Marte, abbiamo un problema…

Dal 2012, il rover Curiosity compie misurazioni della composizione atmosferica di Marte. Dai dati raccolti ne emerge uno interessante: durante la primavera e l’estate marziana si registra un anomalo aumento del 30% della quantità di ossigeno rispetto ai livelli previsti. Nel corso della stagione autunnale, poi, il livello di ossigeno ritorna ai suoi valori normali. È un comportamente che lascia perplessi i ricercatori, che stanno cercando di capire quale processo sia in grado di aggiungere ossigeno all’atmosfera nel corso della stagione calda e di sottrarlo rapidamente nei mesi successivi.
Autoscatto del rover della NASA Curiosity all’interno del cratere Gale. La foschia sullo sfondo, dovuta alla polvere sollevata da una tipica tempesta marziana, nasconde il fondo del cratere. Selfie come questo vengono realizzati combinando una serie di immagini catturate dal Mars Hand Lens Imager (MAHLI) di Curiosity. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

Tempo di lettura: 6 mins

Le misurazioni della composizione atmosferica che il rover Curiosity sta compiendo dal suo arrivo su Marte nell’agosto 2012 indicano che, durante la primavera e l’estate marziana, si registra un anomalo aumento del 30% della quantità di ossigeno rispetto ai livelli previsti. Nel corso della stagione autunnale, poi, il livello di ossigeno ritorna ai suoi valori normali. Il comportamento si ripete regolarmente ogni anno marziano e ha lasciato perplessi i ricercatori. Dato che l’aumento della quantità di ossigeno varia di anno in anno, infatti, si dovrebbe chiamare in causa un qualche processo in grado di aggiungere ossigeno all’atmosfera nel corso della stagione calda e di sottrarlo rapidamente nei mesi successivi. Peccato, però, che al momento non sia noto nessun processo in grado di produrre un simile risultato.

Variazioni stagionali

Proprio come l’asse di rotazione terrestre, anche quello di Marte è inclinato rispetto al piano dell’orbita (in astronomia si usa il termine obliquità). Come avviene per la Terra, i cui cicli stagionali sono governati dalla sua obliquità di 23 gradi e mezzo, anche il Pianeta rosso è dunque soggetto a variazioni cicliche delle condizioni climatiche.

Ci sono, però, due importanti differenze: anzitutto l’anno marziano dura 687 giorni (quasi il doppio di quello terrestre), pertanto le stagioni su Marte si protraggono per il doppio del tempo rispetto alle nostre; secondariamente, l’orbita di Marte è più ellittica della nostra, il che comporta importanti differenze nell’energia solare che lo investe nel corso della sua orbita. Tutto questo si traduce in variazioni stagionali più intense rispetto a quelle che caratterizzano il nostro pianeta.

Prima dell’arrivo di Curiosity (6 agosto 2012) si sapeva ben poco dell’andamento stagionale dei gas atmosferici di Marte. Le misurazioni effettuate dalle due sonde Viking a metà degli anni Settanta ci avevano permesso solamente di conoscere i rapporti tra i maggiori componenti dell’atmosfera marziana (anidride carbonica, azoto e argon), mentre per l’ammontare di ossigeno e monossido di carbonio vi erano grandi incertezze. Grazie alle misure di SAM (Sample Analysis at Mars), la suite di strumenti che costituisce oltre la metà del carico utile scientifico del rover Curiosity, ora possiamo finalmente conoscere non solo la composizione media dell’atmosfera marziana, ma anche le variazioni stagionali dei principali gas che la costituiscono.

L’atmosfera di Marte è costituita principalmente da anidride carbonica (95,1%), da azoto (2,59%) e da argon (1,94%); quel poco che rimane è costituito da ossigeno (0,161%), monossido di carbonio (0,058%) e infinitesime tracce di altri gas (metano, vapore acqueo, xeno…). Questi valori non sono però costanti, ma soggetti a importanti fluttuazioni nel corso dell’anno marziano dovute proprio alla presenza di un ciclo stagionale governato dal comportamento del componente più diffuso in quella atmosfera: l’anidride carbonica (CO2).

L’anomalia dell’ossigeno

Le fluttuazioni stagionali di CO2, registrate anche dalle missioni Viking, sono legate alla condensazione di questo gas nelle regioni polari (le calotte polari di Marte ben note anche ai primi osservatori del pianeta) nel corso della stagione invernale e alla successiva sua sublimazione nella stagione primaverile. La precipitazione dell’anidride carbonica sulle regioni polari sotto forma di ghiaccio secco non solo comporta un’importante variazione annua della sua presenza in atmosfera, ma causa inevitabilmente anche un notevole calo della pressione atmosferica, con la conseguente necessità di una sua ridistribuzione sull’intera superficie marziana. È questa circolazione atmosferica che sta all’origine della formazione di strutture nuvolose caratterizzate anche da notevoli dimensioni.

Formazioni nuvolose marziane. Crediti: NASA/JPL/MSSS/Justin Cowart/Seán Doran 

L’analisi delle osservazioni raccolte in circa 5 anni da Curiosity nel corso del suo girovagare all’interno del cratere Gale è stata presentata da Melissa Trainer (NASA Goddard Space Flight Center – Greenbelt) e collaboratori in uno studio pubblicato su JGR Planets nei giorni scorsi. I dati confermano che le concentrazioni di azoto e argon (i due gas presenti in maggiore quantità se escludiamo l’anidride carbonica) seguono un prevedibile andamento stagionale, strettamente connesso con il variare della pressione. Il lieve ritardo che caratterizza il loro ciclo suggerisce che il trasporto dell'atmosfera da un polo all'altro avviene su scale temporali più rapide rispetto ai tempi necessari alla miscelazione dei componenti atmosferici.

I ricercatori si aspettavano che anche l’ossigeno potesse mostrare un andamento altrettanto prevedibile, ma hanno dovuto constatare che non è così. Per l’ossigeno, infatti, non solo si è osservata una significativa variabilità stagionale, ma anche una variabilità da un anno con l'altro, indizi che suggerirebbero la presenza di un processo atmosferico o superficiale al momento sconosciuto. Benché Marte abbia potenzialmente la capacità di produrre un significativo rilascio di ossigeno a causa dell'abbondanza di ossidanti presenti in prossimità o sulla sua superficie, al momento attuale non si conoscono meccanismi in grado di generare così rapidamente ossigeno e, altrettanto rapidamente, distruggerlo.

Il grafico confronta le variazioni stagionali dell’ossigeno previste dai modelli con le osservazioni raccolte dallo strumento SAM di Curiosity all’interno del cratere Gale nel corso di tre anni marziani. Crediti: Melissa Trainer/Dan Gallagher/NASA Goddard

Un’altra patata bollente

L’anomalia dell’ossigeno si è immediatamente mostrata molto simile a quella, evidenziata poco più di un anno fa, riguardante il metano. In quel caso il team di Christopher Webster (NASA Jet Propulsion Laboratory) aveva scoperto dai dati dello spettrometro laser di Curiosity che il livello di metano era soggetto a variazioni stagionali, con un massimo in corrispondenza della fine dell’estate nell’emisfero settentrionale. Anche nello studio di Webster si sottolineava come fosse impossibile individuare l’origine del metano e il motore in grado di alimentare questa variabilità stagionale.

Variazioni stagionali dell’ossigeno e del metano rilevate dagli strumenti di Curiosity tra il 2012 e il 2017. Occasionalmente, le fluttuazioni appaiono molto simili suggerendo una possibile correlazione. Crediti: Melissa Trainer/Dan Gallagher/NASA Goddard

Per provare a venirne a capo, i ricercatori stanno prendendo in considerazione tutte le opzioni, sia quella abiotica, cioè valutando le reazioni chimiche che coinvolgono i componenti del suolo e la radiazione solare, sia quella che chiama in causa un’origine biologica. Almeno finora, però, non si dispone di nessuna prova convincente di attività biologiche su Marte, il che rende più probabili le spiegazioni che puntano a considerare il suolo marziano come fonte dell'eccesso primaverile di ossigeno. Per esempio, esperimenti condotto dai Viking negli anni Settanta avevano mostrato come calore e umidità potevano sfociare nel rilascio di ossigeno dal suolo marziano.

Bisogna comunque sottolineare che non solo furono esperimenti svolti in condizioni piuttosto differenti da quelle del cratere Gale, ma anche che un simile meccanismo non riesce a spiegare la repentina scomparsa dell’ossigeno nei mesi successivi. Anche l’astronomo Timothy McConnochie, ricercatore dell’Università del Maryland, è convinto che la chiave di entrambi gli anomali comportamenti debba essere ricercata indagando sul suolo marziano: «Non siamo ancora riusciti a individuare un processo in grado di produrre la quantità di ossigeno che ci serve, ma riteniamo che tale processo riguardi la parte superficiale del suolo. Non solo perché anch’essa cambia stagionalmente, ma perché nell’atmosfera di Marte non vi è sufficiente disponibilità di atomi di ossigeno per riprodurre le variazioni osservate».

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Di latticini, biotecnologie e latte sintetico

La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

Per fare il formaggio ci vuole il latte (e il caglio). Per fare sia il latte che il caglio servono le vacche (e i vitelli). Cioè ci vuole una vitella di razza lattifera, allevata fino a raggiungere l’età riproduttiva, inseminata artificialmente appena possibile con il seme di un toro selezionato e successivamente “forzata”, cioè con periodi brevissimi tra una gravidanza e la successiva e tra una lattazione e l’altra, in modo da produrre più latte possibile per il maggior tempo possibile nell’arco dell’anno.