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Non è un Nobel per donne

Niente donne tra i premi Nobel in Medicina, Fisica e Chimica di quest'anno: un’assenza che non deve stupire se si considera che, tra il 1901 e il 2019, solo 20 donne hanno ricevuto il premio Nobel in queste tre categorie. Un'indagine pubblicata su The Lancet prende in considerazione la distribuzione tra maschi e femmine delle candidature avvenute tra il 1901 e il 1966 per Fisica e Chimica e i dati dal 1901 al 1953 per Medicina, rivelando che le candidate donne sono meno, molte meno, rispetto agli uomini. L'articolo di Debora Serra.
Nell'immagine: Quinto Congresso Solvay, 1927. Ventotto uomini e Marie Curie: prima donna a vincere il premio Nobel, unico scienziato ad aver vinto due volte il Nobel in discipline scientifiche diverse (fisica 1903, chimica 1934). Le donne devono faticare il doppio degli uomini per sedere ai tavoli che contano. Crediti: Wikipedia.

Tempo di lettura: 3 mins

Tra i 9 vincitori dei premi Nobel 2019 per Medicina, Fisica e Chimica non ci sono donne. Un’assenza che non deve stupire se si considera che tra il 1901 e il 2019 solo 20 donne hanno ricevuto il premio Nobel in queste tre categorie. Verrebbe quasi da pensare che le donne siano meno brave degli uomini in queste materie. Invece, la risposta più corretta sembra essere che le donne candidate al Premio sono molto meno degli uomini. E con molto meno si intende veramente molto meno: dei 10.818 candidati per queste tre materie tra il 1901 e il 1966 le donne sono state solo 234, pari al 2,2% del totale.

L’indagine, pubblicata su The Lancet, prende in considerazione la distribuzione tra maschi e femmine delle candidature avvenute tra il 1901 e il 1966 per Fisica e Chimica e i dati dal 1901 al 1953 per Medicina (le informazioni sulle nomine vengono tenute riservate per 50 anni).

Analizzando i numeri nel dettaglio emerge chiaramente che una volta nominate le donne hanno maggiori probabilità di vincita rispetto agli uomini: questo vale per l’analisi di tutte le categorie (odds ratio 1,25 vs 0,99), per chimica (OR 1,91 vs 0,98) e medicina (OR 1,07 vs 1,00), ma non per il premio Nobel per la fisica, in cui gli uomini hanno migliori possibilità di vincita (0,68 vs 1,01).

Paragonando il numero delle vincitrici tra il 1967 e il 2019 con quello tra il 1901 il 1966 si nota l’aumento delle donne premiate per la Medicina (8,7% vs 1,1%) e il calo per Fisica (2,3% vs 0,8%) e Chimica (4,2% vs 1,8%), ma l’assenza dei dati sulle candidature non permette di capire se è cambiato il rapporto uomini/donne nella rosa dei nomi proposti annualmente.

 

Un’analisi simile, ma rivolta agli autori di pubblicazioni scientifiche ha preso in esame il numero di donne e uomini che hanno firmato gli articoli pubblicati su The Lancet Global Health tra il 1 giugno 2013 e il 1 dicembre 2018. Dei 5878 autori che hanno firmato i 1323 articoli pubblicati, le donne sono il 34,4%.

 

Il numero di autrici singole è passato da 291 su 929 articoli a firma unica nel 2014 a 524 su 1441 nel 2018, un incremento costante di anno in anno. Va meno bene se consideriamo gli articoli pluri-firmati: le donne che compaiono in prima e ultima posizione - le più ambite dagli autori - sono rispettivamente 288 e 228, su un totale di 768 nomi in queste posizioni.

Analizzando i dati sulla provenienza geografica delle autrici emerge inoltre un forte gender gap nei Paesi a basso reddito: tra i 629 autori provenienti da questi Paesi solo 160 sono donne (25,4%). Gap che cala nei Paesi a medio reddito (547/1842, 29,7%) e ancora di più in quelli ad alto reddito (1438/3833, 37,5%). Esistono tuttavia delle anomalie rispetto a questa linea generale: Irlanda, Singapore e Norvegia, che fanno parte dei Paesi ad alto reddito, sono tra i 20 Paesi con la minore proporzione di autrici donne, mentre Honduras, Perù, Gambia e Filippine (Paesi a basso reddito) sono tra i 20 Paesi con la maggiore proporzione di autrici donne.

Nonostante i limiti della ricerca (tra cui l’uso di un software per la determinazione del genere di un autore dal suo nome e la modalità di determinazione della provenienza degli autori che potrebbe aver portato a sovrastimare le autrici dei Paesi a basso reddito), si tratta di un lavoro importante in un campo, quello del global health, impegnato ad affrontare le disuguaglianze sanitarie in tutto il mondo.

 


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