fbpx Il progetto che riporta i pulcini di berta nelle nostre isole | Scienza in rete

Sulle Pontine sconfitti i ratti, tornano le berte

Grazie al progetto Life PonDerat, sull'isola di Ventotene tornano a involarsi i pulcini di berta maggiore, a lungo minacciati dalla presenza del il ratto nero, una delle specie più invasive al mondo, che ne preda uova e nidiacei. Un successo per la conservazione e un primato positivo tutto italiano; ora la sfida è impedire ai ratti di tornare sull'isola.
Nell'immagine: un pulcino di berta sull'isola di Palmarola. Crediti: Camilla Gotti, Life PonDerat

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Una piccola buona notizia per la conservazione arriva dall’Italia, precisamente dalle isole Pontine. A Ventotene, grazie agli interventi realizzati nel progetto Life PonDerat, i pulcini di berta possono nuovamente spiccare il loro primo volo dalle coste di questa isola. Il progetto ha infatti eradicato il ratto nero, che comprometteva la sopravvivenza dei nidiacei.

Berte versus ratti

Per capire l’importanza di questo evento dobbiamo fare qualche precisazione. Le berte sono uccelli pelagici (ovvero che vivono in mare aperto) e migratori, che si nutrono di piccoli pesci di superficie veleggiando e planando a sfiorare le onde. Animali longevi, le berte sono monogame: creano un forte legame di coppia che può durare anche molti anni e viene consolidato con dei duetti canori. Si pensa che il mito delle sirene si debba proprio al loro canto d’amore lamentoso, udito nelle ore di oscurità dai marinai. Questi uccelli passano la maggior parte del tempo in volo erratico in mare aperto, e si posano sulla terraferma solo di notte, nel periodo riproduttivo, radunandosi in colonie numerose in corrispondenza di falesie rocciose con cavità e spaccature in cui costruiscono il nido. All’inizio della primavera (marzo-inizio aprile) ogni coppia depone un solo uovo, covato a turno dai partner per circa 50 giorni. Dopo la schiusa, entrambi i genitori vanno alla ricerca del cibo coprendo anche distanze considerevoli, e ritornano al nido al calar del sole. Proprio per questo motivo nidificano sulle piccole isole, dove in condizioni naturali non esistono predatori, e quindi possono volare tranquilli alla ricerca di cibo lasciando incustodito il loro pulcino.

Un adulto e un pulcino di berta sull'isola ponziana di di Zannone. Crediti immagine: Ferdinando Corbi, Life PonDerat

E qui entrano in gioco i ratti, roditori onnivori annoverati tra le più infestanti specie aliene invasive, ovvero animali che sono stati trasportati dall’uomo in modo volontario o involontario in luoghi dove non erano naturalmente presenti, e che una volta arrivati vi si insediano con successo, a discapito degli ecosistemi locali. Specie con una distribuzione cosmopolita, i ratti neri sono originari dell’India e del Pakistan, ma nel corso dei secoli sono stati trasportati dalle navi in giro per il mondo, colonizzando con successo ogni tipo di ambiente, isole incluse. Il ratto nero è particolarmente pericoloso per gli uccelli marini, come le berte, di cui preda uova e nidiacei.

«A causa dei ratti, il successo riproduttivo delle berte si era azzerato per anni. Il rischio in questi casi è quello di accorgersi del crollo della popolazione quando ormai è troppo tardi», dice Dario Capizzi, ecologo e project manager di PonDerat, nonché funzionario presso la direzione capitale naturale della Regione Lazio. Ma per fortuna non è questo il caso: nel 2019 nell’isola di Palmarola si sono involati nove pulcini su dieci. Prima dell’eradicazione la proporzione era di uno su dieci.

Il progetto che tutela gli uccelli marini

Il progetto PonDerat, co-finanziato dall’Unione Europea, è iniziato nel 2015. L’obiettivo è quello di tutelare gli habitat tipici delle isole del Mediterraneo e alcune specie di uccelli marini che vi nidificano, come la berta maggiore e la berta minore, attraverso l’eradicazione delle specie aliene invasive che ne minacciano la sopravvivenza. A cinque anni dal suo inizio, i risultati sono più che positivi. «A Ventotene i ratti ormai erano padroni dell’isola e le colonie di berta maggiore erano ormai confinate in aree inaccessibili e di ridotta estensione. Quest’anno si è involato un piccolo in una zona che prima dell’eradicazione era piena di ratti, un segnale di speranza», dichiara Capizzi.

Il problema dei ratti nelle isole ha una scala planetaria, ma pochissimi sono i casi in cui si è riusciti a effettuare una completa eradicazione dei roditori. «L’Italia è il Paese europeo in cui sono stati portati a termine con successo gli interventi più importanti – continua l’ecologo - sono vent’anni che si lavora su questo in Italia: le azioni sono state effettuate su dieci isole molto piccole e su otto con un’estensione superiore ai cento ettari, come Ventotene, Tavolara e Pianosa. Ventotene ha anche un altro primato: è l’isola in cui sono stati eradicati i ratti che conta il maggior numero di abitanti».

Ma come si fa ad eradicare i ratti? Utilizzando il veleno, ma con un’estrema cautela, per evitare di uccidere accidentalmente altri animali. Un rischio concreto, soprattutto in isole abitate, dove cani e gatti domestici rischiano di mangiare l’esca o un ratto avvelenato e restare intossicati a loro volta. Ma grazie alle accortezze utilizzate, il rischio è stato scongiurato. All’inizio è stato usato un veleno meno potente, e solo in una fase secondaria, nelle zone disabitate, si sono utilizzate esche avvelenate più forti. Per raggiungere le zone più impervie i tecnici e i guardiaparco si sono calati con corde lungo le pareti e laddove non era possibile arrivare le esche sono state lanciate dagli elicotteri, all’interno di contenitori biodegradabili specificatamente disegnati per essere accessibili solo ai ratti.

«La grande sfida ora è evitare che i ratti possano tornare sull’isola», dichiara Capizzi. «Per questo stiamo lavorando per la biosicurezza: stiamo portando avanti attività di comunicazione e sensibilizzazione con i pescatori, sui traghetti sono previsti interventi per evitare l’arrivo dei ratti, e anche nei punti di sbarco sono state predisposte delle esche tossiche». Secondo l’ecologo dovremo aspettare due anni per essere certi che i ratti siano del tutto scomparsi da Ventotene, ma intanto le berte possono stare più tranquille.

L’eradicazione dei ratti non ha effetti positivi solo per gli uccelli marini, ma ci sono vantaggi anche per le persone. Innanzi tutto, una maggiore produttività agricola: le pregiate lenticchie di Ventotene non sono infatti più assediate dai ratti, e il raccolto è più generoso. E, non dovendo più usare i ratticidi per difendere le colture, si disperdono meno sostanze tossiche nell’ambiente. E poi è diminuito il rischio di malattie: i ratti dell’isola erano risultati tutti portatori di Toxoplasma gondii, l’agente patogeno della toxoplasmosi, malattia molto pericolosa per le donne durante la gravidanza.

 


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