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Ippolito: potenziare in fretta diagnosi e coordinamento delle sorveglianze

Tempo di lettura: 3 mins

Giuseppe Ippolito (nella foto), direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e membro del Comitato tecnico-scientifico che in questi mesi ha fornito i pareri tecnici per le azioni di controllo dell’epidemia, ha letto per noi l’editoriale di Epidemiologia e Prevenzione, che elenca alcune raccomandazioni urgenti per preparare il sistema sanitario e di sorveglianza per l'autunno. Ecco l'elenco:

  • rigorose procedure operative per la sorveglianza
  • piattaforme di sorveglianza
  • potenziamento di una rete di sorveglianza dei sintomi
  • potenziamento dei dipartimenti di prevenzione
  • comunicazione rapida, chiara ed efficiente.
  • metodi innovativi di identificazione precoce dei focolai
  • potenziamento delle capacità diagnostiche.
  • più formazione
  • sorveglianza e screening delle popolazioni ad alto rischio
  • accesso ai dati della sorveglianza nazionale alla comunità scientifica.
  • mantenimento delle misure igieniche e comportamentali  
  • monitoraggio della disponibilità dei dispositivi individuali di protezione.

Condivide la necessità di prepararsi per una nuova emergenza Covid nel prossimo autunno? E cosa pensa delle misure individuate in questo editoriale?

Non sappiamo che cosa succederà e la preparazione è l’unica arma disponibile. Ma deve essere una preparedness, che è un po’ diversa dalla preparazione, vera non solo a chiacchere o a circolari calate dall’alto e senza preventive verifiche di applicabilità in maniera semplice. Le soluzioni proposte nel lavoro di Vineis e altri su Epidemiologia e Prevenzione sono sicuramente tutte condivisibili, solide sul piano scientifico e dimostrano una conoscenza della letteratura e dei piani di intervento adottati in altri Paesi.

L’autunno è più vicino di quanto sembra e per alcune di esse sono necessarie risorse umane e strumentali che potrebbero non essere disponibili. Le piattaforme di sorveglianza stentano a essere disponibili e soprattutto unificate a livello nazionale. L’interoperabilità dei sistemi informativi regionali, e a caduta nazionali, hanno bisogno, come è ben detto dell’articolo, di formazione del personale. Concordo che sarebbe l’occasione per far partire su tutto il territorio nazionale la sorveglianza sindromica per le infezioni respiratorie, meglio se associata a un sistema di utilizzo dei tamponi per definire quote di attribuzione etiologica ai diversi patogeni respiratori con l’impiego di test basati su PCR multiplex rapide o antigenici non appena saranno disponibili a prezzi accettabili. Ma per questo è necessario, come è ben detto nell’articolo, il potenziamento delle attività diagnostiche attraverso l’attivazione e l’implementazione di reti regionali di microbiologia e virologia.

Ci sono soluzioni tecnologiche per migliorare sorveglianza e controllo che possono essere condivise dalle regioni?

Certamente l’adozione di strumenti e piattaforme uniche nel Paese. Le regioni hanno adottato soluzioni diverse sia in termini di piattaforme informatiche che di app di tracciamento e monitoraggio clinico dei pazienti, spesso non linkati e non linkabili ai dati sanitari amministrativi disponibili presso le regioni. In mancanza di un sistema unico ogni regione ha fatto come ha creduto o potuto, con una indubbio consumo di risorse economiche e il risultato di sistemi che non si parlano. A questo va aggiunto che le aziende di software si sono adoperate per fornire alle imprese sistemi di monitoraggio del distanziamento sui luoghi di lavoro che raccolgono anche dati sui contatti. Non bisogna dimenticare che esiste l’app Immuni dalla quale si potrebbe partire per definire uno standard unico condiviso.

Come ottenere un coordinamento delle regioni necessario per la risposta ma che sembra fino a oggi carente?

Innanzitutto con la presa di coscienza che le malattie infettive non rispettano i confini regionali e la risposta richiede conoscenza dei dati e rapidità di intervento. Una cosa difficile con venti, anzi ventuno servizi sanitari differenti tra loro, anche se alcuni hanno fatto molto bene. Il coordinamento interregionale per la prevenzione esiste, ma non sono sicuro sia sufficiente. Ci vuole un’azione forte da parte dello Stato.

Leggi anche l'articolo sulle proposte di E&P.

Leggi anche l'intervista da Alessandro Vespignani.

 

 


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