Il 15 agosto è uscita la classifica ARWU (Academic Ranking of World Universities) delle prime mille Università al mondo. Gli indicatori utilizzati sono essenzialmente basati sul numero di premi Nobel e medaglie Fields e di pubblicazioni scientifiche su Science e Nature o indicizzate nel Web of Science. Un'idea di massima, ma auspicabilmente integrabile con variabili socioeconomiche.
Immagine: Pixabay License.
Ogni anno ARWU pubblica la classifica delle mille università migliori al mondo; dal 2003 dal Center for World-Class Universities (CWCU), dalla Graduate School of Education della Shanghai Jiao Tong University e dal 2009 dalla ShanghaiRanking Consultancy. All’inizio le classifiche riguardavano solo poche materie, come matematica, fisica, chimica, informatica ed economia, successivamente sono aumentate in numero anche grazie a indicatori più oggettivi. Sarebbe infatti più corretto parlare di confronti tra materie e tra università, piuttosto che di classifiche gerarchiche.
Il metodo: premi e pubblicazioni
Per poter comprendere le classifiche è necessario capire su quali parametri sia stato fatto il confronto. Inutile dire che possono esistere tante classifiche quanti sono i possibili criteri di confronto e che nessuna classifica restituisce quadri perfettamente esaustivi. Chiaramente, classifiche che hanno a che fare con grandi numeri hanno più probabilità di ottenere risultati solidi, anche se basati su criteri puramente quantitativi e – quindi – con qualche limite dal punto di vista qualitativo.
Quali sono dunque gli indicatori che ARWU considera? Nella tabella seguente (tratta dal sito di ARWU) sono riportati i criteri con i loro indicatori relativi, il codice e il peso.
In particolare, Alumni dà più importanza (cioè più peso statistico) ai premi ricevuti dopo il 2011; andando indietro nel tempo il peso viene alleggerito, così come la voce Award (Alumni e Award sono misurati come numero di ex alunni/membri). HiCi è il numero di ricercatori Highly Cited, cioè con un numero molto elevato di citazioni (fissato da un ulteriore criterio). N&S è il numero di pubblicazioni in Science e Nature tra il 2015 e il 2019. PUB è il numero di pubblicazioni indicizzati in Science Citation Index-Expanded (SCIE) e in Social Science Citation Index (SSCI), nel 2019, nei database del Web of Science. Infine, PCP, è la divisione dei punteggi ottenuti per il numero dello staff accademico dell’istituto (studenti, insegnanti, ecc.).
I punteggi vengono conferiti con una scala da zero a cento, vengono poi esaminate le distribuzioni dei vari risultati per individuare eventuali effetti di distorsione e infine sono elaborati con le consuete tecniche statistiche.
È chiaro che, nonostante i grandi numeri con cui abbiamo a che fare, i sei indicatori – puramente quantitativi – non possono produrre una classifica ottimale della qualità dei vari istituti. Per esempio, non si tiene in considerazione un parametro che potrebbe influenzare anche considerevolmente la classifica, cioè il valore delle rette universitarie (pubbliche o private che siano). Harvard, che da anni è la prima in classifica, potrebbe probabilmente perdere qualche punto in questo senso. Sempre a livello economico sarebbe utile considerare il costo della vita in determinate aree geografiche (come l’eventuale spesa per le assicurazioni sanitarie) e i finanziamenti che certe Università ricevono dallo Stato rispetto a quanto producono, sia in termini di conoscenza che in termini di PIL. A tal proposito è utile ricordare che il Goal 4 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite chiede “parità di accesso per tutte le donne e gli uomini ad una istruzione a costi accessibili e di qualità tecnica, ad una istruzione professionale e di terzo livello, compresa l'Università”.
Per quanto riguarda i premi Nobel, riconoscendo il valore su scala mondiale di questo prestigioso premio, è necessario tenere in considerazione che esistono vari altri premi che rendono comunque onore alle più disparate discipline di ricerca e che, la storia ce lo racconta, si è anche assistito a Nobel “mancati” o Nobel “in ritardo” – Einstein può essere un esempio storicamente significativo.
Infine, senza entrare nel merito dei pregi e dei difetti della peer review, è noto che le pubblicazioni scientifiche sono sostenute da varie forme di finanziamento. Di conseguenza, una ricerca può essere condotta anche in funzione delle risorse economiche a disposizione e non solo grazie alla qualità dell’istituto di ricerca; i ricercatori conoscono molto bene il significato del motto “publish or perish”.
Detto questo andiamo quindi a osservare i principali risultati.
La classifica: i risultati nel mondo e in Italia
Le università degli Stati Uniti dominano la classifica delle migliori 1000 – come riporta il sito di ARWU – con 8 università tra le Top 10, 41 tra le Top 100, 133 tra le Top 500 e 206 tra le Top 1000. La Cina ha 168 università classificate nella Top 1000, di cui 81 nella Top 500, 6 nella Top 100. Il Regno Unito ha 65 università nella Top 1000, di cui 36 nella Top 500, 8 nella Top 100.
Qui la classifica completa 2020.
Di seguito sono riportate le venti Università prime in classifica (nome, nazionalità e punteggio), in maggioranza anglofone, secondo i criteri ARWU; il punteggio numerico è stato anche rappresentato in istogrammi. A colpo d’occhio l’Università di Harvard domina la classifica (così come gli anni scorsi) risultando parecchi punti avanti anche solo alla seconda classificata.
Di seguito riportiamo invece la classifica delle prime Università italiane del 2020 confrontate con le posizioni del 2019. Nella colonna “Classifica internazionale” è riportata la posizione delle Università rispetto alla classifica globale (per esempio: “151-200” significa che l’istituto è nell’intervallo tra la 151esima e la 200esima Università a parimerito con le altre). Nella colonna centrale il nome dell’Università e nella colonna “Classifica nazionale” la posizione su base nazionale (con la stessa logica a intervalli).
Confrontiamo alcune voci specifiche per quattro delle migliori Università italiane, direttamente dalla classifica con tutte le mille Università migliori al mondo.
L’Università di Pisa ha ricevuto un punteggio di 20.3% per la variabile Alumni (il più alto d’Italia) – classificata tra la 151esima e la 200esima Università al mondo sulle mille migliori – punteggio più alto dell’University of California di San Diego (18.8%), che tuttavia risulta la 18esima al mondo, o dell’Imperial College London (13.3%) che è 25esima al mondo, e di anche altre prima.
Oppure, l’Università di Milano ha 15.7% (il più alto d’Italia) per l’indicatore HiCi – ed è sempre tra la 151esima e la 200esima al mondo – che è lo stesso punteggio dell’University of Illinois Urbana-Champaign, 45esima università al mondo.
L’Università di Padova (tra la 201esima e 300esima al mondo) e la Sapienza di Roma (151esima-200esima) hanno un punteggio pari a 52.8-52.6% per la variabile PUB, entrambe superando la Princeton University (che ha un 44.7%) – la sesta al mondo – e anche California Institute of Technology (43.9%) – l’ottava al mondo – e della University of Chicago (51.6%) - la decima. Comunque, non così distanti dal 63.7% della terza classificata, il MIT di Boston.
Si può dire, dunque, che la classifica di ARWU dia un’idea generale su quali gruppi di Università siano meglio collocati dal punto di vista, essenzialmente, del numero di premi Nobel e medaglie Fields per la matematica e del numero delle pubblicazioni scientifiche. Per un confronto ancora più completo, come già accennato, sarebbe interessante integrare con altre variabili, tra cui almeno il contesto socioeconomico.
Da non dimenticare, infine, che le posizioni elevate di alcune Università straniere si avvalgono in parte anche di giovani ricercatori italiani che hanno lasciato il paese per sedi di ricerca in grado di assicurare maggiori certezze e progressione di carriera.