fbpx Covid-19 e stato infiammatorio sistemico | Scienza in rete

Covid-19 e stato infiammatorio sistemico

 --

Tempo di lettura: 4 mins

Alessio Mazzoni ha vinto il Premio giovani ricercatori edizione 2020 categoria Covid-19 per il paper: "Impaired immune cell cytotoxicity in severe COVID-19 is IL-6 dependent", pubblicato su The Journal of Clinical Investigation nel 2020. 

Motivazione: Lavoro che associa elevati livelli di IL-6 a una compromessa attività citotossica e apre prospettive terapeutiche attraverso il blocco dell’IL-6 con Tociluzumab. Nella indicazione ha pesato il fatto che la comprensione dello stato infiammatorio sistemico rappresenta un rilevante contributo alla patogenesi e potenzialmente all’approccio terapeutico al Covid grave. Inoltre, il lavoro prescelto è pubblicato su JCI, e ha quindi verosimilmente superato una attenta peer review.


COVID-19 è una malattia infettiva causata dal virus SARS-CoV-2. La malattia ha iniziato a diffondersi nella regione di Wuhan, in Cina, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, per poi propagarsi a livello mondiale, causando una pandemia. Al 5 ottobre 2020 sono stati confermati 35.027.546 casi a livello globale, con 1.034.837 decessi. La trasmissione del virus avviene per via aerea pertanto il distanziamento sociale, l’utilizzo di mascherine e la frequente igiene delle mani rappresentano le uniche modalità di prevenzione del contagio all’interno delle comunità. Il virus infetta inizialmente le cellule epiteliali delle alte vie respiratorie, legandosi al recettore ACE2 espresso sulla membrana cellulare per poi diffondere nelle basse vie respiratorie e in altri distretti dell’organismo. L’infezione decorre asintomatica o con sintomi simil-influenzali nella maggioranza degli individui. Tuttavia, in alcuni casi può provocare vari gradi di polmonite, fino a richiedere supporto meccanico alla respirazione in terapia intensiva. Fattori predisponenti allo sviluppo di COVID-19 severo sono l’età, l’obesità, la presenza di patologie pregresse e deficit immunologici. A tal proposito, è stato recentemente dimostrato come la ridotta funzionalità di alcune molecole fondamentali nella risposta immunitaria ai virus, per cause genetiche o per la produzione aberrante da parte del sistema immunitario stesso di anticorpi auto-reattivi, è associata ad una maggiore gravità di COVID-19. 

COVID-19 è una malattia multifasica: inizialmente si ha una fase precoce nella quale la patologia, di grado lieve-moderato, è confinata alle alte vie respiratorie; se la risposta immunitaria non è capace di limitare la replicazione virale, si progredisce verso il secondo stadio della malattia, con coinvolgimento polmonare ed eventuale ipossiemia (riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue). L’instaurarsi dell’ipossiemia è accompagnata da una deregolata risposta immunitaria che, incapace di eradicare l’infezione virale, porta alla produzione di molecole pro-infiammatorie, note come citochine, che raggiungono alti livelli nel sangue (tempesta citochinica). Tale evento è accompagnato da manifestazioni sistemiche tipiche del terzo stadio della malattia, il più grave, con il coinvolgimento di più organi e apparati. Da quanto detto, ne consegue che la comprensione dei meccanismi che regolano la risposta immunitaria nei confronti di SARS-CoV-2, ma anche la deriva patologica in cui può sfociare una risposta immunitaria incontrollata sono essenziali al fine di comprendere meglio le varie fasi di progressione della malattia COVID-19 e ampliare lo spettro delle opzioni terapeutiche. In questo studio, realizzato presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze, abbiamo effettuato una caratterizzazione della risposta immunitaria su 30 pazienti COVID-19 ricoverati presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze nel mese di marzo 2020. Abbiamo osservato che i pazienti COVID-19 mostrano, nel sangue periferico, un marcato deficit numerico di alcune popolazioni di cellule dell’immunità note come linfociti T, linfociti B e cellule Natural Killer (NK). In aggiunta, queste cellule hanno una ridotta capacità di produrre molecole ad azione antivirale come le citochine IFN-γ e TNF-α e le molecole Granzima A e Perforina. Tali alterazioni sono maggiormente evidenti nei pazienti gravi che richiedono ricovero in terapia intensiva. Il peggioramento della malattia è inoltre associato all’incremento dei livelli sierici di interleuchina (IL)-6, una citochina pro-infiammatoria. Tale incremento dello stato infiammatorio sistemico è responsabile della ridotta funzionalità delle cellule NK, tanto che il blocco selettivo dell’azione di IL-6 tramite il farmaco Tocilizumab permette di ripristinare la loro attività. 

In conclusione, abbiamo dimostrato che la progressione della malattia COVID-19 è associata ad un incremento dello stato infiammatorio sistemico, che a sua volta è responsabile del blocco di alcune funzionalità antivirali del sistema immunitario. Si instaura quindi un circolo vizioso che impedisce l’eradicazione del virus. La neutralizzazione dell’azione di IL-6, una delle proteine responsabili dell’infiammazione sistemica, permette di ripristinare alcune funzionalità antivirali soppresse delle cellule NK. L’utilizzo di farmaci capaci di contrastare la tempesta citochinica nelle fasi avanzate di malattia può quindi avere il duplice effetto di ridurre i livelli di infiammazione sistemica e promuovere la riattivazione di funzionalità immunitarie antivirali.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.