Antonella Viola e Guido Poli spiegano alcune perplessità emerse riguardo alla pubblicazione su Tumori Journal, secondo la quale SARS-CoV-2 sarebbe in giro già dall'estate 2019 e di cui Scienza in rete ha parlato qui. Fenomeni di cross-reattività con altri coronavirus, la minoranza dei sieri in grado d'inibire l'infezione e la mancanza di sovraccarico al sistema sanitario, spiegano gli autori, sono tutti elementi fragili dello studio.
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Diverse pubblicazioni dei mesi precedenti hanno dimostrato l’esistenza, in un numero variabile di individui mai esposti al SARS-CoV-2, di una stato di pre-immunità sia cellulare1 sia anticorpale2-5 a questo nuovo coronavirus. Tale pre-immunità è basata sulla cross-reattività della risposta immunitaria adattativa (ovvero dei linfociti T e linfociti B e dei loro recettori per gli antigeni, TCR e BCR) già presente, in quanto indotta da altri beta-coronavirus causa del comune raffreddore e capace quindi di riconoscere antigeni del SARS-CoV-2, inclusa la proteina Spike e il suo receptor-binding domain (RBD). È stato inoltre ipotizzato che questa cross-reattività possa giocare un ruolo protettivo verso l’infezione da SARS-CoV-2 e la sua eventuale evoluzione clinica in COVID-196.
Lo studio italiano ha analizzato sieri di 959 persone arruolate da settembre 2019 in poi nell’ambito di un progetto di screening per la prevenzione di neoplasie polmonari evidenziando la presenza di anticorpi (Ab) anti-RBD di SARS-CoV-2 in 111 soggetti (11,6%), tutti asintomatici.
Quest’osservazione ha indotto gli autori a concludere che l’infezione da SARS-CoV-2 fosse già presente in Italia nel settembre 2019, mentre il dato ufficiale riferisce che i primi casi sul territorio si sono osservati a fine febbraio 2020, come discusso successivamente.
Una conclusione così dirompente, già ripresa dai media internazionali, avrebbe, a nostro avviso, richiesto un ulteriore controllo su sieri collezionati in anni precedenti per escludere la fondata ipotesi di una cross-reattività con altri beta-coronavirus responsabili del raffreddore, come discusso in apertura.
Un secondo motivo di perplessità o di cautela è legato al fatto che solo una minoranza (6/111, 5%) dei sieri contenenti anticorpi anti-RBD di SARS-CoV-2 si siano dimostrati capaci d’inibire l’infezione in un saggio di microneutralizzazione, mentre la letteratura più rilevante indica un’ottima concordanza tra questi saggi2, 7, una discrepanza non spiegata o discussa dagli autori.
Un terzo elemento di prudenza nell’accoglimento della tesi di fondo degli autori è la mancanza di un’evidenza clinico-epidemiologica, come già sottolineato da altri, di un sovraccarico del sistema sanitario di patologie respiratorie compatibili con Covid-19, al di là di report aneddotici citati nella pubblicazione. Vero è che il virus introdotto a Codogno e Vò Euganeo il 21 febbraio 2020 aveva già incorporato la mutazione D614G che ne favorisce la trasmissione. Tuttavia, questa mutazione non comporta una maggior virulenza clinica rispetto alla versione originale, per cui, ammesso che in Italia potesse circolare un ceppo meno contagioso di SARS-CoV-2 un segnale clinico-epidemiologico sarebbe dovuto comunque emergere.
Gli studi effettuati durante l’estate 2020, dopo la prima grande ondata di contagi, hanno identificato nella popolazione italiana una sieroprevalenza del 2,5%8, per cui una prevalenza d’infezione del 10% della popolazione (tutta asintomatica) già a settembre 2019 non sembra sostenibile su base clinico-epidemiologica.
Ultima considerazione, al di là di disquisizione tecniche sulla specificità e sul valore diagnostico d’infezione del rilevamento di anticorpi anti-RBD decritti dagli autori, per stabilire se un certo virus abbia circolato in una data popolazione in un periodo di tempo non sospetto è necessario… il virus stesso, ovvero riscontrare la presenza di sequenze virali inequivocabilmente compatibili con SARS-CoV-2 in campioni clinici antecedenti di molti mesi la data d’introduzione ufficiale di questo agente sul territorio nazionale.
Referenze
1. Lipsich M et al. Cross-reactive memory T cells and herd immunity to SARS-CoV-2. Nat Rev Immunol (2020) doi: 10.1038/s41577-020-00460-4. Epub 2020 Oct 6.
2. Iyer AS et al, Persistence and decay of human antibody responses to the receptor binding domain of SARS-CoV-2 spike protein in COVID-19 patients. Sci. Immunol. (2020) doi: 10.1126/sciimmunol.abe0367
3. Tian Y et al. Sensitivity and specificity of SARS-CoV-2 S1 subunit in COVID-19 serology assay. Nature (2020) https://doi.org/10.1038/s41421-020-00224-3 (vedi Figura 1)
4. Ng KW et al. Preexisting and de novo humoral immunity to SARS-CoV-2 in humans. Science (2020) doi: 10.1126/science.abe1107
5. Anderson EM et al. Seasonal human coronavirus antibodies are boosted upon SARS-CoV-2 infection but not associated with protection. medRxiv (2020) https://doi.org/10.1101/2020.11.06.20227215
6. Sagar M et al. Recent endemic coronavirus infection is associated with less severe COVID-19. J Clin Invest (2020) doi: 10.1172/JCI143380
7. Piccoli L et al. Mapping Neutralizing and Immunodominant Sites on the SARS-CoV-2 Spike Receptor-Binding Domain by Structure-Guided High-Resolution Serology. Cell (2020) doi: https://doi.org/10.1016/j.cell.2020.09.037
8. COVID-19, illustrati i risultati dell'indagine di sieroprevalenza, Ministero della Salute