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Oersted, 1820: c’è del nuovo in Danimarca!

Il chimico Marco Taddia ricorda la figura di Hans Christian Oersted, scienziato, umanista, educatore, filosofo e poeta ritenuto tra i padri dell'elettromagnetismo. 

Crediti immagine: Wikimedia Commons. Licenza: pubblico dominio

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L’anno scorso è stata ristampata la versione italiana del libro di George Johnson The Ten Most Beautiful Experiments (edizione Bollati Boringhieri), uscito in America nel 2008 e pubblicato in Italia l’anno seguente. Non deve essere stato facile per Johnson, ottimo divulgatore e collaboratore scientifico di importanti giornali e riviste, scegliere i magnifici dieci ma forse, a proposito di elettromagnetismo, quello che Oersted effettuò esattamente due secoli fa, un posto l’avrebbe meritato.

Non è che Johnson se ne sia dimenticato, tutt’altro, anzi nel capitolo dedicato a quello di Faraday sulla relazione luce-magnetismo spiega che questi, venendo a conoscenza delle “novità esaltanti provenienti da uno scienziato danese, Hans Christian Ørsted”, decise di ripeterne l’esperimento insieme a Davy e intraprendere altre ricerche in quel campo. Insomma, come si direbbe oggi adeguando la celebre frase di Amleto, Faraday forse esclamò: c’è del nuovo in Danimarca!

La qualifica di “fisico”, seppure intesa in senso lato come si usava all’epoca, sta piuttosto stretta ad Hans Christian Oersted (oppure Ørsted) (Rudkøbing, 1777- Copenaghen, 1851) perché fu scienziato, umanista, educatore, filosofo e poeta. Assurto a “gloria” nazionale danese, il suo monumento domina l’Oersted Park nel centro della capitale, mentre oltreoceano la sua memoria è mantenuta viva dalla medaglia che ne porta il nome e che costituisce il riconoscimento più importante conferito annualmente dall’American Association of Physics Teachers. Fu attribuita, tra gli altri, a Robert A. Millikan, Richard Feynman e Arnold Sommerfeld.

Con Thycho Brahe e Niels Bohr, Oersted è uno dei danesi che la storia della scienza ha reso internazionalmente noti. La scoperta del 1820 ha suscitato qualche discussione tra gli specialisti perché taluni l’attribuiscono al caso, mentre per altri non è così. Innanzitutto bisogna ricordare che fin dal secolo precedente, grazie soprattutto a Benjamin Franklin (1706-1790), si pensava a una relazione fra elettricità e magnetismo, mentre più tardi l’invenzione della pila di Volta contribuì a dare nuovo impulso alle ricerche. Anche Oersted, come appare dai suoi scritti, fin dal 1808 si era posto il problema, influenzato dalla filosofia kantiana e conducendo probabilmente alcuni esperimenti in solitudine.

Nel 1813 pubblicò le Recherches sur l'indentité des forces chimiques et électriques. Nel 1816-1817, insieme a Lauritz Esmarch (1765 -1842), costruì una pila speciale con l’intento di utilizzarla per dimostrazioni pratiche agli studenti, essendo all’epoca professore di fisica a Copenaghen. Fu proprio nel corso di una dimostrazione in aula, nell’inverno 1819-1820, mentre teneva un corso su elettricità, galvanismo e magnetismo, che ponendo un ago magnetico sotto un filo metallico collegato a una pila, notò che chiudendo il circuito l’ago risentiva del “conflitto elettrico”, ossia del passaggio di corrente, e si spostava debolmente. Il fenomeno non impressionò particolarmente l’uditorio e decise di approfondire il tutto in altra occasione.

Il momento venne nel luglio 1820, con un apparato perfezionato. Questa volta l’effetto fu molto più evidente e si vide che l’angolo di deflessione dipendeva dall’intensità di corrente e dalla distanza dal conduttore. Oersted ne riferì in un opuscolo di quattro pagine, scritto in latino e intitolato Experimenta circa effectum conflictus electrici in acum magneticam, che provvide a distribuire ad accademie e studiosi, poi pubblicato sul Journal für Chemie und Physik. Poco dopo, Oersted pubblicò un nuovo resoconto dell’esperimento sul Journal de Physique.

Come si è detto, la sua scoperta destò immediatamente l’interesse di Faraday e Ampère. Quest’ultimo descrisse sinteticamente il fenomeno in questo modo: “La corrente elettrica tende a volgere l’ago calamitato in croce con essa con il polo australe a sinistra”. Nel suo laboratorio parigino egli mostrò anche che due fili conduttori paralleli in cui passava corrente diretta nella stessa direzione si attraevano, mentre invertendo una delle correnti essi si respingevano.

Successivamente, Schweigger inventò il galvanometro (1821), Ohm giunse alla teoria generale dell’elettricità che gli diede meritata fama (1824) e Arago costruì il primo elettromagnete (1825). Chi volesse rivedere in rete l’esperimento di Orsted non ha che l’imbarazzo della scelta (qui, per esempio, un video ben fatto).

A conclusione di questo sintetico resoconto, ai fini di conoscere meglio colui che è ritenuto il padre dell’elettromagnetismo, non può mancare un accenno allo stretto rapporto di stima e di amicizia che legava Oersted allo scrittore e poeta Hans Christian Andersen (Odense, 1805-Rolighed 1875). L’idea di natura che guidava le ricerche e gli studi di Oersted influenzò il giovane Andersen e, quale mentore del giovane scrittore, fu proprio Oersted a prevedere che il suo pupillo sarebbe divenuto famoso come autore di fiabe. In una di queste, intitolata “La campana”, che si può riascoltare qui, si può cogliere qualche sentore della reciproca influenza tra fisica e poesia.

 


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