Nel 2018, il cittadino scienziato Dan Caselden ha scoperto casualmente una nana bruna, soprannominata The Accident, le cui peculiari caratteristiche hanno spinto i ricercatori a esaminarla in modo più approfondito. I risultati dello studio suggeriscono che possa trattarsi di un corpo celeste molto antico, di età stimata tra i 10 e i 13 miliardi di anni. Ma questo pone un’altra serie di interrogativi, perché anche se nella Galassia possono esistere simili corpi celesti, dovrebbero essere davvero pochi e la presenza di The Accident sarebbe da considerare un’autentica rarità. Altrimenti, sarebbe necessario mettere mano alle valutazioni sull’entità della popolazione di nane brune.
In copertina: immagine pittorica di una nana bruna sullo sfondo della regione centrale della Via Lattea. Per la loro luminosità estremamente bassa è piuttosto complicato individuare la presenza di queste “stelle mancate”. Crediti immagine originale: NASA / NOIRLab / NSF / AURA / P. Marenfeld / William Pendrill
Una nana bruna è una stella mancata. Un astro che, per la sua massa ridotta, non è riuscito ad accendere nel suo nucleo le reazioni di combustione nucleare che sono invece ben attive nelle stelle. Un gruppo di astronomi ha pubblicato un accurato studio riguardante una nana bruna scoperta tre anni fa in circostanze fortuite mettendo in luce alcune importanti caratteristiche di questo corpo celeste. La sua veneranda età e il fatto che si trovi a una cinquantina di anni luce dal Sole gettano una nuova luce su questa popolazione di astri.
The Accident
Il nome ufficiale della nana bruna è WISEA J153429.75−104303.3 e la sua individuazione risale al 2018. Autore della scoperta, avvenuta in modo casuale, è il cittadino scienziato Dan Caselden. Come altri appassionati di tutto il mondo, Caselden aveva aderito a Backyard Worlds: Planet 9, uno dei numerosi progetti di ricerca scientifica lanciati dalla piattaforma Zooniverse e seguiti ormai con passione da oltre un milione di persone. Il progetto nasce dalla collaborazione di Zooniverse con la NASA, l’Università di Berkeley, l’American Museum of Natural History di New York, l’Arizona State University e lo Space Telescope Science Institute di Baltimora e il suo obiettivo è l’individuazione di nuove nane brune nelle vicinanze del Sistema solare. In pratica, agli appassionati viene richiesto di esaminare le immagini raccolte nel corso della missione Wide-field Infrared Survey Explorer (WISE) della NASA e distinguere gli oggetti celesti reali dagli inevitabili artefatti che talvolta si generano in tali immagini. La forza del progetto sta proprio nel numero di appassionati, in grado di far fronte alla messe di dati raccolti.
Nella mattinata del 3 novembre 2018, Caselden notava qualcosa di curioso in una sequenza di riprese, qualcosa di molto indistinto che si stava muovendo velocemente nel campo stellare. Lo strano oggetto, al quale Caselden appioppava il nomignolo di The Accident (letteralmente: incidente, evento fortuito), veniva immediatamente segnalato agli astronomi che seguono il progetto. In breve tempo si è potuto appurare che non si trattava di un artefatto, bensì di un reale corpo celeste caratterizzato da una bassissima luminosità, situato a una cinquantina di anni luce di distanza e che stava sfrecciando per la Galassia a circa 200 chilometri al secondo.
Il breve video mostra (nell'angolo in basso a sinistra) il rapido movimento di The Accident. Appare molto evidente come si tratti di un oggetto estremamente elusivo, il che giustifica la casualità della sua individuazione. I dati provengono dal telescopio orbitante NEOWISE (Near-Earth Object Wide-Field Infrared Survey Explorer) della NASA. Crediti video: NASA / JPL-Caltech / Dan Caselden
Le caratteristiche indicano che ci troviamo in presenza di una nana bruna, un oggetto substellare la cui massa è insufficiente per poter innescare la combustione nucleare dell’idrogeno. Gli astronomi ritengono che, tipicamente, una nana bruna abbia una massa compresa tra 13 e 80 volte la massa di Giove, ma quali siano i confini precisi è ancora piuttosto dibattuto. Dato che una nana bruna riesce a innescare solamente la fusione del deuterio e (per quelle di maggiore massa) del litio, la produzione di energia è estremamente limitata nel tempo e il destino di questi corpi celesti è un lento e graduale raffreddamento. Conosciamo nane brune con temperature superficiali intorno ai 2000 °C e altre, evidentemente più antiche, che raggiungono a malapena i 200 °C.
Benché ipotizzate teoricamente nel 1963 dall’astrofisico di origini indiane Shiv Kumar, fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso si conosceva solamente un possibile caso di nana bruna: il piccolo oggetto substellare compagno di GD165, una nana bianca della costellazione di Bootes che si trova a 103 anni luce dalla Terra. Per la prima individuazione certa di una nana bruna si dovrà attendere nel 1995 la scoperta di Teide 1 nell’ammasso delle Pleiadi. Le notevoli difficoltà nell’individuazione di questi corpi celesti sono soprattutto dovute al fatto che gran parte della loro radiazione viene emessa nella regione infrarossa dello spettro elettromagnetico. A tutt’oggi sono state classificate circa 2000 nane brune.
Un oggetto davvero particolare
Posta immediatamente sotto stretto controllo, la nana bruna individuata da Caselden ha mostrato caratteristiche piuttosto insolite, tanto da indurre Davy Kirkpatrick, senior scientist presso l’IPAC (Infrared Processing and Analysis Center) di Pasadena, e collaboratori a esaminarla in modo più approfondito. La luminosità della nana bruna, infatti, lasciava molto perplessi gli astronomi: mentre ad alcune lunghezze d’onda l’astro appariva molto debole, suggerendo dunque un’età ragguardevole, ad altre lunghezze d’onda si mostrava più luminoso, segno di una temperatura più elevata e di un’origine più recente.
Per sincerarsi che la debole luminosità di The Accident non fosse dovuta a una errata valutazione della sua distanza, i ricercatori hanno combinato i dati astrometrici raccolti da WISE con quelli dei telescopi spaziali Spitzer e Hubble ottenendo la conferma che la nana bruna si trova effettivamente a 53 anni luce e che si sta muovendo a 207 km/s (circa 750 mila km/h). Kirkpatrick e collaboratori hanno inoltre raccolto ulteriori osservazioni infrarosse sia con il telescopio Keck con base alle Hawaii che con il telescopio spaziale Hubble pubblicando lo studio dettagliato di The Accident sull'Astrophysical Journal.
Lo scenario suggerito dagli astronomi prevede che le strane proprietà della nana bruna possano dipendere da un’età molto avanzata, stimata tra i 10 e i 13 miliardi di anni. Tenendo conto degli elementi disponibili a quell’epoca, una formazione così remota comporta che la composizione iniziale di The Accident fosse pressoché interamente di idrogeno ed elio. Questo sarebbe in linea con il suo profilo luminoso che, a differenza di quanto solitamente si osserva nelle nane brune, rivela una davvero esigua presenza di metano: l’andamento della sua luminosità, infatti, mostrerebbe una maggiore intensità proprio alle lunghezze d’onda solitamente assorbite dalla molecola di metano.
La presenza di una nana bruna così antica nelle vicinanze del Sistema solare pone però un’altra serie di interrogativi. È pur vero, infatti, che nella Galassia possano esistere simili corpi celesti, ma dovrebbe trattarsi di una popolazione davvero esigua e quindi la sua presenza da queste parti sarebbe da considerare un’autentica rarità. Se così non fosse, sarebbe necessario mettere mano alle valutazioni sull’entità della popolazione di queste stelle mancate. Il fatto, poi, che The Accident si sposti a una velocità così elevata – molto più elevata di quella che caratterizza le altre nane brune che si trovano a simili distanze – potrebbe suggerire che il suo viaggio nella Galassia sia stato probabilmente influenzato (e accelerato) da occasionali incontri con oggetti più massicci.
Una nana bruna davvero particolare, dunque, e per questo estremamente importante. Lo sottolinea chiaramente lo stesso Kirkpatrick: «Questa scoperta ci dice che, in termini di composizione, la varietà di nane brune è più ampia di quanto visto finora. Probabilmente, là fuori ce ne sono anche di più strane e noi dobbiamo trovare il modo di poterle osservare».