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La sfida dell’IA per l’Italia: colloquio con Nicolò Cesa-Bianchi

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A metà novembre i quattro atenei milanesi, Statale, Bicocca, Bocconi e Politecnico, hanno annunciato la nascita di una unità locale di ELLIS, l’associazione europea di ricercatori sull’intelligenza artificiale e il machine learning. Una settimana dopo il Consiglio dei Ministri ha approvato il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale per il triennio 2022-2024, sviluppato dal Ministero dell’Università e della Ricerca insieme al Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale. In un certo senso, l’accordo stretto dalle quattro università milanesi per collaborare all’interno di ELLIS rappresenta un esperimento su scala metropolitana di quello che il Programma Strategico vorrebbe che avvenisse a livello nazionale. Abbiamo parlato di questi temi con Nicolò Cesa-Bianchi, informatico all’Università Statale di Milano e attuale coordinatore della ELLIS Unit milanese.

Cos’è ELLIS? E che cos’è una ELLIS Unit?

ELLIS è un’associazione nata dal basso alla fine del 2018. Un gruppo di scienziati europei si è posto l’obiettivo di lavorare affinché l’Europa mantenga la sovranità tecnologica nell’ambito dell’intelligenza artificiale e del machine learning, un campo in cui Asia e America esercitano un controllo quasi esclusivo. Si tratta di un ambito strategico, dal punto di vista industriale, militare ma anche sociale. Questo gruppo di scienziati, inizialmente una decina, è rapidamente cresciuto perché tutti noi avevamo ben presente quello che stava succedendo. Aspettavamo un catalizzatore che ci mettesse assieme e ci facesse lavorare in modo coordinato e organizzato.

Intelligenza artificiale e machine learning. Questi due termini vengono usati a volte come sinonimi. Ci può dire come li intende lei?

L’intelligenza artificiale è nata alla fine degli anni Cinquanta e il machine learning nasce al suo interno come una delle tecnologie per sviluppare applicazioni di IA. Poi è cresciuta come una disciplina autonoma e si è andata costituendo una comunità scientifica separata da quella dell’IA cosiddetta classica. Ovviamente sono due comunità molto interconnesse, ma non sono identiche. Adesso si parla molto di machine learning perché la disponibilità di dati digitali in grande quantità e di grande capacità di calcolo a basso costo hanno reso possibile sviluppare il machine learning a un livello che vent’anni fa era impensabile. La rivoluzione è in atto dagli anni Novanta, in quel decennio il baricentro dell’IA si è spostata dal paradigma logico al paradigma statistico, cioè quello guidato dai dati. In altre parole, il machine learning è diventato così la maggior tecnologia abilitante per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Sarà sempre così? Difficile dirlo, ma probabilmente no. Per ora usiamo gli strumenti che sappiamo far funzionare meglio e di cui abbiamo una comprensione adeguata.

Quali sono gli obiettivi di ELLIS e come li sta perseguendo?

ELLIS vuole fare in modo che l’Europa tenga i suoi migliori talenti e attragga i migliori da fuori con l’obiettivo che le tecnologie basate sull’IA e sul machine learning in particolare abbiano ricadute sulle imprese e sull’economia europee. Per farlo, ELLIS usa tre strumenti. Il primo è quello delle Unit, una sorta di laboratori di eccellenza. In prima istanza non sono luoghi fisici e il caso di Milano è abbastanza paradigmatico. Tuttavia, in prospettiva le Unit potrebbero diventare degli ELLIS Institute, dei luoghi fisici in cui i ricercatori lavorano e collaborano. Questa cosa sta già succedendo in alcuni casi, come per esempio a Tübingen, uno dei maggiori nodi della rete ELLIS. È chiaro che il finanziamento per creare un istituto è di un ordine di grandezza diverso rispetto a quello necessario a mandare avanti una Unit, occorrono decine di milioni di euro che necessitano partneriati tra pubblico e privato. Il secondo strumento è il programma di dottorato europeo che alimenta un sistema di matching tra studenti che vogliono fare un dottorato in IA o machine learning e supervisori europei che cercano studenti bravi. Il terzo strumento è quello degli ELLIS fellows, ricercatori che si sono distinti nell’ambito del machine learning a livello scientifici, sono attivi nella promozione di ELLIS e offrono il loro tempo e le loro competenza per far funzionare la rete. In questo momento ci sono 380 fellows, mentre la rete totale ha più di 800 membri in 27 paesi. Tra questi 800 ci sono 158 ERC grantee (vincitori di bandi dell'European Research Council, ERC, ndr).

Come viene finanziata l’attività di ELLIS?

ELLIS si basa su donazioni e sponsorizzazioni industriali e, in qualche caso dalle istituzioni locali, come province e regioni. Esiste un programma di sponsorship ufficiale che definisce diversi livelli di contributo a cui corrispondono diversi privilegi riguardo all’interazione tra sponsor e ricercatori di ELLIS. E questo è importante perché vogliamo dare le stesse condizioni a tutti, non negoziare in modo diverso a seconda che tu sia in un posto o nell’altro.

Come si è arrivati alla candidatura di una ELLIS Unit milanese? E come verrà finanziata?

Le quattro università erano fortemente d’accordo nel sostenere questo progetto e hanno lavorato insieme per creare le condizioni affinché questa proposta potesse essere inviata. Non era scontato mettere insieme quattro atenei che sono in competizione nella stessa area di ricerca. Per farlo ci voleva un tema forte e strategico, come quello dell’IA. È chiaro a tutti che non può essere affrontato su piccola scala ma ha bisogno di un’aggregazione di forze. In più è un tema interdisciplinare per eccellenza, per cui, sfruttando la complementarità nelle competenze dei quattro atenei è facile avere un laboratorio condiviso che copre un ampio spettro di competenze e che quindi risulti attrattivo da tanti punti di vista. Le sponsorizzazioni della ELLIS Unit di Milano sono in corso di negoziazione. Abbiamo ricevuto varie manifestazioni di interesse, anche da parte di realtà industriali importanti. Speriamo di arrivare a concretizzare presto.

Gli sponsor hanno un ruolo nell’indirizzare i temi di ricerca delle Unit che finanziano?

I benefici per gli sponsor sono tanti. Primo, quello di avere accesso agli studenti, per esempio nel caso di Milano sono gli studenti di quattro gruppi di ricerca molto competitivi, che attirano già in parte dottorandi da tutto il mondo. Inoltre, gli sponsor possono prendere parte alle iniziative di tipo scientifico organizzate della Unit, accedere a corsi di formazione e dare consulenza strategica nello sviluppo della Unit rispetto alla sua interazione con l’ecosistema locale. C’è anche la possibilità di fare degli education hub, cioè piccoli laboratori a cui partecipano persone di una particolare industria e ricercatori per lavorare su argomenti scelti insieme. La ELLIS Unit agevola questo tipo di collaborazioni perché crea un unico interlocutore scientifico per le industrie, e questo fa risparmiare energie e rende tutto il processo più efficiente.

Questa è una delle azioni incluse nella parte del Programma Strategico che riguarda la promozione delle applicazioni di IA in ambito industriale?

Sì, esatto. Le opportunità che l’IA offre sono determinate dalle competenze preesistenti. L’IA non è una tecnologia da scaffale che io compro e faccio funzionare nella mia industria il giorno dopo. Richiede uno sforzo di ingegnerizzazione e di comprensione della tecnologia che non è banale e richiede lo sviluppo di competenze che non esistono in molte realtà e aziende. Creare queste competenze parte dal lancio di corsi di laurea in IA, come abbiamo fatto qui alla Statale insieme all’Università Bicocca e a quella di Pavia, ma deve proseguire abilitando il trasferimento tecnologico nelle aziende.

Intende dire, creare domanda di tecnologie basate sull’IA nelle aziende?

Non credo sia un problema di domanda. Se non vediamo diffondersi a sufficienza questa tecnologia nelle aziende italiane o nella pubblica amministrazione, non è perché non ve ne sia il bisogno, ma piuttosto perché non abbiamo un numero sufficiente di persone per gestirla, svilupparla e manutenerla. Per invertire questa tendenza è necessario incentivare le aziende ad assumere, per esempio, persone che hanno appena finito un dottorato di ricerca su temi legati all’IA, attraverso esenzioni fiscali, come suggerisce di fare il Programma Strategico, in modo tale che a queste persone si possa offrire uno stipendio adeguato e non vadano all’estero mettendo a disposizione le conoscenze adeguate a garantire la transizione verso queste tecnologie. Non solo, vogliamo partecipare allo sviluppo di queste tecnologie, non essere utenti passivi. E questo sia a livello europeo che nazionale.

Il Programma Strategico parte dal presupposto che l’Italia abbia la statura scientifica per partecipare a questo processo. Cosa ne pensa?

L’Italia è tradizionalmente un paese in primo piano nella ricerca sull’IA. Secondo la classifica SCIMago, l’Italia è ottava per qualità delle pubblicazioni tra il 1996 e il 2020 nell’ambito della computer science. Il problema è l’estrema frammentarietà della ricerca in IA in Italia e ci sono già stati tentativi di coordinamento, anche ben riusciti, come quello del Laboratorio Nazionale di Artificial Intelligence and Intelligent Systems del CINI. Il PNRR prevede la nascita di un partenariato nazionale sull’IA che dovrebbe rafforzare questa operazione di coordinamento.

L’esperimento della ELLIS Unit di Milano può essere visto come un esperimento su scala metropolitana di quello che la strategia nazionale per l’IA vorrebbe che accadesse a livello nazionale?

In un certo senso sì. Infatti, è una bella cosa che la ELLIS Unit sia arrivata nel momento in cui è stato annunciato il PNRR e il Programma Strategico sull’IA. È naturale pensare che la nostra Unit possa fare da nucleo per uno degli spoke di questo nascente partenariato, su cui stiamo già lavorando a livello nazionale per cercare di essere pronti quando uscirà il bando vero e proprio, verso la primavera. Il PNRR è un enorme occasione che non dobbiamo sprecare. È un finanziamento significativo che dovrà davvero essere sfruttato per ottenere un progresso significativo dello stato dell’arte dell’IA in Italia.

Nel Programma Strategico sull’IA viene sottolineato il problema del sotto-finanziamento della ricerca, dell’incapacità di attrarre talenti dall’estero e della tendenza di perdere quelli che abbiamo formato, la disuguaglianza di genere. Tutti questi problemi sono comuni a tutte le discipline dell’area STEM. Quali sono le caratteristiche distintive della ricerca in IA rispetto al resto delle discipline STEM che possano essere sfruttate come leve per il cambiamento?

Facendo una passeggiata nel programma di NeurIPS, il più grande convegno mondiale di machine learning che è in corso proprio in questi giorni, ci si accorge facilmente che il settore dell’IA si trova all’interfaccia di tantissime altre discipline. È una posizione privilegiata perché mette insieme tante figure diverse: fisici, matematici, statistici, teoria dei giochi, cognitivisti, psicologici, giuristi, filosofi. In più è una comunità giovane e ad altissima espansione. In NeurIPS l’età media è molto bassa e il 50% degli iscritti ogni anno partecipa per la prima volta. Negli ultimi anni, il numero di partecipanti è cresciuto del 40% ogni anno. Questa combinazione di discipline diverse e giovane età fa sì che ci sia un’enorme sensibilità verso le disuguaglianza di genere e della diversità più in generale, temi su cui anche ELLIS è molto attiva.

Il Programma Strategico pone l’accento anche sulla necessità di potenziare la formazione in ambito IA, sia nelle scuole superiori che all’università. La vostra ELLIS Unit cosa si propone di fare in questo senso?

L’accordo che hanno firmato i rettori per costituire la ELLIS Unit prevede una forte collaborazione a livello del dottorato di ricerca, in particolare condividere i corsi di dottorato e mettere insieme le risorse per invitare esperti stranieri a tenere workshop per i nostri studenti. Poi intendiamo favorire l’interazione a livello di ricercatori post-doc. I post-doc fioriscono se possono parlare con altri. Io incoraggio sempre gli studenti del mio gruppo a parlare non solo fra di loro ma anche con gli studenti di altri gruppi di ricerca per far partire nuovi progetti. Mettendo insieme quattro atenei possono nascere cose molto interessanti.

La conversazione è stata rivista per brevità e chiarezza.

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