fbpx Il finanziamento della ricerca biomedica in Italia e all'estero | Scienza in rete

Il finanziamento della ricerca biomedica in Italia e all'estero

Primary tabs

Il commento del Patto Trasversale per la Scienza sul PNRR e alcuni suggerimenti per permettere alla ricerca italiana di essere finanziata e gestita in modo comparabile alle altre nazioni avanzate.

Crediti immagine: Trnava University/Unsplash

Tempo di lettura: 3 mins

Grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), si offre l’opportunità, forse storica, di modificare il sistema del finanziamento della ricerca in Italia, avvicinandolo a quelli dei più importanti paesi occidentali. Già in precedenza, il Patto trasversale per la Scienza (PTS) ha sottolineato l’esiguità dei fondi destinati alla ricerca e la necessità di ottimizzare e razionalizzare l’uso delle risorse disponibili. Quali sono le prospettive attuali?

Con qualche approssimazione, il finanziamento del PNRR direttamente dedicato alla ricerca cosiddetta “di base” (sarebbe meglio definirla “pura”) è previsto essere di circa 6 miliardi di euro. Molti meno di quanto sperato dagli scienziati italiani e molto probabilmente insufficienti per colmare la distanza che ci separa da tutti i paesi occidentali economicamente avanzati. Inoltre, la legge di bilancio del 2022 ha di fatto cancellato l’istituzione di un'Agenzia Centrale della Ricerca, sollecitata da anni da molti scienziati italiani e proposta dal precedente governo. Tuttavia, guardando alla maggioranza dei paesi occidentali con consolidate tradizioni nel campo del finanziamento alla ricerca, rimane la necessità di un migliore coordinamento delle risorse nazionali che renda la procedura di assegnazione dei fondi, agile, trasparente ed esclusivamente basata sul merito.

Riferendoci per semplicità alla sola ricerca biomedica, offriamo alcuni suggerimenti di semplice attuazione a bassissimo costo.

  1. Bandire con tempistiche certe progetti liberi su temi coerenti con le necessità generali della ricerca in Italia e che promuovano innovazione. Le procedure di partecipazione ai bandi dovrebbero essere estremamente semplificate rispetto alle attuali che, a causa di una burocrazia ipertrofica, frenano spesso la partecipazione di molti ricercatori, soprattutto se non supportati da importanti strutture organizzative/amministrative.
  2. Garantire che la valutazione delle proposte sia basata su un attento sistema di “peer review”. A tal fine, riteniamo che sia necessario assicurare la presenza nelle commissioni di un elevato numero (almeno del 75%) di esperti appartenenti ad Istituzioni estere, e di comprovata esperienza nelle tematiche oggetto dei bandi. La partecipazione alle commissioni dovrebbe rispettare limiti temporali ed essere di massimo due mandati non replicabili per ogni singolo revisore.
  3. Incoraggiare bandi per singoli ricercatori/laboratori di ricerca, limitando i “progetti a filiera” per evitare maxi aggregazioni in progetti che, essendo inevitabilmente in numero limitato, vanificano l’attività di una “peer review” rigorosa e competitiva.
  4. Garantire che i giovani ricercatori (cui, comprensibilmente, è riservata una parte dei finanziamenti) siano identificati come tali non dall’età anagrafica ma dagli anni trascorsi dal conseguimento del dottorato di ricerca o dell’ultimo titolo di studio.
  5. Diversificare i bandi specifici per la ricerca da quelli che erogano fondi per strutture o infrastrutture relative.
  6. Allestire un unico portale liberamente consultabile che informi relativamente a: i) bandi disponibili, ii) revisori; iii) risultati delle procedure di selezione dei progetti da finanziare e del monitoraggio dei progetti già finanziati. Quest’ultimo dovrebbe prevedere sia il monitoraggio in itinere e alla conclusione, sia un’analisi di impatto 3-5 anni dopo la fine del finanziamento per valutare i risultati in termini di pubblicazioni, brevetti e, nel caso di finanziamenti per strutture ed infrastrutture, in termini di coinvolgimento in ambito nazionale e internazionale e di sostenibilità economica.

Sottolineiamo che questi cambiamenti, poco costosi e di facile attuazione, dimostrerebbero una chiara volontà del Governo di cambiare rotta per permettere finalmente alla ricerca italiana di essere finanziata e gestita in modo comparabile alle altre nazioni avanzate.

*Per il PTS: Piergiuseppe De Berardinis, Vincenzo Guardabasso, Micaela Morelli, Guido Poli, Vincenzo Trischitta; in collaborazione col Prof. Antonio Musarò, Università “La Sapienza” di Roma
Una versione estesa del presente articolo è consultabile sul sito del PTS: https://www.pattoperlascienza.it/2022/03/21/il-finanziamento-della-ricer...

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Frozen zoo: l’ultima arca per salvare la biodiversità animale

una mano estrae un contenitore congelato

Nei laboratori di tutto il mondo, il DNA di specie estinte e a rischio è custodito in serbatoi d’acciaio a -196°C. Sono “arche congelate” che potrebbero un giorno riportarle in vita, ma tra promesse scientifiche ed etica, la conservazione della biodiversità si gioca sul filo del freddo.

Si può conservare un’informazione genetica in una cassaforte con la stessa cura che si riserva a opere d’arte e metalli preziosi? Così come nelle isole Svalbard, dal 2008, sono conservati a 18 gradi sottozero circa mezzo milione di semi delle principali colture agricole del pianeta, più recentemente si sono sviluppati progetti – forse ancora più ambiziosi e più urgenti – che hanno come obiettivo la conservazione di materiale genetico animale.