fbpx Dai Maya alla e-cig: fumare un’abitudine antica, ma smettere è possibile | Scienza in rete

Dai Maya alla e-cig: fumare un’abitudine antica, ma smettere è possibile

Dal perché s'inizia a fumare ai danni del tabacco e a quanto sappiamo delle e-cig, fino all'effetto sull'ambiente delle sigarette e alle modalità di prevenzione e cessazione del tabagismo: una panoramica sul fumo, anche in termini storici, di Valentina Meschia.

Crediti immagine: Mikael Seegen/Unsplash

Tempo di lettura: 33 mins

Gli antichi Maya che popolarono l’America centrale e latina (Mesoamerica) vengono ricordati con fascino e ammirazione per i loro imponenti templi, per i calendari rituali, per l’arte, i geroglifici, la matematica e il mais. Ma risale proprio alle civiltà precolombiane anche la storia del tabacco e delle prime sigarette, ottenute avvolgendo il tabacco tritato nelle foglie di pannocchia. Alcuni bassorilievi maya ritraggono i sacerdoti mentre fumano per scopi religiosi e riti magici. L’abitudine al fumo è quindi antichissima e rappresenta oggi uno dei più grandi problemi di sanità pubblica a livello mondiale. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce il fumo come “prima causa al mondo di morte evitabile che ogni anno uccide quasi 8 milioni di persone”.

Perché si inizia a fumare?

Oltre settant'anni di evidenze scientifiche portano a una conclusione univoca: il fumo fa male alla nostra salute, a chi ci sta intorno (animali compresi) e anche all’ambiente. Eppure, oggi come in passato si continua a fumare e i motivi che portano a farlo, gira e rigira, sono sempre gli stessi: dimostrare di essere grandi, trasgredire alle regole, fare un dispetto a mamma e papà, compiacere agli amici, soddisfare una curiosità, con la profonda convinzione di poter smettere quando si vuole tanto “è solo per una volta”. Si inizia a sfumacchiare intorno ai 14-17 anni, ma c’è chi ha accesso la sua prima sigaretta durante la scuola media. Il picco maggiore si ha alle superiori, quando si acquisisce maggior autonomia e libertà, e la sigaretta viene vista come un rito di passaggio all’età adulta. Secondo i dati diffusi dall’indagine internazionale “Global Youth Tobacco Survey”, raccolti per l’Italia dall’Istituto Superiore di Sanità, già fra 13 e i 15 anni un ragazzo su cinque fuma quotidianamente le sigarette tradizionali, mentre il 18% utilizza sigarette elettroniche. Le ragazze sono fumatrici abituali di sigaretta tradizionale nel 24% dei casi, contro il 16% dei coetanei maschi, mentre utilizzano regolarmente la sigaretta elettronica il 22% dei maschi e il 13% delle femmine.

La fascia di età dell’iniziazione al fumo di sigaretta è quella della scuola secondaria di primo grado (10-13 anni). Il fumo fa male da subito, smettere fa bene da subito, ma in alcune età è più pericoloso di altre, e una di queste è proprio l’adolescenza: età cruciale in cui il corpo cambia, si sviluppa, capacità polmonare inclusa. Con il fumo questo meccanismo si inceppa: i polmoni si infiammano, si espandono meno e i flussi d’aria si riducono. Un lavoro pubblicato sull’American Journal of Public Health evidenzia come gli adolescenti nel giro di tre anni instaurino una dipendenza strutturata e le famose 2-3 sigarette fumate con gli amici possono diventare anche 1-2 pacchetti al giorno, e l’incidenza è maggiore quando un membro della famiglia è un fumatore.

Campagne di informazione e progetti scolastici (ne sono esempi i progetti pilota La scuola della Salute: me la vivo bene promosso dal Ministero dell’Istruzione e Fondazione IRCCS - Istituto Nazionale dei Tumori, e LIFE+ Gioconda), costi maggiori dei pacchetti di sigarette, maggior controllo nella vendita potrebbero essere alcune strategie per disincentivare i giovanissimi a iniziare a fumare.

Un’abitudine sempre più al femminile

In Italia, così come nel mondo, negli ultimi trent'anni si è osservato da una parte un calo dei fumatori uomini, ma dall’altra un aumento di fumatrici tra donne e adolescenti. Questo cambio di tendenza ha portato a una crescita costante del tumore al polmone anche nel sesso femminile, diventando quindi un big killer non solo più maschile ma di entrambi i sessi. Uno studio italiano pubblicato su Tumori Journal mostra come il numero di fumatrici dal 2016 al 2017 sia aumentato da 4,6 milioni a 5,7. Il motivo? Negli ultimi sessant'anni, nella sua ricerca di emancipazione, la donna è stata bersaglio facile delle campagne delle multinazionali del tabacco che hanno veicolato l’idea che fumare equivale all’essere libere, indipendenti, capaci. In più, per una donna lavoratrice impegnata anche nella gestione dei figli, delle faccende domestiche e negli impegni familiari, il fumo può essere visto come una risorsa per sostenere l’impegno richiesto.

Sai cosa fumi?

Sono 4.000 (se non di più) le sostanze liberate dalla combustione del tabacco alla temperatura di 800 °C, di cui almeno 250 sono tossiche (es. polveri sottili), 62 cancerogene (idrocarburi aromatici policiclici come benzopirene, dibenzoantracene, amine aromatiche), e tre le più importanti: nicotina, una vera e propria droga capace di dare più dipendenza dell’eroina e della cocaina (dimostrato biochimicamente nel ’96 da Neal Benowitz); monossido di carbonio, responsabile di ictus e infarto, si comporta come un ladro di ossigeno, legandosi all’emoglobina con maggior affinità dell’ossigeno; catrame che depositandosi nei polmoni ha un effetto cancerogeno (ha la stessa composizione di quello utilizzato per l’asfaltatura). E poi: acido cianidrico, ammoniaca, toluene, perossido di idrogeno, formaldeide, arsenico, berillio, cadmio, cloruro di vinile, cromo, ossido di etilene, nichel, polonio-210 (sostanza radioattiva) e additivi chimici per conferire maggior appetibilità, soprattutto tra i giovani (menta, vaniglia…).

Cosa si ‘scatena’ dentro di noi

Tumore al polmone sì, ma non solo. In letteratura sono riportate più di trenta patologie fumo-correlate, alcune delle quali indotte anche dal cosiddetto fumo passivo – involontario -, considerato dallo IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) come quello attivo, cancerogeno di tipo 1 (come l’amianto per intenderci).

Tumori. Il fumo è la prima causa evitabile di cancro e nove neoplasie polmonari su dieci sono dovute al fumo; il rischio aumenta anche in chi non fuma ma vive a contatto con un fumatore. Oltre ai tumori dell’apparato respiratorio, sono legati all’uso del tabacco anche i tumori di bocca, laringe, esofago, stomaco, pancreas, rene, collo dell’utero e vescica (quest’ultima in particolare è sensibile all’azione cancerogena delle amine aromatiche contenute nelle sigarette, derivate dell’anilina e utilizzate anche nelle industrie dei coloranti).

Cuore e circolazione. Il tabagismo, in particolare per l’azione di nicotina e monossido di carbonio, è responsabile dell’aumento del rischio di sviluppare malattie del sistema cardiovascolare (come infarto, ictus, trombosi, embolia, arteriosclerosi, aneurisma dell’aorta addominale), specialmente se associato ad altre condizioni come il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’inattività fisica, l’uso di contraccettivi ormonali, l’età non più giovane (nelle donne fumatrici in menopausa viene meno il ruolo protettivo degli estrogeni e aumenta il rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari gravi). La nicotina di per sé non è cancerogena, ma è considerata una sostanza tossica, responsabile non solo della forte dipendenza fisica, ma anche di alterazioni a livello dell’apparato cardio-cerebro-vascolare. Questa molecola ha un’azione vasocostrittrice, cioè riduce lo spazio interno (lume) dei vasi sanguigni, determinando un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, nuocendo così al sistema circolatorio. Tale effetto è incrementato dal monossido di carbonio che si libera dalla combustione del tabacco: questo gas, legandosi ai globuli rossi al posto dell’ossigeno, porta a ipossia (mancanza di ossigeno nei tessuti) e alla formazione di radicali liberi che danneggiando la parete dei vasi, favoriscono l’insorgenza di ictus e infarto.

Polmoni e respiro. La bronchite cronica ostruttiva (BPCO) è il destino del 20% dei fumatori; è una malattia fortemente invalidante, che provoca infezioni ripetute e continue crisi di “fame d’aria” impedendo di fatto una vita normale. Ma possono insorgere anche enfisema, fibrosi polmonare e asma.

Sesso e intimità. Negli uomini, il fumo compromette la qualità del liquido seminale e causa infertilità e, agendo a livello circolatorio e neurologico, contribuisce ai problemi di impotenza sessuale. Nelle donne può aumentare i problemi di infertilità, di aborto spontaneo e di gravidanze extrauterine, e influenza gli equilibri ormonali (ciclo non regolare, menopausa precoce, osteoporosi accentuata).

Nicotina, “ricompensa” cerebrale

La dipendenza è dovuta alla nicotina, una molecola di origine vegetale appartenente alla famiglia degli alcaloidi, contenuta nelle foglie di tabacco (Nicotiana tabacum). Assorbita attraverso la mucosa respiratoria e gastrointestinale, la sua concentrazione nelle sigarette dipende dalla varietà di pianta utilizzata, dalle tecniche di coltivazione e dall’andamento stagionale. Gli studi mostrano come questo alcaloide, al pari di altre sostanze d’abuso, stimoli il sistema dopaminergico di gratificazione, ma la dipendenza generata può essere addirittura superiore a quella causata dal consumo di altre droghe come eroina e cocaina.

Meccanismo. Attraverso il circolo sanguigno, la nicotina raggiunge il cervello e agisce su tutte le aree cerebrali, modificandone la normale struttura. In particolare, interviene sul circuito di reward (o di ricompensa/piacere) e, stimolando specifici recettori, definiti appunto nicotinici, aumenta il rilascio del neurotrasmettitore dopamina, che tra le sue azioni genera una sensazione di piacere e soddisfazione. La dopamina è definita come mediatore del piacere e viene rilasciata non solo dopo l’assunzione di droghe, ma anche durante situazioni piacevoli come un lauto pasto o quando si fa l’amore.

Dipendenza. La dipendenza fisica da nicotina è legata alla necessità dell’organismo di mantenere elevati livelli di questo neurotrasmettitore. Per esempio, per chi fuma un pacchetto al giorno, la nicotina entra nel corpo con una frequenza media di 200 volte al giorno e raggiunge il cervello entro pochi secondi da ciascuna boccata di fumo. Con il passare del tempo, l’organismo si abitua a percepire un certo livello di nicotina in circolo e diventa possibile raggiungere una condizione di “normalità” solo quando si fuma regolarmente. Accanto alla dipendenza fisica, si instaura anche quella psicologica e fumare diventa un sostegno nel gestire diversi stati emotivi, come lo stress, il disagio, la rabbia, l’ansia e la solitudine. La sigaretta diventa un amico di fiducia, sempre disponibile. “Non so cosa farei senza il fumo”, “Ho paura di non poter vivere senza fumare”, sono tipiche espressioni di questo tipo di dipendenza. E quando la nicotina non è più disponibile, è possibile che il fumatore provi un forte senso di privazione e perfino panico.

Questione di geni

Gli studi mostrano sempre più l’esistenza di una correlazione tra dipendenza e predisposizione genetica. Nel tabagismo i geni coinvolti sono CHRNA3 e CHRNA5 a livello del recettore della nicotina. Le prove, infatti, mostrano che il 20% di chi vuole smettere di fumare ha una forte dipendenza che sembra essere correlata a un particolare polimorfismo (forme diverse dello stesso gene) a livello di CHRNA5. La presenza di geni del rischio rende difficile smettere di fumare da soli e l’efficacia dei farmaci nella terapia anti-fumo dipende proprio dalle varianti presenti nel DNA del fumatore.

Gli studi sono volti in questa direzione: conoscere le varianti (polimorfismi), a livello di questi geni o di altri, permetterà di sviluppare terapie personalizzate in base al proprio fattore genetico tramite un semplice prelievo di sangue.

20 sigarette = 25 radiografie al torace

I dati sulla radioattività del polonio contenuto nelle sigarette sono noti da diverso tempo e su questo tema è stata pubblicata sul Journal of Oncology un’importante review. Nell’ambito del progetto Help-Mild, in collaborazione con l’Università di Bologna e con l’ENEA, sono state campionate dieci delle marche di sigarette più vendute, alla ricerca del polonio-210 e del suo precursore, il piombo-210. In tutte sono state trovate approssimativamente le stesse quantità di isotopi (in media 13,5 mBq per il piombo e 15 mBq per il polonio), per ogni sigaretta. Partendo da questo dato, il rischio biologico per un fumatore di 20 sigarette al giorno per un anno, è paragonabile a quello di 25 radiografie al torace: questo vuol dire che circa 5.000 tumori l’anno sono attribuibili al solo polonio. Il polonio viene assorbito dalle piante di tabacco dai fertilizzanti usati e quando si fuma viene inalato nei polmoni dove si fissa soprattutto nei bronchi, manifestando la sua attività cancerogena. Anche il piombo si fissa nei polmoni e lentamente si trasforma in polonio. La correlazione è ormai accertata e chi fuma deve essere informato anche di questa spiacevole verità, di cui si parla ancora troppo poco.

Polmoni come spugne e fumo passivo

Secondo i dati dell’OMS, ogni anno nel mondo almeno 4 milioni di persone muoiono a causa dell’inquinamento indoor. Contrariamente a quanto si pensa, la maggior parte delle sostanze inquinanti con cui si viene a contatto si trova nei luoghi chiusi, nelle nostre case e auto, invece che all’aperto. Ogni giorno, la maggior parte di noi passa gran parte del suo tempo al chiuso: casa, auto, uffici, aule, negozi, palestre, centri commerciali, autobus, metropolitane, ospedali... Le ricerche mostrano come in media gli spazi indoor siano più inquinati di quelli al chiuso. E il fumo di sigaretta è di gran lunga il fattore che più influenza la qualità dell’aria indoor: basti pensare che le polveri sottili rimangono sospese nell’aria anche fino a nove ore per poi depositarsi su pavimenti, mobili, vestiti e oggetti (fumo “di terza mano”), a cui si aggiunge l’inquinamento dato da altre sostanze come prodotti per la casa, candele, incensi, materiali per la costruzione di mobili e per la ristrutturazione. Particolarmente esposti al fumo di terza mano sono infanti e bambini poiché passano molto tempo sul pavimento e portano spesso oggetti alla bocca. Nel 2000 l’OMS ha inserito tra i diritti fondamentali quello di respirare aria pulita nella propria abitazione.

Otto ore di fumo passivo equivalgono a ben tre sigarette fumate. Com’è possibile? Il fumo passivo è più freddo rispetto a quello attivo, le sostanze volatili evaporano, ma le polveri sottili si concentrano e vengono respirate tutte: non basta quindi arieggiare la stanza o se si è in auto tirare giù il finestrino. Neppure serve a molto fumare sul balcone o appena fuori da un locale perché, come dimostrato da misurazioni eseguite dai ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori (INT) di Milano, i polmoni continuano a emettere parte delle molecole nocive per alcuni minuti dopo che si è spenta la sigaretta e il fumatore, rientrando in casa, al ristorante o in discoteca diventa fonte di inquinamento.

Il fumo passivo è una delle cause più diffuse di riacutizzazioni asmatiche e i bambini sono i più esposti, poiché i loro polmoni sono come spugne che tendono ad assorbire tutto quello che arriva senza discriminare e in rapporto al peso corporeo inspirano un volume d’aria maggiore. Negli ultimi anni l’asma infantile è aumentata in maniera notevole, soprattutto nelle zone urbane e inquinate: nel nostro Paese colpisce ormai un bambino su dieci ed è una delle più rilevanti cause di assenza scolastica e ricorso al pediatra, fino a gravi crisi con necessità di ricorrere al Pronto Soccorso. Potenziali effetti del fumo passivo si hanno anche sul feto e questo può portare a parti prematuri, basso peso alla nascita, fino alla drammatica “sindrome della morte improvvisa nella culla” (SIDS).

I nostri polmoni sono delle vere spugne: ricevono l’aria dall’ambiente esterno tramite l’inspirazione e la filtrano. Sostanze con diametro inferiore a 3 micron però possono depositarvisi e danneggiarli. Temutissime sono infatti le polveri sottili (dette PM2,5) liberate per esempio dalla combustione della sigaretta e presenti nello smog.

L’esperimento del fazzoletto. Per dimostrare come il fumo di sigaretta contiene delle sostanze e come i nostri polmoni sono in grado di catturarle basta prendere un fazzoletto di cotone bianco e accendere una sigaretta, procedendo come segue: 1) fare un tiro senza aspirare il fumo e poi soffiare nel fazzoletto bianco: si vedrà comparire sul fazzoletto un alone marroncino; 2) fare un secondo tiro aspirando e poi soffiare nel fazzoletto: in questo caso non comparirà nulla.

Mondo animale

Gli studi hanno dimostrato che il fumo passivo danneggia non solo gli esseri umani ma anche gli animali con cui convivono. Esso, infatti, è associato allo sviluppo di tumori linfonodali, nasali e polmonari, oltre ad allergie, patologie oculari e cutanee e problemi respiratori sia nel cane che nel gatto, ma anche in uccellini, pappagalli, conigli, roditori e altri animali da compagnia. Oltre al fumo respirato entra in gioco - come abbiamo visto - il fumo di terza mano che, depositandosi su pelo, tappeti, letti, divani, mobili, oggetti e vestiti rappresenta un importante problema per la salute dei pet: leccandosi o prendendo qualcosa in bocca ingeriscono sostanze nocive che danneggiano il loro organismo.

Da un sondaggio su 3.293 proprietari di animali, condotto dal Center for Health Promotion and Disease Prevention (Detroit, Michigan) e pubblicato sulla rivista Tobacco Control del British Medical Journal, è emerso che un fumatore su tre smetterebbe di fumare sapendo che il fumo passivo danneggia il proprio pet, mentre un fumatore su dieci chiederebbe ad altri fumatori conviventi di smettere per lo stesso motivo. Gli animali domestici possono quindi aiutare il proprietario a smettere di fumare e a rendere la loro abitazione smoke-free.

Effetto tettoia

Si può essere esposti a fumo passivo anche in spazi apparentemente aperti come ballatoi, ingressi o stadi, poiché la parziale copertura porta a ristagno dei prodotti emessi dalle sigarette. Questo effetto è stato portato alla luce nell’aprile 2011 da uno studio condotto dall’INT allo Stadio Giuseppe Meazza di Milano, durante l’accesa partita di calcio Inter-Lazio. A causa del fumo passivo si sono raggiunti elevati livelli di polveri sottili PM2,5 (tre volte maggiori rispetto all’esterno dello stadio), e concentrazioni di nicotina ambientale 26 volte superiori al piazzale antistante. I prodotti di ristagno, assieme all’inevitabile affollamento dello stadio, spiegano questi incredibili dati, il cui andamento ha rispecchiato quello della partita: nei momenti più intensi e decisivi a causa di un maggior numero di tifosi intenti a fumare si sono registrati dei picchi.

Per la prima volta al mondo, questi dati hanno messo in luce in maniera chiara il problema dell’esposizione al fumo passivo anche in ambienti aperti, del quale risentono soprattutto i bambini, le persone anziane, le donne in gravidanza, gli asmatici e i cardiopatici. Senza dimenticare gli stessi atleti che correndo e iperventilando per due ore assorbono ancora di più le polveri fini presenti nell’aria che respirano.

Concentrazione di polveri sottili (PM2,5) all’interno dello stadio (rosso) e all’esterno (verde), prima, durante e dopo la partita con i picchi in relazione ai momenti più accesi della partita.

Confronto concentrazioni di nicotina all’interno e all’esterno dello stadio, in funzione del tempo. Si ha un picco durante il primo tempo in concomitanza del momento più accesso e stressante della partita.

Inquinamento outdoor

Il fumo di tabacco contiene anidride carbonica, metano e biossido di azoto e contribuisce in larga misura all’inquinamento atmosferico e alla produzione di gas serra. Il fumo attivo e passivo contribuisce direttamente all’inquinamento atmosferico delle nostre città: nulla emette, infatti, tanto particolato quanto una sigaretta. Secondo una stima, le emissioni dei prodotti del tabacco equivalgono a tre milioni di voli transatlantici.

La combustione della sigaretta produce sostanze molto simili a quelle che si trovano in posti ad alta concentrazione di inquinanti. La differenza è che la concentrazione respirata da un fumatore è molto più elevata. Le sostanze principali in comune tra i due fenomeni sono il monossido di carbonio e le polveri sottili, che in base alla loro dimensione vengono classificate in PM10, PM2,5, e PM1, a indicare le sostanze presenti nell’ambiente in forma di particolato con un diametro inferiore rispettivamente a 10, 2,5 e 1 micrometri, ovvero millesimi di millimetro. I ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori hanno dimostrato che una sigaretta inquina di più di un motore diesel e benzina e tre volte più di un tir, e che servono appena cinque sigarette per inquinare quanto una locomotiva.

Fumare anche all’aperto, quindi, è dannoso per la salute. Ma non solo: i ricercatori dell’INT hanno evidenziato che fumare in auto inquina venti volte di più di un diesel. Dopo quattro minuti, infatti, il fumo di sigaretta in 1 litro d’aria sprigiona nell’abitacolo 600.000 particelle di polveri sottili contro le 30.000 prodotte dalla vettura. Fumare una sigaretta in auto per circa otto minuti con finestrini chiusi e impianto di condizionamento in funzione porta a concentrazioni di polveri sottili superiori oltre dieci volte i limiti stabiliti per legge. (Valore limite giornaliero per PM10 è di 50 microgrammi al m3: nell’abitacolo è stato registrato un picco di 500 microgrammi per m3 di PM10 e PM 2,5).

I ricercatori dell’INT hanno anche dimostrato che a causa del fumo di sigaretta i cortili delle scuole superiori sono inquinati quanto le strade più trafficate. Sono stati rilevati i livelli di PM2,5 e PM1, particelle simile alle PM10 ma rispettivamente quattro e dieci volte più sottili e quindi molto più pericolose, potendo penetrare in profondità nei polmoni anche di chi non fuma, arrivando sino agli alveoli e da lì al sangue. Le PM2,5 prima dell’intervallo erano in media 8,3 microgrammi per metro cubo d’aria e sono salite a una media di 30,5 microgrammi nel corso dell’intervallo, con una punta massima di 90 microgrammi tra le 11 e le 11:05. Le PM1, prima della pausa erano pari a 1,3 microgrammi per poi salire a una media di 11,2 microgrammi con un massimo di 55 alle ore 11.

Lo stesso accade nelle aree pedonali, in particolare in estate nei fine settimana, quando alla sera si fanno le cosiddette “vasche”, mangiando un gelato e bevendo qualcosa al bar, senza pensare alle numerosissime sigarette che vengono accese, una dietro l’altra. Una singola sigaretta moltiplicata per tutti i fumatori presenti può far raggiungere livelli altissimi di polveri sottili. Misurazioni simili sono state condotte anche nei parchi pubblici. In uno spazio apparentemente ampio si è visto come le polveri sottili vicino a un fumatore sono alte e una sigaretta al parco inquina tre volte più dello smog. Le mamme fumatrici dovrebbero fare particolare attenzione quando portano i loro bimbi a giocare al parco, e così gli sportivi o chi si appresta a fare una semplice passeggiata. (Dal primo gennaio 2021 nel Comune di Milano vi è il divieto di fumo all’aperto nelle aree pubbliche dove vi siano persone nel raggio di dieci metri nei parchi, nelle aree cani, alle fermate dei mezzi pubblici, nei cimiteri, nei parchi gioco, negli impianti sportivi, stadio compreso).

Misurazione diretta in un parco milanese della quantità di polveri (PM10 in nero; PM2,5 in rosso; PM1 in blu), lontano e poi vicino a un fumatore, per dimostrare come anche all’aria aperta, stare intorno a chi fuma nuoce alla salute.

Misurazione diretta in un parco milanese della quantità di carbonio elementare (in nero) e organico (in blu, di cui è ricco il fumo di sigaretta), lontano e poi vicino a un fumatore, per dimostrare come anche all’aria aperta, stare intorno a chi fuma nuoce alla salute.

Di seguito la video-cronaca dell’esperimento di misurazione del fumo passivo in un parco milanese nell’ambito del progetto La Scuola della Salute: me la vivo bene con l’esperto Giovanni Invernizzi, mancato il 02.04.2013, soprannominato medico ‘anti-smog’ per il suo impegno nella ricerca sugli effetti di fumo di sigaretta e inquinamento.

Impatto ambientale e tonnellate di rifiuti

Non solo il fumo generato dalla combustione del tabacco inquina l’ambiente, ma anche tutto quello che ruota attorno a produzione, distribuzione e consumo. La coltivazione del tabacco, infatti, richiede sostanze chimiche, inclusi pesticidi e fertilizzanti, che possono inquinare le acque. Mentre per produrre 300 sigarette (15 pacchetti) si consuma un albero per il processo di essiccazione delle foglie di tabacco. E la deforestazione per le piantagioni ha gravi conseguenze ambientali (perdita della biodiversità, erosione del suolo, inquinamento delle falde acquifere, aumento della CO2 nell’atmosfera...).

Ma non solo: i mozziconi di sigaretta che vengono gettati a terra, buttati fuori dai finestrini delle auto e abbandonati sulle spiagge hanno effetti devastanti sui mari e sul suolo. In media un mozzicone di sigaretta con filtro permane nell’ambiente per un tempo che va da un anno e mezzo a dieci anni (e la sua ingestione è pericolosa per moltissime specie animali come pesci, tartarughe marine e uccelli). Mozziconi e sigarette (comprese quelle elettroniche) contengono plastica, nicotina, metalli pesanti e altre sostanze altamente inquinanti come arsenico, piombo e formaldeide. Senza contare che i device delle sigarette elettroniche sono non biodegradabili e che cartoni e pacchetti di sigarette producono nel mondo 2 milioni di tonnellate di rifiuti (carta, inchiostro, cellophane, colla e alluminio). Accanto a questo, da non dimenticare gli incendi che ogni anno scoppiano a causa di mozziconi e sigarette buttati ancora accesi o lasciati incustoditi.

Tutto questo ha anche un costo economico notevole per le spese di pulizia, smaltimento e gestione degli incendi.

Fumare come dieta

Sembra difficile da credere, ma soprattutto fra i giovanissimi (in particolare le ragazze), la sigaretta viene vista come una “facile dieta dimagrante”. È vero, fumare ha un effetto anoressizzante, il gusto e il piacere di mangiare viene alterato dal fumo e avere una sigaretta tra dita e labbra distoglie dal mangiare. Spesso la maggior preoccupazione nello smettere di fumare è proprio ingrassare. È vero che l’astinenza aumenta l’appetito e che nei primi mesi, nella maggior parte dei casi, si prende qualche chilo, ma questo significa che il corpo si sta riappropriando delle sue funzioni fisiologiche, non bisogna prenderlo come un fattore negativo.

In genere s’ingrassa in modo eccessivo quando si cerca il piacere in cibi altamente grassi o zuccherini. Seguendo invece un menu vario ed equilibrato, ricco di frutta e verdura (alla base della dieta mediterranea), il cibo potrà divenire un ottimo alleato antifumo e, con il recupero del gusto, si potranno riscoprire i sapori di un tempo.

La smoker face

La pelle di chi fuma appare più invecchiata e rovinata. Il fumo disidrata e spegne il colorito della pelle e causa nel 100% dei fumatori la smoker face, caratterizzata da zampe di gallina e rughe a livello degli occhi molto accentuate; guance deboli; rughe perpendicolari alle labbra; perdita di elasticità della cute del volto che diventa molle, secca e ruvida, e colorito non omogeneo, pallido, con presenza di chiazze arrossate o violacee per scarsa ossigenazione del sangue.

Smettere di fumare consente ai tessuti di ricevere più ossigeno, riduce i radicali liberi pro-invecchiamento e la perdita di acqua transepidermica. Uno dei primi effetti positivi della sospensione del fumo si nota proprio sulla pelle, che acquista un altro tono e un altro colorito. Quindi smettere di fumare rende più belli ed è un vero toccasana anche per la pelle.

Smettere di fumare ti fa bella! è stata un’importante campagna, concepita come progetto-pilota, a favore della lotta contro il tabagismo nelle donne, promosso dal Comune di Milano in collaborazione con Donne Dermatologhe Italia, Lega Italiana per la Lotta ai Tumori e ManagerItalia. Diffusa e promossa ampiamente dai media, prendeva il via nei giorni 16, 17 e 18 febbraio 2007 in piazza del Duomo a Milano, ricercando abituali fumatrici che intendessero smettere di fumare. Grazie al programma “Age progression software”, dopo aver catturato un’immagine del volto e aver inserito il numero di sigarette fumate dalla persona, è possibile vedere come il proprio viso invecchia. Il software è in grado di creare due immagine del viso invecchiate di 30 anni: una è corrispondente all’invecchiamento naturale mentre l’altra all’invecchiamento accentuato dal fumo.

Il sorriso del fumatore

I tessuti della bocca sono i primi a essere esposti al danno da fumo, portando a denti macchiati, accumulo di tartaro e placca con conseguente ingiallimento della dentina, alitosi, acidità, scarsa salivazione, alterazione dei gusti e parodontopatie, patologie del periodonto, il tessuto che avvolge la radice del dente (effetto citossico verso le proteine delle cellule che costituiscono le gengive e danno ossidativo).

Nei fumatori, la percentuale di insuccesso nel predisporre un impianto dentale è tre volte maggiore rispetto ai non fumatori: dopo i 45 anni, infatti, chi fuma ha in media meno denti e una maggior perdita ossea rendendo impossibile l’intervento di implantologia che prevede l’inserimento di una o più viti all’interno della gengiva e dell’osso sottostante (mascella o mandibola).

Ma quanto mi costi

Il fumo di sigaretta non solo ha un impatto negativo su salute, ambiente e società ma anche sull’economia (spese sanitarie e assistenziali, giornate di lavoro perse, cali di produttività, gestione incendi, rifiuti e inquinamento ambientale). E, da non dimenticare, sulle proprie tasche: se pensiamo che in Italia in media un pacchetto costa 5 euro, calcolando che un fumatore di età media consuma circa 5.000 sigarette all’anno (250 pacchetti), si può facilmente dedurre che la spesa annua sarà di circa 1.250 euro e in trenta anni di 37.500. Con questi soldi si potrebbe fare per esempio qualche viaggio in più, oppure andare più spesso al cinema o al ristorante, o comprarsi più spesso qualcosa che piace (libri, scarpe, vestiti...).

Puntare sul fattore soldi potrebbe essere una strategia utile per incentivare a smettere.

Fumo e Covid-19

L’infezione da SARS-CoV-2 colpisce in particolare i polmoni e nei casi più gravi può evolvere in polmonite. Studi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno evidenziato che nei fumatori vi è aumento significativo di almeno tre volte del rischio di sviluppare gravi complicanze come le polmoniti severe, rispetto ai non fumatori. Il motivo? I fumatori, spesso, presentano patologie fumo correlate che danneggiano e alterano la normale funzionalità dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio, come bronchite cronica, insufficienza respiratoria, diabete e ipertensione, rendendoli più vulnerabili. Inoltre, come è ormai noto da più di cinquant'anni, il fumo ha un effetto negativo sulla salute dell’intero organismo: indebolendo il sistema immunitario e danneggiando i polmoni e i bronchi, predispone maggiormente alle infezioni delle vie respiratorie.

A ciò si aggiunge che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sembra esserci anche una maggior predisposizione a contrarre l’infezione legata alla gestualità del fumare che porta sia a dover abbassare o togliere la mascherina in circostanze in cui è raccomandato indossarla, sia ad avvicinare ripetutamente le mani (e la sigaretta) alla bocca, aumentando il rischio di ingresso del virus.

Lockdown. Distanziamento sociale, isolamento e restrizioni hanno impattato negativamente sulla qualità di vita di fumatori, ex-fumatori e di chi aveva iniziato un percorso di disassuefazione. Le evidenze hanno mostrato un aumento di stress, tensione e insoddisfazione generale, che ha causato o accentuato sintomi di natura ansiosa e depressiva, disturbi del sonno, con conseguente aumento del numero di sigarette nei fumatori e a ricadute in coloro che avevano smesso/stavano cercando di smettere, complice il fatto di non poter svolgere altre attività (sportive, culturali e ludiche). D’altro canto però, per alcuni fumatori, la maggiore vulnerabilità e il rischio di ammalarsi è stato un incentivo a smettere.

Vaccino. Sebbene non vi siano ancora dati scientifici certi, diversi studi, tra cui uno italiano pubblicato sulla rivista Public Health e coordinato dal CoEHAR (il Centro di Eccellenza Internazionale per la Riduzione dei danni da fumo), evidenziano che nei fumatori i livelli degli anticorpi indotti dal vaccino anti Covid-19, valutati da test sierologici, risultano più bassi e diminuiscono più rapidamente, già dopo 60 giorni. Sono ancora necessarie ulteriori conferme, ma questi studi suggeriscono che il fumo possa influire negativamente sull’efficacia della vaccinazione.

Boom e-cig: un bene o un male?

La sigaretta elettronica è un contenitore cilindrico di plastica o metallo simile a una sigaretta convenzionale, al cui interno è presente una cartuccia rimovibile. Producono vapore per surriscaldamento di una resistenza che porta all’evaporazione di liquidi aromatizzati, con o senza nicotina, contenuti nella cartuccia. L’aerosol viene inalato per mezzo di boccate simili a quelle che si effettuano con le normali sigarette e tale operazione viene detta vaping (da qui “svapare” le e-cig). Gli studi in questi anni hanno cercato di chiarire se sono sicure e se possono aiutare a smettere di fumare.

Il Centro Antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha analizzato il vapore prodotto dalle e-cig, concludendo che, rispetto alle sigarette tradizionali, l’emissione di sostanze potenzialmente dannose per la salute è ridotta: la sigaretta elettronica non utilizza processi di combustione e quindi nel vapore prodotto non sono presenti le centinaia di sostanze tossiche e cancerogene presenti invece nel fumo di tabacco. Al momento si sa poco sui possibili effetti del fumo passivo da sigaretta elettronica (passive vaping) ma la presenza di particelle ultrafini nell’aerosol prodotto potrebbe danneggiare polmoni e bronchi.

Per quanto riguarda invece l’efficacia nella disassuefazione, gli studi pubblicati finora non danno di fatto una risposta definitiva sulla effettiva utilità di questi dispositivi. Da uno studio pubblicato sulla più importante rivista del settore, Tobacco Control, è emerso che l’aggiunta delle sigarette elettroniche alle sigarette tradizionali non sembra facilitare la cessazione dal fumo di tabacco né la riduzione delle sigarette fumate quotidianamente, mentre chi ha già smesso di fumare e sceglie di utilizzare esclusivamente e-cig ha maggiori possibilità di non ritornare alle sigarette tradizionali.

Un capitolo a parte è invece quello che riguarda l’uso delle e-cig tra gli adolescenti: un’analisi inglese pubblicata sul British Medical Journal che ha coinvolto quasi 3.000 adolescenti di 13-14 anni ha mostrato che i giovani che usano sigarette elettroniche hanno una maggior probabilità di passare alle sigarette convenzionali e, a 12 mesi dalla prima rilevazione, aveva provato a fumare tabacco il 34% degli utilizzatori di e-cig. L’uso continuativo delle e-cig provoca dipendenza gestuale e, quando utilizzate con liquidi contenenti nicotina, non così difficili da reperire anche per i minorenni, pure dipendenza fisica. È quindi probabile che i ragazzi dopo qualche tempo possano ricercare una maggiore gratificazione, anche chimico-fisica, nelle sigarette tradizionali.

Smettere di fumare è possibile

Dire addio alle sigarette non sempre si rivela un’impresa facile, ma questo non deve scoraggiare. Chi ha già provato senza riuscirci dovrebbe provare e riprovare perché smettere di fumare dipende da una combinazione di fattori diversi. Statisticamente si è visto che il quarto tentativo ha una maggior probabilità di successo, dovuta probabilmente alle precedenti esperienze. Non esiste ancora un metodo infallibile e universale, ogni fumatore deve capire il suo in base al grado di dipendenza (molto bassa, bassa, media, alta, molto alta) e alla sua motivazione (salute, gravidanza/difficoltà a concepire, nascita di un figlio, richiesta da parte di un familiare/amico, voglia di liberarsi da un vizio/di far sport/di risparmiare, età avanzata).

Spesso si ricorre a metodi fai-da-te, ma per riuscire in questo percorso sono importanti il supporto psicologico e del medico, e anche del farmacista. Gli studi mostrano come su un campione di 100 fumatori, il 70% vorrebbe smettere di fumare, il 25% fa un tentativo da solo ogni anno e il 3% riesce a smettere da solo. Ma la percentuale di successo aumenta se il fumatore è aiutato per esempio dal proprio medico o dal farmacista. Uno studio dell’Università del Kansas, pubblicato su Annals of Internal Medicine, che ha seguito per due anni i tentativi di 750 fumatori intenzionati a smettere di fumare, ha confermato come la farmacoterapia associata al supporto continuo da parte dei professionisti porta a maggior successo.

In Italia esistono più di 300 centri antifumo distribuiti tra ospedali, aziende sanitarie e farmacie cui rivolgersi per smettere di fumare e iniziare percorsi personalizzati. In cosa consiste? Misurazione nel fiato esalato del livello di monossido di carbonio e compilazione del test di Fagerström, un questionario di poche e semplici domande che permette di valutare il livello di dipendenza fisica. A seguire, viene individuata la strategia terapeutica più adeguata che può prevedere la somministrazione di nicotina attraverso dispositivi come cerotti, caramelle, gomme, spray e inalatori (terapia nicotinica sostitutiva) o l’utilizzo di farmaci specifici (bupropione, vareniclina e citisina). Chi decide di voler smettere di fumare non è solo e potrà contare sul supporto continuo (attività di counseling) da parte dei professionisti che lo seguono.

E le farmacie? L’aumentata richiesta di fumatori che desiderano provare a smettere di fumare ha portato a includere anche le farmacie, primo presidio sanitario presente sul territorio, nel percorso di disassuefazione da tabacco. Il farmacista, dopo un'adeguata formazione, assume un ruolo sempre più importante impegnandosi anche a informare i suoi clienti per una corretta prevenzione. I fumatori che assumono per esempio farmaci per l’asma devono fare attenzione, perché tali farmaci vengono inattivati dal fumo ed è importante far passare almeno venti minuti tra l’inalazione e la sigaretta. Oppure le donne fumatrici che prendono contraccettivi orali dovrebbero smettere di fumare, perché aumenta il rischio di avere un infarto o un ictus.

Non importa per quanto tempo si è fumato, se si vuole smettere è possibile a ogni età, puntando sulla propria motivazione e riducendo al minimo gli ostacoli. E sulla base di quanto detto finora, di motivi per smettere ce ne sono tanti, ciascuno deve trovare il suo. Quindi campagne mirate all’essere più belli, più sani o sportivi, oppure sull’amore verso i propri cari, i pet o un figlio in arrivo, sul rispetto degli altri e dell’ambiente per un futuro migliore, o perché no, anche sul bene del proprio portafogli, potrebbero essere delle buone strategie per aiutare a trovare la propria motivazione a smettere e ancora meglio a non iniziare. (In Italia sono oltre 10 mila le persone che hanno smesso di fumare).

Conoscere per decidere: gli effetti positivi del non fumo

  1. Entro 30 minuti le pulsazioni, la pressione arteriosa e la temperatura di mani e piedi tornano a livelli normali.
  2. Dopo 8 ore nel sangue salgono i livelli di ossigeno e scendono quelli di monossido di carbonio.
  3. Dopo 24 ore diminuisce il rischio di infarto miocardico acuto.
  4. Dopo 48 ore migliorano gusto e olfatto.
  5. Dopo 72 ore i bronchi si rilassano, il respiro diventa più facile e aumenta la capacità polmonare.
  6. Da 2 settimane a 3 mesi la capacità polmonare aumenta del 30%, migliora la circolazione sanguigna, si fa meno fatica a camminare e svolgere attività fisica, la pelle e i capelli diventano più luminosi, migliora l’alito e l’odore in generale.
  7. Da 1 a 9 mesi aumenta l’energia corporea, si riducono tosse, stanchezza, fiato corto, congestione rino-sinusale, migliorano i meccanismi di difesa dell’apparato respiratorio, che filtra le particelle nocive inspirate con l’aria.
  8. Dopo 1 anno si dimezza il rischio di malattie coronariche.
  9. Dopo 5 anni la quota di morti per tumore del polmone è la metà di quella di chi continua a fumare.
  10. Dopo 10 anni il rischio di tumore del polmone si riduce del 40-50%.
  11. Dopo 15 anni il rischio di infarto è pari a quello del non fumatore.
  12. Dopo tutto, se avete smesso, avete liberato dal fumo la vostra casa, i vostri amici, i vostri figli, la persona accanto a voi alla fermata dell’autobus. Avete centrato un obiettivo importante per voi, avete saputo dare una svolta alla vostra vita e tenere le redini del cambiamento: un bel massaggio rinvigorente per la vostra autostima!

Fonte: Spegnila! - Donatella Barus e Roberto Boffi, Rizzoli editore, 2008

App e social: aiuto 2.0

Riuscire a coinvolgere il fumatore sembra essere la chiave vincente per evitare insuccessi e, in un mondo sempre più tecnologico, social media e app, se ben pensati, possono venire in aiuto di medici e pazienti diventando uno strumento di supporto aggiuntivo a quelli tradizionali e contribuire a ridurre il numero di fumatori e di sigarette fumate.

Uno studio dell’University of California Irvine ha dimostrato come un gruppo di fumatori abbia tratto beneficio dal supporto reciproco su Twitter. Creare una community di pazienti e stimolarla opportunamente con messaggi motivazionali creati ad hoc dai centri anti-fumo, invitando a condividere con i vari membri i risultati raggiunti, porta a una probabilità doppia rispetto al gruppo di controllo di smettere di fumare. Simili risultati si sono ottenuti anche con le app per smartphone.

1492 - 2022, il tabacco nei secoli

Le prime fonti certe che abbiamo dell’utilizzo del tabacco provengono dai Maya, i quali cominciarono a utilizzare il tabacco non solo in rituali e cerimonie ma anche durante pratiche mediche. Dopo la scoperta dell’America nell’ottobre del 1492, il tabacco arriva anche in Europa e dal XVII secolo in tutto il mondo. Cambia però lo scopo di utilizzo: non si fuma più per motivi religiosi e mistici, ma solo per piacere. Il tabacco inizialmente veniva masticato o fumato in pipe e sigari, e solo i più ricchi potevano permetterselo. Ma a fine Ottocento, con la produzione industriale di sigarette realizzate in carta sottile con costi più bassi, diventano un vero prodotto di consumo. Nascono così le prime pubblicità, prima sui manifesti, poi anche sui giornali, alla radio e in tv. E in alcuni slogan degli anni ’40 - ’50 i protagonisti sono medici, gestanti e figure autorevoli della società: il messaggio che viene veicolato è “il fumo fa bene alla salute, profuma l’alito e piace alle mamma in dolce attesa”.

Ecco alcuni esempi di slogan:

  • Sempre più medici Camels rispetto a qualsiasi altra sigaretta.
  • Come il vostro dentista, raccomandiamo Vinceroys.
  • Edelweiss. Nell’offerta di una sigaretta un invito all’amicizia.
  • Pall Mall, il suo aroma nell’uomo entusiasma le donne. Quando vuoi conquistare le signore e sembrare uno stallone, conta su di noi.

Vengono utilizzati anche i cartoni animati e in alcuni spot degli anni ’60: Barney e Fred de I Flintstones pubblicizzano le sigarette Wiston. Un prodotto moderno catapultato nell’età della pietra.

Le aziende del tabacco poterono così pubblicizzare i loro prodotti liberamente, e non c’era film o cartone animato che non contenesse alcune scene in cui si fumava. Se vedi il tuo idolo fumare, sei portato a farlo (succede la stessa cosa con il cibo e il junk food). Come dimenticare il binomio sigaro - Clint Eastwood, simbolo dello spaghetti Western, o l’iconica sigaretta di Crudelia De Mon in La carica dei 101, film d’animazione del 1961 in cui la donna fumava quasi ad ogni scena (dal 2007 la Disney ha bandito le sigarette nei sui film/cartoni/prodotti).

Parallelamente, la scienza inizia a dimostrare che il fumo di sigaretta è dannoso per la salute. Si deve al medico britannico Richard Doll il primo studio che conferma una correlazione diretta tra fumo di sigaretta e sviluppo di tumore ai polmoni, pubblicato nel 1950 sul British Medical Journal. Ma solo nel 1964, con il rapporto Smoking and Health, viene messo nero su bianco l’effetto cancerogeno delle sigarette e negli anni ‘80 nuove ricerche ed evidenze confermano gli effetti negativi del fumo sulla salute ed emerge chiaramente che la nicotina crea dipendenza come eroina e cocaina. È ormai evidente che il fumo di sigaretta è dannoso per la salute, ma che allo stesso tempo fumare racchiude in sé una status symbol, un’immagine, difficile da scalzare.

Ma di lì a poco qualcosa è iniziato a cambiare. In Italia, per esempio, già dal 1962 era vietato fare pubblicità a tutti i prodotti contenenti tabacco. Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha indetto la prima Giornata Mondiale Senza Tabacco, che da allora ricorre nella data del 31 maggio. Dal 2003, per informare i fumatori, e non solo, sugli effetti del fumo di sigarette è stato introdotto l’obbligo per i produttori di tabacco e sigarette di apporre sui pacchetti degli avvertimenti come “Il fumo uccide. Proteggi i bambini. Non fumare in loro presenza. Il fumo crea un’elevata dipendenza. Il fumo invecchia la pelle. Fumare in gravidanza fa mal al bambino”. E a seguire, nel 2015 un nuovo decreto ha previsto la stampa sui pacchetti di nuove frasi accompagnate da immagini forti che rappresentano alcune gravi conseguenze del fumo come polmoni carbonizzati, arti amputati e lesioni alla bocca. In Italia, il 10 gennaio 2005 è entrata in vigore la Legge Sirchia, che vieta il fumo nei locali pubblici per proteggere la salute dei non fumatori. Tale divieto è stato poi esteso anche in spazi pubblici all’aperto come parchi, cortili scolastici, spiagge e stadi. A Milano, il sindaco Beppe Sala sta adottando una serie di iniziative per migliorare l’ambiente e la salute dei suoi cittadini, ed entro il 2030 punta a rendere il capoluogo lombardo del tutto smoking free.

Non solo in Italia, ma anche nel mondo molti paesi hanno vietato il fumo delle sigarette anche all’aperto: la Svezia punta a diventare un paese smoking free entro il 2025, l’Australia ha introdotto il divieto di fumo negli ambienti pubblici all’aperto ben vent’anni fa e Melbourne nel 2016 è stata la prima città del mondo totalmente smoking free, mentre New York ha approvato nel 2002 lo Smoke Free Air Act, che ha bandito il tabacco in tutti i locali pubblici e in tutti gli uffici per poi essere esteso nel 2011 anche a strade, piazze, parchi e spiagge.

Eppur si muove

A 72 anni dalle prime evidenze scientifiche sull’effetto dannoso del fumo di sigaretta qualcosa inizia a muoversi. Sono oltre 150 i Paesi nel mondo che hanno firmato la Convenzione dell’OMS sul controllo del tabacco (Framework Convention on Tobacco Control, Fctc), accettando di rispettare gli obblighi volti a raggiungere la riduzione del fumo in luoghi pubblici del 30% entro il 2025. E nel frattempo ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare molto e contribuire a far diventare il nostro Pianeta sempre più Smoke Free.

 

Esperti intervistati
Centro Antifumo Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori (INT), Milano: Roberto Boffi responsabile della Pneumologia, Chiara Veronese ricercatrice e farmacologa, Elena Munarini psicologa e psicoterapeuta
Centro Antifumo Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano: Lorenzo Patrini Medico del lavoro, Gianna Agnelli psicologa e referente Centro Antifumo
IRCCS - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano: Eugenio Santoro responsabile Laboratorio di Informatica Medica Dipartimento di Salute Pubblica
Libri
Cambiamo aria! – Pier Mannuccio Mannucci e Margherita Fronte. Baldini&Castoldi editore, 2017 Pag. 121-122, 126-128
Spegnila! - Donatella Barus e Roberto Boffi, Rizzoli editore, 2008. Pag. 37, 59, 68, 84, 90-91, 96, 117, 157, 173-175, 179 -187
Polveri & veleni. Viaggio tra salute e ambiente in Italia – Luca Carra e Margherita Fronte. Edizioni Ambiente, 2009. Pag. 130 – 133.
Origini e Storia del Tabacco. Dalla domesticazione fino al X Secolo. Jacopo Niccolò Cerasoni, 2015 e Storia del tabacco. L’uso, il gusto, il consumo nell’Europa moderna. Victor G. Kiernan, Marsilio editore, 1993

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):