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La sfida delle materie prime critiche per la transizione energetica

Le materie prime critiche sono fondamentali per la energetica. Entro il 2030 la domanda di ciascuno dei cinque minerali critici aumenterà da 1,5 a 7 volte. Un aiuto potrebbe arrivare dall’innovazione e dal riciclaggio che riducono la domanda di nuove materie prime e la dipendenza dai paesi produttori. L’UE, che è particolarmente vulnerabile, nel mese di marzo dovrebbe emanare l’European Critical Raw Materials Act.

Immagine: la salina di Uyuni in Bolivia, una delle più grandi riserve di litio conosciute al mondo (foto di Alexander Schimmeck su Unsplash).

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Le materie prime critiche sono quei materiali di importanza strategica dal punto di vista economico e caratterizzate allo stesso tempo da un alto rischio di interruzione della fornitura.
Per la realizzazione delle turbine eoliche, delle batterie per veicoli elettrici, delle reti elettriche e di altre infrastrutture necessarie per la transizione energetica, oltre ad acciaio, cemento, plastica e alluminio, servono in particolare cinque materie prime critiche: litio, cobalto, nichel, rame e neodimio.

Il report Energy Technology Perspectives 2023 della International Energy Agency (IEA) analizza la situazione attuale e le prospettive future, alla luce degli obiettivi fissati dallo Scenario Emissioni Nette Zero entro il 2050.

La domanda stimata di materie prime critiche cresce più velocemente dell’offerta

Per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi fissati dallo Scenario Emissioni Nette Zero della IEA, la domanda di ciascuno dei cinque minerali critici aumenterà da 1,5 a 7 volte. Per soddisfarla, occorrerà una massiccia espansione delle miniere. Con gli investimenti attualmente previsti, nel 2030 l’attività estrattiva sarà ancora ben al di sotto del fabbisogno. Il divario maggiore, tra domanda e offerta, riguarda il litio; con la crescita delle estrazioni previste, saranno soddisfatti solo i due terzi del fabbisogno stimato per il 2030. Per colmare questa lacuna sarebbero necessari investimenti per circa 360-450 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.

Nel 2022, il numero di perforazioni esplorative, per la ricerca di nuove miniere da cui estrarre i minerali critici, è quadruplicato rispetto all'anno precedente, anche se la rapidità con cui i risultati porteranno a un aumento della capacità estrattiva è molto incerta. L'apertura di una nuova miniera, infatti, in media richiede diciassette anni, tra l'installazione di infrastrutture, le procedure amministrative e la negoziazione con le comunità locali.

La capacità estrattiva di nichel è cresciuta rapidamente nell'ultimo anno, in gran parte grazie all'attenzione del governo indonesiano in questo settore. L’Indonesia ha circa un quinto delle riserve globali di nichel e sta attirando investimenti internazionali sia da società minerarie sia da produttori di batterie come LG. L'Indonesia potrebbe essere in grado di aumentare rapidamente la produzione, perché le procedure burocratiche per ottenere le autorizzazioni sono state velocizzate. Ciò ha permesso già di raddoppiare le estrazioni di nichel tra il 2020 e il 2022 e suggerisce che il divario tra domanda e offerta di nichel possa essere colmato entro il 2030.

Materie prime critiche: un tesoro nelle mani di pochi

La produzione di minerali critici è altamente concentrata geograficamente, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti. La Repubblica Democratica del Congo fornisce oggi il 70% di cobalto; la Cina il 60% di elementi di terre rare (REE); e l'Indonesia il 40% di nichel. L'Australia rappresenta il 55% dell'estrazione del litio e il Cile il 25%.

Gli investimenti previsti nell'estrazione di minerali critici indicano un modesto miglioramento complessivo della diversificazione geografica della produzione nei prossimi anni, ma varia a seconda del minerale.
La produzione di nichel è destinata a restare saldamente in mani indonesiane, infatti, non appena completati i progetti in corso, il Paese continuerà a contribuire quasi alla metà della produzione mondiale di nichel.

Nel caso dell'estrazione del litio, soprattutto grazie all'avvio dell'attività mineraria in Canada, l'offerta nel 2030 sarà solo un po’ più diversificata di quanto non sia ora, infatti, l'Australia e il Cile rappresenteranno ancora circa il 70% della produzione mondiale. Gli investimenti in corso nell'estrazione del cobalto non dovrebbero influenzare in modo significativo la distribuzione geografica, con la Repubblica Democratica del Congo che rimane di gran lunga il produttore dominante.

L’innovazione e il riciclaggio freneranno la domanda di materie prime critiche

Secondo la IEA, l'uso più efficiente dei materiali ridurrà la domanda di materie prime critiche. Un buon esempio in tal senso è rappresentato dal cobalto: il disallineamento tra la domanda e l’offerta è solo del 10%, uno dei più bassi tra tutti i minerali critici. Ciò è stato reso possibile dalle innovazioni compiute negli ultimi cinque anni che hanno ridotto il contenuto di cobalto nelle batterie. Anche la sostituzione dei materiali gioca un ruolo importante. Per esempio, le tecnologie fotovoltaiche basate sulla perovskite potrebbero ridurre la domanda di polisilicio, attualmente molto richiesto per la produzione nelle celle fotovoltaiche.

Un ruolo importate lo ricoprono anche il riciclaggio e la produzione di materie prime seconde. Per alcuni metalli, i tassi di raccolta per il riciclaggio sono elevati, come il nichel al 60%, mentre esiste ancora un notevole margine di miglioramento per altri metalli, come il rame fermo al 46% e il cobalto fermo al 32%. Al contrario, i tassi di riciclo sono molto bassi per quei materiali critici che solo di recente hanno iniziato a essere ampiamente utilizzati e che hanno una bassa concentrazione nei prodotti finali. Per esempio, il litio e le terre rare hanno tassi di riciclaggio inferiori all'1%, sostanzialmente per due motivi: da un lato la loro bassa concentrazione nei prodotti finali rende il recupero più costoso, dall’altra il settore del riciclaggio ha avuto poco tempo per sviluppare processi e infrastrutture adeguate.

La rapida crescita della domanda di materiali critici è molto recente quindi, si prevede un aumento significativo della produzione di materia prima seconda solo dopo il 2030, quando i materiali critici utilizzati a partire dal 2020 per produrre veicoli ed elettrodomestici, diventeranno disponibili per il riciclaggio. Per esempio, la IEA prevede che la produzione secondaria di litio cresca dalle quantità trascurabili di oggi a quasi il 35% nel 2050. Per comprendere l’impatto del riciclaggio sull’attività estrattiva basti pensare che, se i tassi di riciclaggio del litio rimanessero quelli attuali la capacità estrattiva dovrebbe aumentare di tredici volte entro il 2050, ma grazie all'aumento dei tassi di riciclaggio del litio basterà un aumento di sole otto volte.

Il miglioramento della riciclabilità è una parte fondamentale e l'innovazione sarà importante, sia per migliorare l'efficienza dei metodi di riciclaggio, anche se per i materiali critici già ampiamente utilizzati come rame e nichel i processi di riciclaggio sono già ben consolidati, sia per progettare prodotti più facili da riciclare. Per esempio, il rame dei cavi, dei dispositivi elettronici e dei prodotti più grandi è relativamente facile da separare per il riciclaggio, mentre risulta più complesso il recupero del litio dalle batterie. Una migliore progettazione dei prodotti, inoltre, può ridurre la quantità di materie prime necessarie; per esempio, auto con design più leggeri richiedono meno materiale sia per la carrozzeria sia per i motori. 

Anche il riuso dei prodotti contribuisce a ridurre la richiesta di materie prime, per esempio, le batterie dei veicoli elettrici possono essere riutilizzate negli impianti di accumulo di energia elettrica.

Figura 1 Evoluzione della domanda di materie prime critiche diviso per tipologia di usi finali nello Scenario Emissioni Nette Zero entro il 2050 della IEA.

La politica UE sulle materie prime critiche

Secondo un recente report realizzato da Cassa Depositi e Prestiti (CDP), i Paesi UE dipendono per oltre l’80% dalle importazioni di materie prime critiche. L’industria europea, dunque, rischia di non riuscire a perseguire una leadership nelle filiere strategiche per la transizione ecologica e digitale, ma anche di compromettere la capacità di centrare gli obiettivi del Green Deal e Digital Compass.

materie prime critiche

Figura 2 Concentrazione dell’approvvigionamento UE di materie prime critiche. La percentuale indica il fabbisogno UE soddisfatto da quel Paese, mentre il colore indica il rischio geopolitico associato al Paese stesso. Il rischio geopolitico è stimato sulla base Democracy Index ed è espresso in una scala da 0 (rosso) a 10 (verde), dove 0-4 è la fascia che contiene i regimi autoritari, 4-6 i regimi ibridi, 6-8 le democrazie imperfette e 8-10 le democrazie perfette. Fonte: «brief Transizione ecologica e digitale: il punto sulle materie prime critiche» pubblicato da Cassa Depositi e Prestiti.

Per raggiungere la neutralità climatica, la Commissione Europea stima che al 2050 la domanda annua di litio da parte della UE potrebbe aumentare di 56 volte rispetto ai livelli attuali, quella di cobalto di 15 mentre per le terre rare 10 volte.

Come spiega il report CDP: «nell’attuale contesto di fragilità degli equilibri internazionali la UE risulta esposta a potenziali interruzioni nelle forniture di materie prime critiche a causa della limitata produzione interna e della dipendenza dagli approvvigionamenti da Paesi caratterizzati da elevato rischio geopolitico e dai delicati rapporti commerciali e diplomatici con l’Occidente». L’Europa, infatti, ha dovuto fronteggiare nel corso degli ultimi anni le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, le interruzioni delle catene di fornitura dovute alla pandemia prima e all’invasione dell’Ucraina poi.

Un aiuto importante per attenuare il disallineamento tra domanda e offerta potrebbe venire dall’economia circolare; entro il 2040, grazie al riciclo delle batterie provenienti dalla mobilità elettrica, l’UE potrebbe soddisfare il 52% della domanda di litio e il 58% di cobalto. Per potenziare la produzione de materie prime secondarie, occorre sfruttare le «miniere urbane», ovvero valorizzare la raccolta, il recupero e il riciclo di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e di pile e accumulatori.

Tuttavia, il riciclo da solo non basta ad assicurare l’autonomia all’UE. Secondo il report, dunque, per mitigare i rischi di approvvigionamento, occorre investire in tecnologie, capacità e competenze per gestire all’interno dei confini comunitari il ciclo di vita delle materie prime critiche ma anche rilanciare le attività di estrazione mineraria in chiave sostenibile sul territorio comunitario. Recentemente, proprio grazie a tecniche sostenibili di prospezione mineraria, è stato scoperto un giacimento di terre rare in Svezia, le cui riserve ammontano a oltre un milione di tonnellate. Un altro aspetto importante riguarda lo sviluppo di partenariati strategici che consolidino le relazioni commerciali con Paesi terzi ricchi di materie prime critiche. In tal senso l’UE ha già avviato numerose interlocuzioni bilaterali ed è già impegnata in diversi tavoli internazionali focalizzati sulle materie prime critiche. In particolare, la UE potrebbe beneficiare dagli accordi già chiusi tra il 2021 e il 2022 con il Canada, l’Ucraina, il Kazakistan e la Namibia.

Il tema è al centro del dibattito europeo e dovrebbe portare, nel mese di marzo, all’emanazione dello European Critical Raw Materials Act, incentrato proprio sulla diversificazione degli approvvigionamenti e sulla promozione della circolarità. Secondo alcune indiscrezione circolate in questi giorni, tra i provvedimenti previsti ci sarebbe l’istituzione di un’agenzia per gli acquisti centralizzati delle materie prime critiche e una spinta agli stati membri affinché velocizzino l’iter per l’autorizzazione di nuove miniere.

 


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