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Detenuti, non cavie

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Nelle battute iniziali di Prendi i soldi e scappa (Take the Money and Run, 1969), Virgil Starkwell (Woody Allen), ladruncolo imbranato detenuto in un carcere di San Francisco, si offre come volontario per provare un vaccino mai testato su esseri umani. In cambio, Virgil ottiene la libertà vigilata, solo dopo, però, che fossero terminati gli effetti collaterali dell’inoculazione. A seguito della vaccinazione, infatti, Virgil si trasforma, per alcune ore in un rabbino…

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Per quanto inusuale, la trovata comica di Allen, dipingeva, in modo ironico, una situazione molto comune nello sviluppo di nuovi farmaci se si pensa che, almeno fino al 1973, l’85% dei prodotti farmaceutici testati su uomo avveniva in istituti penitenziari (Hornblum 1997). Una prima, sistematica, analisi circa gli aspetti etici di queste pratiche sfociò già negli anni ’70 nelle linee guide elaborate dalla National Commission for the Protection of Human Subjects of Biomedical and Behavioral Research (Commissione nazionale per la protezione dei soggetti umani nelle ricerche biomediche e comportamentali). Nel 2006, le conclusioni raggiunte dalla Commissione, sono state rivalutate da un comitato designato dall’Institute of Medicine (IOM). Il comitato ha considerato le passate linee guida non rispondenti ai criteri etici sviluppati negli ultimi decenni. In particolare, esse non sembravano bilanciare in maniera adeguata il rapporto tra esigenze epistemiche, da un lato, e considerazioni etiche circa la vulnerabilità dei detenuti, dall’altro. Un confronto tra le linee guida elaborate dallo IOM con quelle europee  si trova su un articolo pubblicato da Bioethics, dove Elger e Spaulding presentano le differenze tra i due sistemi, notando come in alcuni casi le linee guida americane siano più restrittive di quelle europee mentre, in altri, lo siano meno (Elger 2010). In Europa, per esempio, i criteri regolatori si basano sul principio di equivalenza secondo il quale i detenuti, pur avendo perso il diritto alla libertà, mantengono tutti gli altri diritti umani fondamentali. Di conseguenza, ogni ricerca su questo tipo di popolazione deve mostrare un chiaro beneficio, individuale o di gruppo, per i partecipanti e affermare il cosiddetto principio di sussidiarietà. Secondo quest'ultimo, studi sulla popolazione carceraria sono da considerare etici solo quando non ci sono valide alternative. Nel documento stilato dallo IOM si trova invece una discussione sulle linee guida precedenti e, in particolare, su come queste si fossero concentrate sui principi di consenso informato e di equità, senza approfondire il rapporto rischi-benefici, su cui invece si concentra lo studio dello IOM.

Due sono i punti su cui le autrici riscontrano le maggiori differenze tra le due linee guida. Il primo concerne il limite al numero di detenuti che lo IOM, a differenza di quanto accade in Europa, impone agli studi clinici di fase 3. La giustificazione di tale limite del 50% si basa sul principio di equità. Secondo il documento dello IOM, infatti, è importante che il rapporto rischi-benefici di tali studi sia distribuito equamente tra le varie componenti.

Ora, come notano giustamente le autrici, questo principio viene applicato in modo incoerente. Infatti, se le istanze di giustizia distributiva fossero prese seriamente, tale limite dovrebbe essere posto all’1% circa. Tale è infatti, negli Stati Uniti, il rapporto tra popolazione carceraria e popolazione generale. Per questo motivo, le autrici sembrano preferire il modello europeo.

Il secondo aspetto che differenzia i due sistemi riguarda il diritto di accesso alle ricerche. Le linee guida europee sanciscono, infatti, che secondo il principio di equivalenza, i detenuti devono avere gli stessi diritti dei cittadini in libertà. Di conseguenza, se un medico ritiene che un detenuto possa beneficiare dall’essere inserito in un protocollo di ricerca già esistente, allora lo stesso ha pieno diritto a parteciparvi, indipendentemente dalla propria condizione di recluso. Nelle linee guida americane, invece, questo diritto non è garantito.

Per il resto, le autrici considerano il rapporto dello IOM un ottimo punto di partenza per uniformare le diverse regolamentazioni federali esistenti in materia e concludono auspicando che alcune delle raccomandazioni proposte possano essere adottate anche in Europa. Per un approfondimento di quest’ultime rimando all’articolo, nella speranza che la lettura non provochi nessun effetto indesiderato.

Hornblum A. M. They Were Cheap and Available: Prisoners as Research Subjects in Twentieth Century America. BMJ 1997; 315: 1437-1441.
Elger BS, Spaulding A. Research on prisoners – a comparison between the IOM Committee recommendations (2006) and European regulations. Bioethics 2010; 24: 1. PubMed PMID: 20017742.


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