La pandemia di Covid-19 ha riacutizzato il timore dei microbi, già sollecitato dalle molte pubblicità che spingono a igienizzare e disinfettare. Un approfondito saggio, molto dettagliato e documentato, ci mostra che al contrario i microrganismi sono nostri preziosi alleati, indispensabili alla vita sulla Terra. In grandissima parte utili, devono essere tutelati e trattati con rispetto, anche perché possono aiutarci a difendere la sostenibilità stessa della nostra presenza sul Pianeta. Crediti immagine: CDC/Unsplash
Preparatevi a un viaggio lungo, appassionante, molto documentato - e quindi anche piuttosto impegnativo - attraverso un immenso mondo di cui pochi immaginano l’estensione: quello dei microbi. Siamo di fronte a un saggio di divulgazione scientifica che, benché nel complesso sia chiaro e di lettura scorrevole, non risparmia alcune parti di approfondimenti tecnici, meglio apprezzabili da chi abbia qualche conoscenza di base nel campo della biologia.
I microbi salveranno il mondo? Proteggerli per sopravvivere, di Duccio Cavalieri, Rino Rappuoli e Lisa Vozza (il Mulino, 248 pagine, 17 euro) spalanca le finestre sul mondo dei più antichi organismi viventi sulla Terra, comparsi ben prima di noi (quasi quattro miliardi di anni fa) e capaci di adattarsi fino a occupare ogni nicchia del Pianeta, anche le meno abitabili.
Scopo del saggio, affermano gli autori, è capovolgere la nostra percezione dei microbi: non uno sfondo impercettibile e indistinto, semmai minaccioso, alla vita dell’uomo, ma i veri protagonisti della vita sulla Terra, artefici di meccanismi biologici cruciali, molto più spesso per noi utili che pericolosi, e in poche parole indispensabili al nostro pianeta.
In primo luogo, ci spiegano gli autori, in assenza del mondo microbico la realtà e la vita per come le conosciamo non esisterebbero: non solo addio a pane, birra, vino, yogurt, formaggi, a tutti i cibi prodotti attraverso l’azione di microrganismi… la meno nota verità è che senza batteri non avremmo neanche frutta e verdura, perché le piante vivono grazie a batteri del suolo che fissano l’azoto. Senza la decomposizione, per la quale dobbiamo ringraziare altri microrganismi, la Terra sarebbe ricoperta di corpi, rifiuti e deiezioni. Senza microbi il pianeta perderebbe perfino il suo rinomato colore azzurro, dovuto alla fotosintesi con cui i cianobatteri delle acque ottengono energia e nutrimento in tutto il globo. E sono solo alcuni esempi: ma in sostanza, la verità è che senza microbi noi non esisteremmo proprio.
I microbi patogeni sono solo una minoranza
Del resto, gli autori ce lo ricordano chiaramente: è vero che si contano circa 1.400 specie di patogeni, ovvero in grado di farci del male. Ma sono un’infima minoranza, visto che si stima che le specie di microrganismi che vivono sulla Terra siano un trilione. E accanendoci ossessivamente contro i patogeni rischiamo di distruggere anche i microbi neutri o – peggio ancora – quelli utili o necessari. Gli autori propongono di cambiare atteggiamento e capire che i microbi possono essere parte della nostra salvezza e di quella del Pianeta: «I risultati dei più recenti studi ci fanno capire i danni potenziali della riduzione della diversità microbica, derivanti dalla globalizzazione e dall’uso eccessivo di antibiotici e sterilizzanti. I dati scientifici ci guidano anche a comprendere come difenderci dalle malattie e recuperare un ambiente più fruibile, utilizzando per questo i microrganismi giusti».
Nei primi capitoli il saggio ripercorre l’appassionante vicenda della scoperta del mondo dei microbi, a partire dalle prime osservazioni nel Seicento e passando per Pasteur, Koch, Petri, Vinogradskij; ci guida poi, anche approfondendo le più recenti tecniche che hanno consentito di leggere il genoma dei microrganismi, alla scoperta di “un regno vastissimo e antichissimo”, e delle relazioni che si instaurano tra i microbi e i loro ospiti, che provocano in entrambi cambiamenti imprevedibili.
Per quello che riguarda in particolare il nostro corpo, ogni adulto porta con sé circa due chilogrammi di microrganismi, fondamentali per la nostra salute: è il microbiota, che se squilibrato o alterato comporta un aumento di rischio di patologie sempre più comuni, come obesità, cancro, malattie autoimmuni e neurodegenerative; notevole la panoramica offerta dagli autori sugli studi scientifici che hanno confermato questi effetti.
Gli autori sottolineano come molte pratiche, tipiche della vita moderna, incidano negativamente sulla composizione del microbiota, a partire dall’alimentazione tipica dei Paesi avanzati, ricca di prodotti di origine animale e povera in fibre, verdure e legumi. La buona notizia è che modificando la dieta anche il microbiota si modifica rapidamente.
Non manca una parte importante dedicata all’importanza dei microbi per la maturazione del nostro sistema immunitario e alle malattie conseguenti alla perturbazione del sistema stesso: allergie, sindromi infiammatorie e malattie autoimmuni, in crescita soprattutto nelle società più ricche. Tra le ipotesi, anche quella che un’igiene eccessiva nei primi anni di vita impedisca al sistema immunitario di allenarsi a sufficienza attraverso l’incontro con molti e diversi microbi. Il sistema immunitario richiede infatti continui contatti microbici per imparare a distinguere amici e nemici.
Due capitoli sono dedicati infine al cruciale problema della resistenza antimicrobica e a come affrontarla in modo sostenibile. «Con antibiotici ad ampio spettro, come pure con i detergenti e gli sterilizzanti, rischiamo di eliminare insieme a pochi patogeni la grande diversità microbica che ci tiene in vita e in salute. L’impoverimento in atto può accelerare la corsa verso la prossima estinzione di massa, grazie anche ai patogeni resistenti a ogni trattamento che si stanno sempre più diffondendo. I microbi resistenti sono dovuti alle rapidissime capacità di evoluzione e adattamento di queste specie, ma sono anche selezionati dai nostri tentativi indiscriminati di eliminazione dei germi. Una deleteria deriva favorita anche dai cambiamenti climatici, dai conflitti umani e in ultima analisi dalla miseria».
Occorre quindi uscire dai meccanismi che provocano sia la perdita di diversità microbica sia l’emergere di patogeni resistenti ai trattamenti, anche ispirandosi a esempi tratti dal mondo naturale: oltre ai vaccini, virus in grado di uccidere i batteri, nuove tecnologie per mettere a punto antibiotici più specifici, probiotici con cui scalzare batteri nefasti.
Non antropocene, ma microbiocene
In conclusione, gli autori invitano a comprendere che “è indispensabile salvare il microbiocene per uscire indenni dall’antropocene”. Anche se l’uomo parla di “antropocene” perché si sente al centro della vita sulla Terra, infatti, il nostro pianeta è talmente plasmato dall’azione dei microbi che si dovrebbe parlare più correttamente di microbiocene, un’epoca iniziata quasi quattro miliardi di anni fa e che continuerà finché ci sarà vita sul pianeta: «Ogni piano per la conservazione della biodiversità terrestre, per essere realistico e sensato, non può non tenere conto della vitale necessità di preservare il mondo microbico. Abbiamo gli strumenti tecnici e di conoscenza per farcela, per proteggerci dalle infezioni e ridare salute a un ambiente impoverito e contaminato. Se usati bene, i microbi sono fabbriche potenti e operose, che in questa ardua impresa possono darci una mano davvero preziosa. Possiamo farcela se smettiamo di ignorare i microbi e cessiamo di considerarli soltanto come nemici».
Molto documentato e approfondito, il saggio di Cavalieri, Rappuoli e Vozza tratta l’argomento da un ventaglio di prospettive molto ampio, passando dalle spiegazioni scientifiche, che sono preponderanti, a considerazioni di tipo sociologico, come quando si sottolinea come guerre, crisi climatiche, migrazioni e povertà favoriscano le resistenze antimicrobiche; e arrivando a suggerimenti su come ciascuno può fare la propria parte per contrastare la resistenza antimicrobica, con comportamenti e usi più responsabili di strumenti essenziali come gli antibiotici. Una bibliografia essenziale (che occupa 11 pagine) completa il volume.