Qualche misura i più sui ghiacciai dell'Himalaya non guasta, visti anche le recenti polemiche in campo climatologico che hanno messo in dubbio le previsioni IPCC sullo scioglimento dei ghiacci del gigante asiatico. Questa volta ci pensano gli italiani. Nei giorni scorsi è stata infatti installata da una squadra del Comitato EvK2Cnr la prima stazione di monitoraggio glaciale dell'Himalaya. La stazione, posta sul ghiacciaio del Changri Nup a 5700 metri di quota, è la quindicesima della rete SHARE (Stations at High Altitude for Research on Environment), un progetto condotto dal Comitato EvK2Cnr in collaborazione con il CNR e l'Università di Milano.
Installata direttamente sulla superficie glaciale, la stazione è progettata per rilevare con continuità nei prossimi anni numerosi parametri atmosferici e climatici la cui analisi permetterà ai ricercatori di quantificare il bilancio energetico e i ritmi di variazione della massa glaciale. Si confida, in questo modo, di colmare la lacuna attuale riguardante l'effettiva variazione delle masse glaciali di Himalaya e Karakorum, dato cruciale per valutare le portate estive dei grandi fiumi asiatici quali il Gange, l'Indo e il Brahmaputra.
Un nuovo importante avamposto di ricerca, dunque, si è affiancato alla ben nota Piramide, il laboratorio-osservatorio posto a quota 5050 metri sul versante nepalese del monte Everest presso il quale, dal 1990 a oggi, sono state condotte oltre 550 missioni di ricerca nei campi più disparati: dalla medicina alle scienze ambientali, dalle scienze antropologiche alle tecnologie ecoefficienti. Fiori all'occhiello nella ricerca scientifica d'alta quota dei quali il Comitato EvK2Cnr e tutta quanta la ricerca italiana devono essere a pieno diritto molto orgogliosi.
Comitato EvK2Cnr
Himalaya sotto controllo
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Sanità più sostenibile: le raccomandazioni SIAARTI per una anestesia green

Nel contesto della campagna Green Choosing Wisely, sostenuta da Slow Medicine, con la finalità di rendere i sistemi sanitari più sostenibili, la Società italiana di anestesia ha pubblicato le cinque raccomandazioni per rendere le attività legate all’anestesia e all’analgesia meno impattanti sull’ambiente. A partire dalla scelta dei gas utilizzati per addormentare i pazienti, di cui alcuni hanno un effetto serra che supera di migliaia di volte quello della CO2.
Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni: il 5% circa delle immissioni in atmosfera di gas clima-alteranti di origine antropica è riconducibile ai servizi sanitari, un valore equivalente a circa il doppio delle immissioni legate all’intero trasporto aereo mondiale (si veda, per questi dati, il Lancet).
