Uno dei problemi più dibattuti nel campo dell’estetica è se la bellezza sia definibile mediante parametri oggettivi o se essa sia un fenomeno puramente soggettivo. Il primo punto di vista risale a Platone. Secondo Platone la bellezza risiede nelle proprietà che certi oggetti possiedono. Queste proprietà producono esperienze piacevoli in tutti gli uomini, purché questi siano in condizioni di coglierle. In termini biologici, questa posizione potrebbe essere così espressa. Tutti gli esseri umani possiedono un meccanismo che “risuona” in risposta a parametri che sono presenti nelle opere d’arte.
Il punto di vista opposto è che la bellezza dipenda unicamente da chi la guarda. È determinata dalle sue esperienze precedenti, dalla cultura in cui vive, da convenzioni apprese. Biologicamente si tratta quindi di fattori individuali, essenzialmente legati all’apprendimento.
Recentemente abbiamo cercato di esaminare se esistono dei valori oggettivi nelle opere d’arte e di stabilire, in caso positivo, quali siano i substrati neurali alla base di questo tipo di esperienza estetica. Le ricerche sono state condotte usando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI). Abbiamo mostrato a 14 soggetti capolavori della scultura Classica e Rinascimentale nelle loro proporzioni naturali (immagini canoniche), come concepite dall’artista e, usando un particolare algoritmo matematico, le stesse immagini con proporzioni lievemente modificate. Gli stimoli erano presentati in tre condizioni sperimentali: osservazione, giudizio estetico e giudizio di proporzione. Nella condizione “osservazione” ai soggetti era richiesto di osservare le immagini con la stessa attitudine mentale di quando si visita un museo. Nelle altre due condizioni dovevano dare o un giudizio edonico (relativo alla piacevolezza) o un giudizio di proporzionalità sulle stesse immagini. Sono state condotte due tipi di analisi. In una, si confrontavano le attivazioni cerebrali durante la osservazione delle immagini canoniche rispetto a quelle durante l’osservazione di quelle modificate. Nella seconda analisi si confrontavano le attivazioni che corrispondevano ad un giudizio edonico positivo, espresso in risposta alla domanda “ti piace?”, rispetto ad un giudizio negativo.
Il risultato più interessante del nostro studio è stato che l’osservazione delle immagini canoniche rispetto alle modificate produceva un’attivazione di varie aree corticali deputate all’analisi fisica della forma e del movimento dei corpi umani e di un’area nota per essere coinvolta nei processi emozionali. L’attivazione delle aree coinvolte nell’analisi del movimento era verosimilmente dovuta al senso di movimento cha danno all’osservatore le sculture classiche e rinascimentali.
Molto interessante è stato anche il risultato della seconda analisi, quella in cui gli osservatori davano un giudizio edonico sulle sculture presentate. Il confronto tra le immagini che i partecipanti avevano giudicato belle rispetto a quelle considerate meno belle ha prodotto un’attivazione di un’altra struttura coinvolta nei processi emozionali: l’amigdala. È generalmente accettato che la funzione fondamentale dell’amigdala è quella di attribuire valori emozionali a stimoli di per sé stessi neutri mediante processi associativi dettati dall’esperienza individuale. Questa attivazione, secondo la nostra interpretazione, riflette un aspetto idiosincratico dell’esperienza estetica dovuta all’associazione tra stimoli e memorie emozionali piacevoli legate alla loro presentazione.
In conclusione, i nostri dati suggeriscono che il senso del bello deriva da un’attivazione simultanea di aree corticali deputate all’analisi fisica dello stimolo (e quindi dipendente dai parametri intrinseci dell’opera, che possono variare da opera ad opera) e dell’insula, il centro deputato alla percezione e all’organizzazione delle emozioni. Altri valori dell’opera d’arte sono elaborati, invece, dall’osservatore secondo criteri soggettivi riconducibili all’esperienza e al gusto personale dell’individuo. Questo secondo tipo di bellezza, che si può definire come soggettiva, coinvolge l’attività dell’amigdala, l’area che codifica l’aspetto emozionale delle esperienze personali.
Bibliografia
- Di Dio C, Macaluso E, Rizzolatti G. The golden beauty: brain response to classical and renaissance sculptures. PLoS ONE (2007) 2, e1201, 1-8.