fbpx Un nuovo START, finalmente! | Scienza in rete

Un nuovo START, finalmente!

Read time: 5 mins

Oggi 8 aprile 2010 nella sala spagnola del castello di Praga i presidenti russo e americano, Medvedev e Obama, hanno firmato un nuovo trattato (Treaty between the United States of America and the Russian Federation on measures for further reduction and limitation of strategic offensive arms, vulgo “New Start”) per riduzioni delle armi nucleari offensive dei due paesi, come concordato un anno fa nel loro incontro di Londra.

Il trattato, messo a punto in un anno di intenso lavoro delle due delegazioni, si compone di tre parti, il testo principale dell’accordo in 16 articoli, un protocollo in dieci parti per 165 pagine e un annesso mantenuto riservato; il primo documento fissa le riduzioni delle armi, le forme di verifica e gli aspetti formali, il protocollo precisa ulteriori diritti e obblighi associati al trattato, mentre l’annesso tecnico dettaglia i sistemi coinvolti e le procedure di controllo e verifica. Proprio i negoziati su quest’ultima parte hanno ritardato il raggiungimento dell’accordo, inizialmente auspicato entro la fine dello scorso anno, prima della scadenza (5 dicembre) dello Strategic Arms Reduction Treaty (Start), che regola dal 1994 il processo di riduzione dell’armamento nucleare delle due potenze, e che è stato prorogato fino all’entrata in vigore del nuovo trattato.

Il nuovo trattato ha una durata di 10 anni e prevede una possibile estensione fino a cinque anni. Entro sette anni dalla sua entrata in vigore i due paesi dovranno ridurre i propri armamenti nucleari strategici, in pratica quelli concepiti per attacchi intercontinentali, sotto il tetto di 1550 testate effettivamente schierate su missili balistici intercontinentali con basi a terra (ICBM) o su sommergibile (SLBM) ovvero contate come una per ogni bombardiere pesante equipaggiato per missioni nucleari.

Ciò comporterà tagli significativi per entrambi i paesi: secondo le ultime dichiarazioni previste dallo Start (luglio 2009) gli USA disponevano più di 5900 testate nucleari, e la Russia circa 3900. Anche tenendo conto che in realtà le testate effettivamente operative sono, rispettivamente, dell’ordine di 2200 per gli USA e fra 2600 e 2700 per la Russia, la diminuzione prevista dal nuovo trattato è comunque importante.

Per quanto riguarda i vettori, l’accordo limita a 800 per parte il numero totale fra

ICBM, SLBM e aerei pesanti, con l’ulteriore condizione che non più di 700 siano operativi, gli altri a disposizione per addestramento, prove o in revisione.

All’interno dei limiti globali ogni paese è libero di scegliere la distribuzione di testate e sistemi vettori a seconda della propria strategia militare. Questa libertà non era presente nello Start e segna il superamento delle diffidenze proprie della guerra fredda, quando le varie classi di armi erano percepite come minacce di natura differente e andavano quindi controllate separatamente

Nel caso dei missili, il numero delle testate installate verrà monitorato sul posto, mentre a ciascun aereo si attribuisce comunque una sola testata, indipendentemente dall’effettiva capacità, tenendo conto che attualmente gli aerei strategici sia russi che americani non mantengono armi nucleari a bordo e comunque sono meno destabilizzanti dei missili, essendo più lenti e potendo venir richiamati una volta in volo.

La parte più complessa del New Start riguarda le misure di verifica, che devono garantire a ciascuna parte un’alta garanzia di poter individuare eventuali violazioni militarmente significative in tempi utili per una risposta prima che la violazione metta a rischio la propria sicurezza. Il trattato prevede una varietà di forme di controllo, attualizzando quelle in vigore nell’ambito dello Start e semplificandole alla luce degli sviluppi tecnologici e dai nuovi rapporti fra i due paesi. In particolare si da piena garanzia di non-interferenza con l’osservazione mediante satelliti, si richiede lo scambio di dati sulle forze strategiche e su ogni modifica e si da un ruolo fondamentale alle ispezioni dirette su siti e apparati, in particolare per il conteggio delle testate installate su ogni missile. Per la promozione degli obiettivi del trattato e la sua attuazione viene costituita una commissione consultiva bilaterale. Un punto su cui si è discusso a lungo è stata la cifratura dei dati telemetrici dei test missilistici, che era assolutamente proibita dallo Start I e che ora viene esclusa solo su 5 test all’anno, specificatamente concordati. In realtà tali informazioni non sono essenziali per la verifica del trattato, lo ha detto il segretario alla difesa americano, e ostico ai russi fornirle, ma è un tema caro ai repubblicani del Senato USA, cui sarà sottoposta la ratifica del trattato.

Se non sembra agevole per l’amministrazione americana riuscire a ottenere la ratifica del trattato da parte senato in tempi brevi, anche in Russia alcuni circoli si stanno mobilitando per creare difficoltà quando la Duma sarà richiesta la ratifica. Questo perché, secondo l’esperto russo Alexei Arbatov, la Russia di oggi dà più importanza alle proprie armi nucleari di quanto non lo facesse l’URSS durante la guerra fredda; questo perché si sente molto meno sicura rispetto a USA, Europa e Cina, data la grave inferiorità in armamenti convenzionali, l’allargamento a est della NATO, lo sviluppo di sistemi anti-missile e di armi strategiche convenzionali, campi in cui non può competere, e la presente debolezza economica.

A fronte delle limitate riduzioni effettive di armi e sistemi nucleari, il trattato è importante per tre motivi: anzitutto perché segna una fondamentale ripresa della collaborazione USA-Russia nel campo del controllo delle armi nucleari, superando le tensioni degli ultimi anni, e crea un clima di trasparenza e stabilità dell’assetto strategico, garantito da uno strumento formale, legalmente vincolante, il primo dopo 20 anni.

Quindi perché è un importante viatico per la prossima conferenza di revisione del trattato di non-proliferazione (Npt), al fine di ribaltare i negativi risultati della conferenza del 2005, in larga parte dovuti  proprio al mancato impegno delle potenze nucleari a procedere sulla via del disarmo, come prescritto dall’articolo VI del Npt.

Infine perché il nuovo trattato costituisce un primo passo del processo verso il “mondo privo di armi nucleari” auspicato dai due presidenti un anno fa, dimostrando che non si trattava solo di un enunciato propagandistico, ma un difficile impegno.

Naturalmente questo primo passo è piccolo, visto anche il breve tempo concesso ai negoziatori, che hanno dovuto riprendere da zero un filo praticamente interrotto da molti anni, ma deve proseguire affrontando via via i problemi rimasti inevasi: le armi nucleari tattiche, i missili strategici con testate convenzionali, la relazione fra armi offensive e sistemi difensivi, coinvolgendo in tempi brevi anche le altre potenze nucleari e quindi tutta la comunità internazionale.

 Va infine ricordato che la sicurezza militare è una parte sempre meno importante della sicurezza di un paese e che quindi occorre che al processo di riduzione degli armamenti corrisponda una revisione delle strategie globali e un progresso nelle relazioni politiche internazionali, che porti alla soluzione pacifica e stabile degli attuali gravi conflitti nei vari scacchieri mondiali.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.