Uno studio dell’Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli sull’anemia del Fanconi ha individuato la funzione di FANCD2, coinvolto nella riparazione del DNA, la cui mutazione è responsabile della tumorigenesi.
#LLL# Presenza di traslocazioni tra il cromosoma III
e il cromosoma V dovute a riparazione illegittima
in assenza del gene FANCD2 (Ibridazione in sito;
lo studio è stato svolto in un sistema modello:
Caenorhabditis elegans)
Uno studio dell’Istituto di genetica e biofisica del CNR di Napoli sull’anemia del Fanconi ha individuato la funzione di FANCD2, coinvolto nella riparazione del DNA, la cui mutazione è responsabile della tumorigenesi. Lo studio è stato pubblicato su Molecular Cell.
«FANCD2 è un gene che risulta mutato nell’anemia del Fanconi, una complessa e rara malattia genetica che presenta una varietà di sintomi, tra cui la predisposizione a sviluppare tumori solidi, anemia ed infertilità: tutti aspetti ascrivibili a difetti nella riparazione dei danni al DNA», spiega Antonio Baldini, direttore dell’Igb-Cnr. «Con questo studio abbiamo evidenziato che la funzione primaria del gene FANCD2 nelle cellule del corpo è soprattutto quella di tenere inattiva la "giunzione non omologa delle estremità dei cromosomi", un meccanismo di riparazione molto efficiente ma poco accurato», prosegue il ricercatore. «In caso contrario, cioè se il gene non funziona e la cellula adotta il meccanismo di replicazione "sbagliato", si ottengono anomalie cromosomiche e ipersensibilità ad agenti genotossici che sono la causa della predisposizione allo sviluppo di tumori solidi».
L'anemia del Fanconi è una rara forma di anemia dovuta a un'instabilità genetica che porta alla morte nei primi 20 anni di vita e causa anomalie di ossa e altri organi come cuore e reni. In Italia la metà dei casi si registra in Campania, in particolare nella provincia di Benevento dove vive un malato su quattro.
L'alta concentrazione geografica di questa malattia è fatto noto in genetica e può essere dovuta alla selezione ambientale oppure al cosiddetto “effetto fondatore”, quando un solo individuo portatore del gene-malattia lo ha diffuso in una determinata area geografica nel corso delle generazioni.
Questa scoperta riveste un'importanza particolare per lo studio dei tumori solidi in generale, poiché le sindromi ereditarie di predisposizione al cancro permettono ai ricercatori di distinguere le mutazioni dei geni “piloti” (la causa) del tumore da quelle dei geni “passeggeri” che sono la causa della sua insorgenza.