Il nuovo statuto del Consiglio Nazionale delle Ricerche, approvato dal suo Cda integrato dagli esperti nominati dal MIUR, è insieme un punto di arrivo e partenza. Conclude infatti il processo iniziato nel 2009 dal decreto di riforma degli enti di ricerca, e rappresenta un avanzamento rispetto ai processi innovativi intrapresi in questi anni, diventando così uno strumento per consolidare e migliorare gli straordinari risultati scientifici ottenuti dal CNR nell'ultimo triennio. Successi che hanno avuto riscontro nelle principali classifiche internazionali che vedono l'ente in posizioni di assoluto prestigio (Scimago Institution Rankings, Via Academy, Scopus,Relazione mid-term del VII Programma Quadro).
Com'è naturale, lo statuto di recente approvazione è frutto di equilibri tra diverse istanze. Il risultato mi trova però soddisfatto. Consentirà un rinnovamento importante, in grado di accrescere ulteriormente il valore della ricerca e la competitività del maggiore ente di ricerca italiano. Nello specifico, la sensibile riduzione dei Dipartimenti (da 11 a massimo 7) non comporterà alcuna perdita di competenze ma consentirà una maggiore interazione tra saperi, proprio per esaltare il punto di forza del CNR: la multidisciplinarietà. In più, sarà possibile un maggiore investimento sugli Istituti, anche attraverso una loro razionalizzazione, senza tuttavia pregiudicarne la capillare presenza sul territorio, necessaria per dialogare con le Regioni.
Nell'ottica di un migliore funzionamento e razionalizzazione, l'Amministrazione centrale sarà divisa in tre direzioni centrali: finanze, personale e servizi tecnologici. Anche gli uffici saranno ridotti di numero, e messi in condizione di migliorare il loro servizio alla Rete scientifica. Altra novità riguarda l'accentramento del coordinamento del trasferimento tecnologico e delle attività internazionali, per consentire un dialogo migliore e più diretto con i tradizionali partner del CNR.
Lo statuto ridisegna, almeno in parte, anche le figure del Presidente e del Direttore Generale, che ora saranno messe in condizione di dialogare e lavorare "in parallelo", ciascuno secondo le proprie competenze. Ciò ha determinato il venir meno delle ragioni di una nomina diretta del Dg da parte del Ministro vigilante. Un'eventualità da più parti vista come una limitazione dell'autonomia dell'ente.
Resta un punto importante da definire: quali soggetti debbano nominare due dei cinque componenti del Cda (tre sono di nomina ministeriale) e secondo quali procedure. Abbiamo demandato questa importante decisione al Ministro vigilante, e dunque rimane del tutto aperta la possibilità che la comunità scientifica dell'Ente possa esprimere un proprio rappresentante, come è stato chiesto da più voci.
Da scienziato, mi sono aggiunto senza esitazione all'appello dei 114 tra direttori di Istituto e di Dipartimento che hanno definito "irrinunciabile", in una lettera consegnata al MIUR, la rappresentanza di ricercatori e tecnologi nel Cda del CNR. Sono fiducioso che il Ministro, con la sua sensibilità, valuterà molto seriamente la richiesta, che peraltro è in linea con quanto accade nelle migliore realtà di ricerca.