Apprendiamo dalla stampa che a Grosseto è nato il "primo ospedale con medicina integrata”. Per la prima volta - riferiscono i giornali - un ospedale accoglie al suo interno ambulatori di agopuntura, omeopatia e fitoterapia. Non solo, ma, una volta tornati a casa, i pazienti potranno essere seguiti dagli specialisti delle suddette pratiche. Con fierezza si conclude dicendo che finalmente sono state messe sullo stesso piano le due “medicine”.
Ma è davvero possibile mettere le "due medicine" sullo stesso piano? No, perché c’è una grande asimmetria nel modo in cui vengono sviluppate. Da qualche decennio la vera medicina cerca di passare dalle impressioni alle prove, per evitare che gli ammalati vengano trattati senza la ragionevole sicurezza di ricevere interventi che indurranno un giovamento. E’ la medicina basata sull’evidenza che diventa sempre più attenta a valutare criticamente il rapporto benefici-rischi e, a parità di benefici, il rapporto costi-benefici. Sviluppare un nuovo farmaco costa oggi centinaia di milioni di euro, perché bisogna eseguire molte ricerche e molti controlli per garantire qualità, efficacia e sicurezza. La farmacovigilanza segue poi il farmaco per tutta la sua vita e accade che prodotti farmaceutici vengano ritirati dal commercio per la loro tossicità.
L’altra medicina è invece completamente senza prove. L’agopuntura è tutta in discussione anche per le molteplici modalità con cui può essere eseguita; i prodotti omeopatici, in gran maggioranza, non contengono nulla, i prodotti fitoterapici non si sa bene che cosa contengano e possono variare da preparazione a preparazione. Non vi è nessun controllo, sono stati messi in commercio solo con una notifica e non sono obbligati a presentare alcuna documentazione che ne garantisca l’efficacia. Mentre i prezzi dei farmaci rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale sono frutto di negoziazioni, i prodotti omeopatici e fitoterapici hanno facoltà di fissare il prezzo che vogliono.
La pseudo-ragione che determina la scelta di mettere le due medicine sullo stesso piano si basa sul diritto dei cittadini a essere liberi nella scelta o nel rifiuto delle terapie. Nessuno contesta questo diritto. Ma il denaro pubblico deve essere speso in modo acritico oppure solo per sostenere interventi che la ricerca scientifica – pur con i suoi limiti – garantisce essere utili? Se si accettasse il principio secondo cui bisogna accontentare i desideri di tutti, perché non dare spazio in ospedale anche a fattucchiere, a maghi e guaritori in cui una parte del pubblico ripone grande fiducia? E perché non garantire la disponibilità di amuleti a carico del Servizio Sanitario Nazionale, visto che nel paese vi sono molti scaramantici? Accettare le due medicine come se fossero le due facce della stessa medaglia significa rinnegare secoli di progresso scientifico, umiliare chi ogni giorno con grande sacrificio e pochi mezzi cerca di far progredire le conoscenze e lavora per discriminare le molte impressioni dalle poche certezze, nella speranza di migliorare le terapie esistenti.
La via delle due medicine è anche un attentato a un bene prezioso: il Servizio Sanitario Nazionale, la cui sostenibilità nel tempo è legata al rimborso dei trattamenti basati sull’evidenza. E’ bene che i politici riflettano sulla necessità di privilegiare la razionalità anzichè rincorrere tutto ciò che può portare consensi e voti.