Giuseppe “Beppo” Occhialini (Fossombrone, 1907 - Parigi, 1993) è stato uno dei più grandi fisici italiani del XX secolo. È un figlio d’arte, sia nel senso che il padre, Augusto Raffaele, era a sua volta fisico, sia nel senso che la madre, Etra Grossi, appartiene a una famiglia di letterati (lo zio di Etra, Luigi Mercantini, è un noto poeta, autore di “La spigolatrice di Sapri” e di “Inno a Garibaldi”.
Giuseppe segue le orme paterne e nel 1929 si laurea in fisica presso l’Università di Firenze discutendo una tesi sui raggi cosmici. Studia all’Istituto di Fisica fondato ad Arcetri da Antonio Garbass, dove lavorano da più di un anno Bruno Rossi e Gilberto Bernardini e dove insegnava Enrico Persico.
Dopo la laurea, Occhialini parte per Cambridge, in Inghilterra, con una borsa di studio del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Presso il Cavendish Laboratory collabora con Patrick M.S. Blackett, ottenendo subito un grande risultato: la conferma dell’esistenza del positrone, la particella di antimateria prevista dalla teoria quantistica dell’elettromagnetismo di Paul Dirac e scoperta poche settimane prima da Carl Anderson. Blackett e Occhialini rilevano il positrone esponendo ai raggi cosmici una camera a nebbia di Wilson (ideata da Blackett), corredata di un circuito di coincidenze, realizzato con contatori Geiger, messo a punto proprio da Occhialini, mediante una tecnica appresa ad Arcetri da Bruno Rossi, il grande pioniere dello studio dei raggi cosmici.
La scoperta del positrone costituisce uno dei due grandi risultati scientifici di Beppo Occhialini. Il secondo arriverà quindi anni dopo. Nel 1934 ritorna a Firenze. Garbasso è morto, Rossi è andato a Padova, il clima creato dal regime fascista gli è insopportabile: così nel 1937 Occhialini parte per il Brasile e lavora fino al 1944 presso la neonata Università di San Paolo. Deve lasciare l’università quando il Brasile dichiara guerra alla Germania e all’Italia e lui si ritrova nella condizione di “straniero nemico”. Vivrà per un anno in una capanna sui monti tra San Paolo e Rio de Janeiro. In memoria delle sue escursioni c’è ancora un picco chiamato “Pico Occhialini”.
Nel 1944 può ritornare in Inghilterra e a a lavorare presso il Wills Laboratory di Bristol, diretto da Cecil Powell. I due, insieme al brasiliano Cesar Lattes, studiano i raggi cosmici esponendo loro non più camere a nebbia, ma speciali emulsioni fotografiche. Grazie a questa tecnica, messa a punto soprattutto da Beppo, i tre (Occhialini, Powell e Lattes) scoprono il “mesone p”, detta anche particelle di Yukawa. Un passaggio decisivo nella rilevazione sperimentale di particelle portatrici dell’interazione forte, una delle quattro forze fondamentali della natura, che tiene insieme i quark nei nucleoni e, appunto, nei mesoni ed è responsabile della stabilità del nucleo atomico.
Nel 1948 Blackett riceve il premio Nobel per la scoperta del positrone. Nel 1950 Powell riceve il premio Nobel per la scoperta del mesone p. A Stoccolma nessuno pensa di premiare anche Beppo Occhialini, che è almeno coprotagonista di entrambe le scoperte.
Dopo la nuova stagione inglese, Occhialini si trasferisce a Bruxelles e poi in Italia. A Milano insegna Fisica superiore e fonda il Laboratorio di fisica cosmica e tecnologie relative del CNR e la Sezione astrofisica del Dipartimento di Fisica. Creando una scuola che è protagonista nella ricerca dei raggi cosmici negli anni ’50 e poi protagonista della ricerca in astrofisica.
Giuseppe Occhialini ha dato un contributo decisivo alla fondazione dell’Agenzia spaziali italiana (ASI) e all’Agenzia spaziale europea (ESA).
È ricordato da tutti per la sua ironia e la straordinaria umanità.
… sarebbe stato giusto tu fossi al mio fianco a Stoccolma (Patrick M.S. Blackett, premio Nobel per la fisica 1948)
Non mi piace essere intervistato. Il registratore riporterebbe quello che ho detto, ma non quello che volevo dire (Giuseppe Occhialini)