Il 25 gennaio a Roma è stata presentata GenEticaMente, la nuova iniziativa promossa dalla Fondazione dei Diritti Genetici (FDG), presieduta da Mario Capanna, e nuovo polo permanente di studio e diffusione della cultura scientifica interdisciplinare.
A tenere a battesimo GenEticaMente, oltre al presidente Mario Capanna, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, il presidente di Coop Italia Vincenzo Tassinari, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, ed il sindaco di Ladispoli Enzo Paliotta.
Per la realizzazione del progetto è stato firmato un protocollo d'intesa tra la FDG, sette ministeri (Beni Culturali; Istruzione, Università e Ricerca; Ambiente, Politiche Agricole, Sviluppo Economico, Affari Esteri, Politiche europee), la presidenza del Consiglio del Consiglio dei ministri, le Regioni Lazio e Puglia e il Comune di Roma.
Come si legge dallo statuto la Fondazione no profit «ha lo scopo di sviluppare e incrementare l’attività di ricerca scientifica e la sua divulgazione» e in quest’ottica GenEticaMente ha come obiettivo dichiarato quello di fare una ricerca in agricoltura che sia “alternativa agli OGM”, adottando “un modello partecipato”. Queste le due parole chiave del progetto che vale la pena approfondire in quanto sottendono concetti che da subito sono diventati oggetto di dibattito e polemica.
Come ricerca alternativa agli OGM GenEticaMente dichiara di voler utilizzare la tecnica agricola di “selezione assistita da marcatori”, detta MAS (marker assisted selection). Con questo metodo si individuano sul genoma di altre varietà le caratteristiche desiderate di una particolare pianta coltivata, dopo di che le si ibrida con quelle attualmente in commercio per migliorarle. Secondo Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione la MAS rappresenta l’unica alternativa sostenibile «all’imbroglio degli organismi geneticamente modificati» perché con questa tecnica, la selezione di nuove varietà rimane sempre circoscritta all'interno di una singola specie. In una lettera ai ministri competenti inoltre Mario Capanna scrive che la biotecnologia MAS è «del tutto compatibile con l’ambiente, chiaramente utile all’agricoltura e ampiamente condivisibile sul piano etico e sociale». L’Italia, conclude Capanna, «ha bisogno di investimenti pubblici nella ricerca e nella ricerca agroalimentare. E deve scegliere la biotecnologia giusta. E i MAS lo sono».
Ed ecco che su questo argomento vengono mosse da parte dei ricercatori le prime critiche e opposizioni. Secondo il parere di Luigi Cattivelli del Cra - Centro di ricerca per genomica e postgenomica animale e vegetale - è scorretto presentare la tecnica MAS come unica alternativa agli OGM. «I due approcci non sono equivalenti» spiega Cattivelli: la tecnologia MAS è uno strumento di selezione nell’ambito di una biodiversità naturale o generata dall’uomo, mentre l’uso di OGM consente di generare nuova biodiversità inserendo nuovi caratteri nelle specie coltivate. «Deve essere chiaro che MAS e OGM hanno applicazioni distinte» continua Cattivelli: la tecnologia MAS è conveniente per trasferire caratteri tra individui della stessa specie, mentre la tecnologia OGM consente di trasferire caratteri senza limiti di specie. Per questo motivo, secondo i biotecnologi è molto fuorviante e tendenzioso da parte della Fondazione presentare gli OGM come unica soluzione per praticare la selezione al fine di scegliere piante geneticamente superiori e più idonei ai fini agricoli.
Altro caratteristica con cui il progetto GenEticaMente si vuole distinguere, e che tuttora accende il dibattito in corso in queste settimane, è quello di avvalersi del modello partecipato di ricerca scientifica. L’intento della Fondazione è infatti quello di «diffondere una cultura interdisciplinare della scienza, consapevole del ruolo sociale della ricerca e della necessità di creare modelli condivisi di innovazione». Ma che cosa si intende esattamente con ricerca partecipata? La ricerca partecipata, di cui ci offre una chiara definizione Giordano Masini, si distingue dal modello di ricerca tradizionale per il «coinvolgimento di soggetti portatori di interesse e dei beneficiari dei suoi risultati in tutte le diverse fasi del suo svolgimento. La partecipazione rappresenta una forma di alta democrazia dei processi di conoscenza, dove i beneficiari ultimi determinano sia i processi di ricerca che l’interpretazione delle azioni che devono seguire». Tutto sta quindi nell’interpretare chi siano “i soggetti portatori di interesse” e chi “i beneficiari ultimi”. Soprattutto quando, come in questo caso, viene dichiarato dal prof. Capanna che tale progetto di ricerca partecipata potrà disporre di un finanziamento di 20 milioni di euro, pari a 1/5 di tutto il budget del ministero dell' Università.
Le critiche, durissime, non hanno quindi tardato ad arrivare, prima da parte dell’Associazione Italiana dei Biotecnologi (ANBI) tramite lettera aperta del presidente Simone Maccaferri, cui è seguita la lettera del presidente della Federazione Europea di Biotecnologia (FEB) Marc Van Montagu. Attraverso queste due associazioni la comunità scientifica italiana e quella europea, entrambe allarmate, ritengono che la fondazione stia per ricevere un’importante finanziamento da parte del governo italiano «senza aver avuto un’appropriata valutazione accademica o professionale da parte degli esperti».
Ancora più netta la disapprovazione apportata da Marco Gobbetti, Presidente AISSA (Associazione che riunisce le Società/Associazioni scientifiche italiane che si occupano di ricerca in agricoltura e che rappresenta più di 3500 ricercatori del settore sia dell'Università che di altri Enti di ricerca) il quale sottolinea come «ogni forma di finanziamento pubblico deve procedere secondo un sistema di attribuzione meritocratico e trasparente, basato su modelli "peer review" che tengano conto dell'innovazione rispetto ai risultati acquisiti dalla ricerca, della competenza dei proponenti, e che dia la possibilità a tutti i ricercatori di presentare le loro proposte». In tale ottica anche GenEticaMente deve attenersi a questo sistema di valutazione, qualora attinga a finanziamenti di carattere pubblico. Il direttore scientifico della FDG risponde su Science scrivendo che «chiunque può capire la scienza anche se non ha pubblicazioni peer reviewed in merito».
A questo punto il dibattito si fa ancora più ampio e non si ferma più a una questione di valutazione scientifica e di attendibilità della ricerca finalizzata al reperimento di fondi, ma si allarga a questioni di epistemologia della ricerca stessa. Alcuni attenti ricercatori e giornalisti hanno paragonato tutta l’intera vicenda alla «politicizzazione della biologia del sovietico Lysenko» come scrive Gilberto Corbellini e come ricorda anche il prof. Francesco Sala dell’università di Milano, avvenuta in Unione Sovietica negli anni '30-40 del secolo scorso . Lysenko ebbe l'incarico politico di bloccare lo studio dell'ereditarietà dei caratteri basato sulle leggi di Mendel, lasciando la ricerca agronoma dell’ Unione Sovietica arretrata per diversi decenni. Ciò è quello che si teme avvenga anche oggi con questo caso italiano, in cui si rischia che il “controllo politico” attuato attraverso la Fondazione privata stessa agisca non più sui prodotti della ricerca, attraverso quella che dovrebbe essere la democrazia partecipata, ma sulle modalità di produrre ricerca, attraverso la già citata ricerca partecipata.
Paola Petrillo