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Staminali fra scienza ed etica

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La tutela della libertà scientifica è prevista dalla Costituzione italiana. Con questa affermazione  all’apparenza semplice e scontata, il Documento della Commissione per i problemi etici posti dalla scienza della Chiesa Valdese ribadisce quello che dovrebbe essere un punto fermo nel dibattito, oggi acceso più che mai, in merito alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali umane. Dovrebbe essere, ma non è, poiché la ricerca su queste cellule solleva delicate questioni etiche e notevoli divergenze di opinioni sulla manipolazione dell'embrione, sia pure per finalità benefiche, sia moralmente lecito.

Due sembrano essere, secondo il Documento, i principali approcci alla questione, entrambi non risolutivi. Il primo tenta di definire il momento in cui l’embrione possa dirsi "persona": rifacendosi alla scienza per fondare la plausibilità delle proprie risposte, questa posizione si autocondanna all’eterna mancanza di una "stabilità empirica". Anche dal secondo approccio, se pur caratterizzato dal rifiuto della questione ontologica, è comunque derivata su più fronti una critica alla sperimentazione scientifica, sulla base delle sue conseguenze etiche.

Quali riflessioni, dunque, possono guidare la nostra valutazione? Innanzitutto c'è appunto la tutela costituzionale della libertà di ricerca scientifica. Questa è certamente controllabile dallo Stato, ma la conoscenza prodotta non lo è in alcun modo, né può essere limitata nella diffusione internazionale dei suoi risultati. Ciò significa che anche l’Italia, così restrittiva nelle sue leggi, utilizzerà per gli esperimenti su cellule staminali adulte le risultanze di studi effettuati in altri paesi su quelle embrionali.

Il Documento risale al 2009, e la ricerca scientifica ha recentemente portato ad alcune novità: nello stesso 2009, lo scienziato giapponese Yamaraka riprogrammava cellule della pelle (fibroblasti), riportandole allo stadio di cellule staminali embrionali pluripotenti, cioè in grado di specializzarsi in tutti i tipi di cellule di un individuo adulto (iPS). Nel 2010 si realizzava addirittura la trasformazione diretta di fibroblasti cutanei di topo in neuroni, senza dover passare attraverso lo stato di cellule staminali embrionali pluripotenti.

E’ notizia recente, tuttavia, che il biologo molecolare Yang Xu (Università della California) ha riscontrato nelle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) dei topi lo sviluppo di una forma di rigetto da parte dell’organismo ricevente. Rimane da valutare l’impatto di una simile scoperta, anche alla luce del fatto che sono state utilizzate iPS derivate da cellule embrionali, mentre sull’uomo verrebbero utilizzate quelle di derivazione adulta.

Sta di fatto che, ancora oggi, il ricorso alla ricerca su cellule embrionali non è escluso da nuovi e sicuri metodi alternativi. L’approccio del Documento Valdese è in questo senso di stampo costruttivo, fiducioso, e dichiaratamente rifiuta le facili generalizzazioni. Difficile, oggi, trovare in documenti ufficiali una rinuncia cosi aperta ad atteggiamenti pregiudizialmente difensivi nei confronti del progresso scientifico. Il Documento si conclude definendo la scienza una “espressione positiva della nostra libertà di esseri umani” e un modo di costruire la nostra storia. Si dichiara inoltre favorevole alla possibilità che la ricerca si avvalga di embrioni soprannumerari, altrimenti destinati alla distruzione.

Il volume, curato da Anna Rollier a Luca Savarino, propone ai lettori non esperti un breve ma completo glossario scientifico, che spiega la differenza tra i diversi tipi di cellule staminali e i concetti basilari della medicina rigenerativa. Seguono dieci brevi saggi in cui altrettanti intellettuali, provenienti dal mondo della scienza, del diritto e della filosofia, commentano il Documento della Chiesa Valdese ed esprimono le proprie opinioni sulla spinosa questione delle cellule staminali embrionali e della libertà di ricerca scientifica.

Barbara Bottalico


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