Giacomo Luigi Ciamician (Trieste, 1857 – Bologna, 1922), fondatore della moderna fotochimica sperimentale, è tra i più grandi chimici italiani del periodo unitario.
È nato nel 1857 nella città porto dell’Impero austriaco. La famiglia è parte della comunità armena.
Giacomo Luigi studia a Trieste, poi nella capitale dell’Impero, Vienna, e infine si laurea i scienza naturali presso l’università Justus Liebig a Giessen con una tesi sull’affinità chimica. La chimica è la sua passione e la ricerca la sua prospettiva di vita. Ma il giovane Ciamician, sebbene abbia la nazionalità austriaca, vuole tornare in Italia, perché – come scrive il professor Adolf Lieben, docente dell’università e membro dell’Accademia delle Scienze di Vienna, in un paio di lettere con cui la raccomanda tessendone le lodi a Stanislao Cannizzaro – «si sente italiano».
Ed ecco, dunque, che nel 1880 Ciamician è a Roma, assistente di chimica organica nel gruppo del chimico italiano di gran lunga più noto in patria e all’estero, Stanislao Cannizzaro. In capo a due anni il giovane triestino è libero docente di Chimica generale e, passati altri due anni, ottiene, per regio decreto, la cittadinanza italiana. Dopo aver rinunciato a una cattedra a Catania, nel 1887 ne accetta una a Padova. Due anni dopo è a Bologna, titolare della cattedra di Chimica generale. È una città che ama, anche perché, sostiene, è quella dove si può ascoltare la migliore musica italiana. Nel 1889 rifiuta l’invito di Lieben di ritornare a Vienna per occupare la cattedra di Chimica generale e dirigere il primo Istituto Chimico di un’università che è tra le più prestigiose (e ricche) d’Europa, dove lavorano persone del calibro di Ernst Mach e di Ludwig Boltzmann.
Il primo interesse scientifico del chimico triestino è la spettroscopia. È Dmitrii Mendeleev – il celeberrimo scienziato russo considerato il padre della tavola periodica – a riconoscere, in una Faraday Lecture tenuta a Londra nel 1889, il contributo fondamentale di Ciamician nello studio degli spettri e nella scoperta della periodicità delle proprietà degli elementi chimici. Ma il chimico triestino diventa noto, anche fuori d’Italia, per i suoi studi sul pirrolo.
Sono però i suoi studi successivi, sulla composizione degli olii essenziali di varie piante, sull’azione chimica della luce (questi ultimi realizzati tra il 1900 e il 1915 e sintetizzati in 40 note e 9 memorie) e sulla funzione e trasformazione delle sostanze contenute nelle piante, molti condotti in collaborazione con Paolo Silber, che lo portano a diventare “il profeta dell’energia solare”. Sia perché con gli studi sull’azione chimica della luce diventa non uno dei pionieri ma l’autentico fondatore di una nuova disciplina: la fotochimica.
Ma Ciamician non si limita a questo. Propone un traguardo culturale ai chimici e alla società del futuro: impariamo a imitare la natura e “a fare come le piante”, piuttosto che fare concorrenza alle piante con l’industria chimica fondata “sul catrame”.
Da questo punto di vista profetica è, appunto, la relazione "La fotochimica dell’avvenire" che tiene l’11 settembre 1912 a New York nel corso dell’VIII Congresso Internazionale di Chimica Applicata e il cui testo viene pubblicato a stretto giro (il 27 settembre) su Science.
Luigi Giacomo Ciamician muore nel 1922.
Chissà che in avvenire non sia possibile mandare in effetto delle reazioni fotochimiche, come sarebbe la seguente: gli ultimi prodotti della combustione, i rifiuti che le fabbriche mandano nell’aria, sono l’anidride carbonica e il vapore acqueo. Dato un opportuno catalizzatore si dovrebbe potere, con la partecipazione dell’energia solare, trasformarli in metano ed ossigeno i quali, bruciando, ridarebbero, naturalmente, in forma di calore tutta l’energia acquistata dal sole. Quando un tale sogno fosse realizzato le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa nulla e non paga tasse! (Giacomo Luigi Ciamician)