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Open internet: America chiama, Napoli risponde

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E’ partenopeo l’unico progetto di ricerca europeo scelto per la competizione lanciata dall’Autorità Garante americana (FCC) sulla “Open Internet”. Si chiama BISMark, e a lavoro c’è un gruppo di ingeneri dell’Ateneo Federiciano insieme a un team dell’Università d’Atlanta. “Internet – dicono – è come l’aria: tutti abbiamo gli stessi diritti di usarla”.

L’America chiama, Napoli risponde. Nota ormai nel mondo intero grazie alla sua inamovibile monnezza (la pizza pare sia condannata a essere un brand superato!), il capoluogo campano si fa valere sulla scena internazionale grazie a due ingegneri informatici. La posta in gioco è nientemeno che la libertà della rete. Anzi, la sua “neutralità”. Sì perché nonostante l’audace ottimismo professato qualche tempo fa da Pierre Levy, secondo cui internet sarebbe né più né meno che una “nuova tappa hegeliana dello Spirito verso l’autocoscienza”, il dibattito sull’effettiva trasparenza di questo moltiplicatore di libertà è tutt’altro che placido. Uno dei problemi centrali a riguardo è quello rappresentato dalla cosiddetta “net neutrality”, cioè dalla garanzia che chi ha il potere di gestire il traffico digitale non abbia anche quello di discriminarne i contenuti. Immaginate un provider che abbia il potere di bloccare una certa tipologia di peer-to-peer o di voip per salvaguardare i propri interessi, oppure la facoltà di rallentare appositamente i traffici di giovani start-up in modo da favorire gli interessi di concorrenti già forti sul mercato. È chiaro che si tratterebbe di una versione notevolmente degenere dello strumento che negli ultimi vent’anni ha per molti rivoluzionato il concetto stesso di libertà. Il progetto messo in campo dai ricercatori partenopei si chiama “BISmarck” (Broadband Internet Service BenchMark) e rientra in un filone di ricerca così promettente da sedurre anche Google. Big G ha infatti già messo sul piatto 1 milione di dollari ed altri ancora è pronta a sborsarne per mettere le mani su queste innovative tecnologie.

Per trovare una soluzione credibile a un problema a dir poco strategico per il futuro di internet, o quanto meno al suo “potenziale emancipatorio” (sempre per citare Levy), l’Autorità Garante degli Stati Uniti in materia di Telecomunicazioni (FCC) ha bandito un megaconcorso aperto a tutti i cervelloni del globo versati sull’analisi e la trasparenza dei traffici digitali. Unica condizione per partecipare al contest era la collaborazione con gruppi di ricerca americani. E così Antonio Pescapè e Walter de Donato, rispettivamente ricercatore e dottorando del Dipartimento di Informatica e Sistemistica della “Federico II”, unici ricercatori in Europa a partecipare alla competizione americana sulla “Open Internet”, hanno stretto una partnership con il team della Georgia Tech University guidato da Nick Feamsterm, tra i massimi esperti mondiali del settore. Il risultato è stato appunto “BISmark”, ovvero la realizzazione di speciali router in grado di valutare le prestazioni, la qualità e la trasparenza di connessione di ogni singolo utente. A differenza di tutti i sistemi di analisi delle reti realizzati sinora, “BISmark” è il primo a coinvolgere attivamente gli utenti. I router su cui è installato il sistema verranno infatti distribuiti casualmente a utenti in tutto il mondo, i quali verificheranno in prima persona, senza alcuna mediazione da parte dei provider, la qualità della connessione. Si tratta di una piccola rivoluzione, perché tutti progetti analoghi realizzati sinora sempre visto la presenza massiva degli operatori. “Era un po’ come chiedere all'acquaiolo se l'acqua è fresca”, sintetizza eloquentemente Pescapè, responsabile del progetto. I router sono stati finora inviati negli Stati Uniti, in Europa, in India e in Sud Africa.

Con il sistema messo su dal team italo-americano ogni singolo utente potrà quindi finalmente verificare da sé se le prestazioni offerte dai provider sono sufficienti a garantire l'utilizzo di alcuni servizi (per esempio IPTV, Videoconferenza, Telemedicina), se sono effettivamente in linea con quanto concordato nel contratto di fornitura e, soprattutto, se il provider impone eventuali filtri nell’accesso ai contenuti. “Lavoriamo sulla net-neutrality da alcuni anni. L’obiettivo della nostra attività di ricerca – spiega Pescapè – è quello di perfezionare dei sistemi che possano garantire la cosiddetta open internet, vale a dire una rete aperta senza nessuna forma di censura digitale”.

Lo sviluppo del progetto si è svolto anche interagendo con la “SamKnows Ltd”, società incaricata di uno studio analogo prima nel Regno Unito e poi negli USA e “BISMark” di fatto raccoglie questa esperienza migliorando i punti deboli riscontrati, a partire dalla personalizzazione del controllo. “Ora siamo in competizione per il bando lanciato dalla FCC, l’Autorità Garante degli States. Speriamo bene”, aggiunge. Noi possiamo aiutarli a vincere. Il sistema di valutazione prevede infatti una duplice piattaforma: tutti gli internauti, indipendentemente dalla nazionalità, possono votare tra i vari sistemi (per votare per “BISMark” basta andare qui); in un secondo momento, al voto degli internauti, si sommerà quello di una giuria tecnico-scientifica. Per votare bisogna fare in fretta, il contest scade venerdì 15 luglio.

Chi intanto sta scommettendo molti su questo filone di ricerca è Google, che ha finanziato con 1 milione di dollari il gruppo della Georgia Tech University guidato da Feamsterm per sviluppare sistemi in grado di intercettare forme di censura in rete. “BISMark – spiega Pescapé – è una possibile piattaforma con la quale sarà possibile raggiungere questo obiettivo. Oltre al finanziamento di Google – continua – ne esiste un altro di entità analoga della NSF americana, mentre qui in Italia tutto tace”. È vero, al di fuori delle cerchie degli addetti ai lavori, di queste cose qui non se ne parla. Negli ultimi due anni sono stati presentati un paio di disegni di legge, e per intendersi su quanto sia avvertita la questione basta dire che sono stati entrambi discussi, lo scorso marzo, in una sessione della VIII Commissione del Senato durata, come ha denunciato Guido Scorza nel suo blog sul Fatto.it, “ben venti minuti”.

Eppure la trasparenza di internet, ribadiscono i nostri due ingegneri, è questione di principio. Qualche filosofo direbbe: “ne va dell’essenza stessa della cosa”. “Ogni volta che parliamo con qualcuno – osservano Pescapè e De Donato – il mezzo che trasporta il suono è l'aria. L'aria trasporta allo stesso modo le comunicazioni di tutti, non discrimina le comunicazioni a seconda del contenuto o di chi sta parlando e nessuno deve chiedere alcun permesso per poter usare l'aria. L'aria, con le sue caratteristiche, che sono note a tutti, è neutrale. Bene, così deve essere anche per la rete”.


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