fbpx La coda lunga dell'11 settembre | Scienza in rete

La coda lunga dell'11 settembre

Tempo di lettura: 3 mins

Nella peggiore catastrofe della storia degli Stati Uniti dalla fine della seconda guerra mondiale sono morte quasi tremila persone ma altre stanno continuando a morire o moriranno di qui a qualche anno. Quanti alla fine i morti dell’11 settembre? Lancet di questa settimana ci dedica un intero numero. Fra i sopravvissuti si contano centinaia di disabili e migliaia di persone che dovranno curarsi per tutta la vita. Poi ci sono quelli che prendevano parte ai soccorsi, a rimuovere le macerie o che erano lì, residenti, passanti o studenti, tutta gente (quasi 50.000 persone) che ha respirato una miscela di amianto, polveri di cemento e fumo per giorni e settimane, senza quasi nessuna protezione. Studiosi di diversi ospedali e università di New York ne hanno seguite più di 40.000 di queste persone, per sei anni, dal 2003 al 2009 e continuano a farlo. Tutti - soccorritori e non - hanno respirato gli stessi veleni: molti di loro oggi soffrono di asma e di malattie respiratorie croniche. Quanto alle malattie del cuore gli studiosi hanno visto che c’era un rapporto fra esposizione ad alte quantità di polveri (e per tempi lunghi) e morte per infarto e scompenso di cuore. Ma solo per quelli che vivevano lì o si trovavano da quelle parti al momento del crollo. I soccorritori no, loro non hanno avuto problemi di cuore, o almeno non più di chi stava in altre aree di New York. Nell’analizzare questi dati è importante tener presente che le persone che partecipano ai soccorsi sono persone sane, di solito anche più di chi alla stessa età fa altri lavori, era prevedibile che loro non avrebbero avuto problemi di cuore. Quanto ai tumori c’è stato solo un eccesso di morti per meningioma, un tumore del cervello che si sviluppa molto lentamente, vedremo quello che succede più avanti. Ci sono stati anche otto morti di mieloma, un cancro del sangue, e questo è più di quello che ci si poteva aspettare, ma sono numeri piccoli, è presto per dare un giudizio. Nessun aumento per quanto riguarda gli altri tumori per adesso, vedremo nei prossimi anni, i medici queste persone continuano a seguirle con molta attenzione.

L’11 settembre ha trasformato una malattia che prima era piuttosto rara - i medici la chiamano “post-traumatic stress disorder”, vuol dire ansia, incubi, non dormire più, essere tormentati da ricordi spaventosi e tanto d'altro - in una malattia relativamente frequente. Ne soffre uno su dieci di quelli che abitano a Manhattan. Come per tutte le altre malattie i poveri e gli immigrati sono i più vulnerabili ma anche le donne e chi ha avuto una storia di depressione o di malattia mentale. Cure non ce ne sono, salvo che stare insieme, parlarne, recuperare rapporti sociali, insomma ci si deve aiutare un po’ da soli.

Dopo il crollo delle torri l'America ha avuto paura e ci sono state due guerre: 46.000 ragazzi impegnati in Iraq e 98.000 in Afganistan. Molti di loro hanno avuto problemi di depressione, abuso di alcol, sindrome da stress post-traumatico e ci sono stati più suicidi che nella guerra del Golfo. La guerra ha causato molti morti fra i civili, ha danneggiato le poche infrastrutture di salute di quei luoghi, ha costretto tante persone a lasciare le loro terre e ci sono state violazioni dei diritti umani.

L’editoriale che apre il numero del Lancet dedicato al crollo delle torri gemelle finisce così “le celebrazioni dell’11 settembre dovrebbero essere per quelli che sono morti, certo, ma anche per quelli che moriranno nei prossimi anni a causa di quell'attentato, in America e in Iraq e in Afganistan”.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Sanità più sostenibile: le raccomandazioni SIAARTI per una anestesia green

Immagine di una sala operatoria con un anestesista e un paziente addormentato sullo sfondo di elementi vegetali

Nel contesto della campagna Green Choosing Wisely, sostenuta da Slow Medicine, con la finalità di rendere i sistemi sanitari più sostenibili, la Società italiana di anestesia ha pubblicato le cinque raccomandazioni per rendere le attività legate all’anestesia e all’analgesia meno impattanti sull’ambiente. A partire dalla scelta dei gas utilizzati per addormentare i pazienti, di cui alcuni hanno un effetto serra che supera di migliaia di volte quello della CO2.

Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni: il 5% circa delle immissioni in atmosfera di gas clima-alteranti di origine antropica è riconducibile ai servizi sanitari, un valore equivalente a circa il doppio delle immissioni legate all’intero trasporto aereo mondiale (si veda, per questi dati, il Lancet).