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Le metamorfosi di Atlantide

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Ci sono tre aspetti interessanti (più uno) nel libro Le metamorfosi di Atlantide che Marco Ciardi, storico della scienza presso l’Università di Bologna, ha pubblicato con l’editore Carocci.

Il primo è la puntuale ricostruzione storica di un “concetto nomade”, migrato attraverso i secoli cambiando continuamente pelle, per esserci restituito oggi così come ce lo ha presentato per la prima volta Platone, nel Timeo, nel 360 avanti Cristo.

Il secondo è la funzione creativa che Marco Ciardi, riprendendo le parole del fisico Michio Kaku attribuisce alla «scienza dell’impossibile», se correttamente maneggiata.

Il terzo aspetto interessante, infine, riguarda il ruolo che può avere e, talvolta, ha la letteratura (o l’arte in generale) nel definire un corretto approccio scientifico a un problema controverso.

Il tutto condito da un ritmo letterario avvincente, che spinge a leggere un libro di storia (un libro di storia della scienza) come se fosse un romanzo.

Riguardo al primo aspetto Marco Ciardi ci ricorda come Platone parli di Atlantide non come di un “paese delle meraviglie” abitato da superuomini, ma semplicemente come di un’isola, ubicata nel “vero mare”, cioè nell’Oceano Atlantico, che ospita una civiltà più avanzata e potente di quelle mediterranee e di come questa civiltà sia scomparsa a causa di un evento geologico (un terremoto). Non ci sono documenti di alcun genere che possano aiutare gli storici (e i geologi) a sostenere che l’esistenza Atlantide sia vera, verosimile o falsa. Certo così come la racconta Platone non è mitologica.

Solo nel corso del tempo la storia di Atlantide subisce una serie di metamorfosi che la trasformano in un mito. Il “concetto nomade” ha attraversato la letteratura storica, quella scientifica, quella letteraria fino al cinema e a i fumetti. Ogni volta mutando aspetto. Diventando, spesso, un mito. Eppure oggi la storia di Atlantide può essere ricondotta alla sua veste originaria, di un racconto “realistico” privo di documentazione storica.

Una prima e avvincente chiave di lettura del libro di Marco Ciardi, dunque, è quella di ricostruire le metamorfosi cui può andare incontro un “concetto nomade” navigando nel fiume dei secoli.

 Il secondo aspetto è relativo a una domanda: che farsene di storie come quelle di Platone: possibili, ma prive di documentazione? La risposta di molti storici è, semplicemente, niente: perché non c’è storia (scientificamente accreditabile) senza documentazione. Ma ricorda Marco Ciardi riprendendo Michio Kaku, non è detto che la «scienza impossibile», ovvero priva di documentazione, non abbia alcuna funzione. Anche le «macchine del tempo» sono «scienza impossibile». Eppure, nel tentativo di dimostrarne la possibilità o l’impossibilità di esistenza, le «macchine del tempo» hanno consentito a molti teorici di fare buona fisica. Ovviamente, occorre maneggiare con estrema cautela la «scienza impossibile». E tuttavia se alla prudenza si accompagna una mente aperta e sgombra di pregiudizi, si possono cogliere buoni frutti. Nel nostro caso, il tentativo di dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Atlantide su basi scientifiche può far aumentare le nostre conoscenze storiche e geologiche documentate relative a un arco di secoli intorno al 1.200 avanti Cristo. Così come il tentativo di dimostrare l’esistenza o la non esistenza delle “macchine del tempo” ha fatto accrescere la conoscenza intorno ad alcune problematiche aperte di fisica relativistica.

Il terzo aspetto riguarda la posizione assunta intorno alla questione di Atlantide da storici, scienziati e letterati. Si tratta di posizioni le più diverse. Ma in genere dicotomiche. Da un lato che crede, pur senza averne la prova, che Atlantide sia esistita e non si lascia sfiorare dal dubbio. Dall’altra, in maniera speculare, chi crede che Atlantide non sia esistita e non si lascia sfiorare dal dubbio. Mentre è proprio il dubbio sistematico l’unico approccio scientifico sostenibile di fronte a questa storia. Una posizione, sostiene Ciardi, assunta in maniera chiara da un narratore di fiction su Atlantide, l’italiano Alfredo Castelli. Il quale in una serie di scritti citati da Ciardi distingue ciò che è invenzione letteraria da ciò che è ipotesi scientifica e si lascia aperte tutte le possibilità, fino a prova contraria.

Non è un caso che Castelli avanzi una proposta plausibile sul luogo dove andare a cercare Atlantide, se è esistita. Dove si trova questo luogo del possibile? Beh, non possiamo mica svelare il finale della storia ricostruita come un romanzo da Marco Ciardi.


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