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Promosso il nuovo Ministro dell'Istruzione

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Ottima scelta, quella di Francesco Profumo al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Per almeno tre ordini di motivi: è una persona competente ed esperta; gode del riconoscimento e del consenso della comunità scientifica e accademica; ha un’idea chiara del ruolo che l’educazione terziaria (universitaria e post-universitaria) e la scienza hanno nella società e nell’economia della conoscenza.

Che sia una persona esperta e competente è il suo curriculum a dirlo. Nato a Savona nel 1953, si è laureato nel 1977 in ingegneria elettrotecnica al Politecnico di Torino, dove è poi diventato professore, preside di dipartimento e (dal 2005) rettore. Ha fatto parte del primo comitato di valutazione dell’università e della ricerca (CIVR). Del mondo dell’università conosce davvero tutto. Compreso il valore dei suoi docenti, dei suoi ricercatori e dei suoi studenti.

Profumo vanta anche una notevole esperienza internazionale: ha frequentato atenei e centri di ricerca negli Stati Uniti, in Giappone e in altri paesi. Ha conosciuto direttamente anche il mondo dell’industria: ha infatti iniziato la sua carriera come ingegnere progettista all’Ansaldo di Genova. Ha poi collaborato con giganti mondiale dell’hi-tech, come Motorola e Microsoft. Infine, anche se solo da agosto, è il presidente del nostro massimo ente di ricerca, il CNR.

Francesco Profumo vanta anche il “riconoscimento dei pari” e addirittura il consenso del mondo accademico. Infatti è stato eletto rettore dai suoi colleghi al Politecnico di Torino ed è poi diventato presidente del CNR grazie alla valutazione di un “search commitee” – da una commissione di colleghi ricercatori esperti – che ne ha “pesato” le capacità scientifiche e gestionali e lo ha inserito nella triade offerta al ministro per la scelta definitiva. Francesco Profumo, infine, gode nel mondo universitario di un apprezzamento trasversale che è piuttosto raro e va dai suoi colleghi rettori al mondo sindacale.

C’è infine una terza ragione che rende ottima la scelta di Francesco Profumo. La piena consapevolezza, più volte manifestata: del valore strategico della scienza e dell’alta educazione nell’economia della conoscenza; dei limiti del sistema produttivo italiano, a causa della sua specializzazione produttiva. Da almeno mezzo secolo quello seguito dal nostro sistema produttivo è “un modello di sviluppo senza ricerca”.

Francesco Profumo, come docente, preside e rettore del Politecnico di Torino, ha dimostrato anche di saper creare un rapporto reciprocamente vantaggioso tra industria, università e ricerca. Preservando l’indipendenza e i caratteri di ciascuno. Lui non ama parlare di differenza tra ricerca di base e ricerca applicata, perché oggi questa differenza è molto sfumata. Conosce bene l’importanza sia della ricerca libera e curiosity-driven che si conduce nei laboratori pubblici sia dello sviluppo tecnologico che si svolge nei laboratori industriali e che è necessario per innovare il sistema produttivo.

Alla luce di queste considerazioni, gli sottoponiamo, con grande rispetto, una domanda e quattro richieste.

La domanda è: come intende risolvere il problema della guida del Consiglio nazionale delle ricerche che aveva appena assunto? Non è un problema da poco. E dalla sua soluzione dipenderà anche la capacità del ministro di conservare il consenso avuto come docente, ricercatore e dirigente della ricerca.

Le quattro richieste – non semplici da soddisfare, in un periodo di crisi finanziaria drammatica – sono le seguenti:

  1. prendere in considerazioni i sette punti a costo zero proposti dal Gruppo 2003; essi sono la base per una più efficiente politica della ricerca;
  2. avere il coraggio di chiedere più soldi per l’università pubblica (e laica) e per la ricerca scientifica pubblica;
  3. avere la forza di affermare principi di merito ma anche di equità e di indipendenza dell’università e della ricerca italiana;
  4. avere  il coraggio di pretendere che il nuovo governo acceleri con ogni mezzo il cambiamento della specializzazione produttiva del nostro paese.

È solo partendo dal lavoro e dall’economia reale che possiamo sperare di uscire dal tunnel della crisi finanziaria.


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