Da qualche settimana nel nostro Paese sono terminati i concorsi per il nuovo ciclo dei dottorati di ricerca. Riuscire a conseguire un dottorato ha sempre rappresentato l’opportunità di poter entrare nell’elitè accademica, in un sondaggio della rivista Nature effettuato lo scorso anno però è stato evidenziato come i titolari di un dottorato di ricerca sono sempre meno soddisfatti del proprio lavoro rispetto a quelli senza il medesimo titolo di studio. Sempre su Nature è stato pubblicato, utilizzando dati OCSE, un studio sui dottorati nelle aree scientifiche. Nelle aree scientifiche il numero dei dottorati assegnati ogni anno è cresciuto di quasi il 40% tra il 1998 e il 2008, arrivando a circa 34.000, nei paesi che sono membri dell'Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OCSE). In molti paesi coloro che conseguono oggi un dottorato di ricerca devono però confrontarsi con una diminuzione del numero dei posti di lavoro a livello accademico, e con un settore industriale che difficilmente riesce ad assorbire i giovani ricercatori. Di tutti i paesi in cui intraprendere un dottorato in scienza, il Giappone è forse uno dei peggiori. Nel 1990, il governo ha impostato una politica per intensificare il reclutamento di dottori di ricerca riuscendo in breve tempo a triplicarne il numero, tutto ciò per cercare di portare il Giappone a livello dell'Occidente. Si sono così creati un gran numero di ricercatori che però il mondo accademico non può accogliere e nemmeno le industrie che tradizionalmente preferiscono assumere neo laureati da poterli così addestrare direttamente sul posto di lavoro. In Cina il problema invece è la qualità della ricerca ma anche così, la maggior parte dei cinesi con un titolo di dottorato riesce a trovare un lavoro grazie al boom economico che il paese sta attraversando. "E’ molto più facile trovare una posizione nel mondo accademico in Cina rispetto agli Stati Uniti", dice Yigong Shi, un biologo strutturale alla Tsinghua University di Pechino, e lo stesso vale anche nell'industria. Per cercare di aumentare la qualità dei supervisori il governo cinese sta reclutando studiosi dall’estero.
La seconda nazione dietro la Cina per numero di dottorati in scienze sono gli Stati Uniti. Secondo Stephan Paula, economista presso la Georgia State University di Atlanta che studia le tendenze dei dottorati, nessuno dovrebbe applaudire a questa tendenza, "a meno che il Congresso voglia mettere soldi per la creazione di lavoro per queste persone". Nel 1973, il 55% dei dottorati in scienze biologiche riuscivano a ottenere un posto da ricercatore entro sei anni dal completamento del loro corso. Dal 2006, solo il 15% riesce a passare di ruolo sei anni dopo la laurea. "E 'uno spreco di risorse", continua Stephan. La crisi del mercato del lavoro ha scoraggiato potenziali studenti ad intraprendere la strada del dottorato. Tuttavia, la produzione dei dottorati continua di buon passo, grazie all’afflusso di studenti stranieri. Alcune Università americane stanno sperimentando nuovi programmi per meglio preparare gli studenti a carriere al di fuori del mondo accademico, offrendo competenze trasversali nel campo della comunicazione e del lavoro di gruppo. Questa politica di “riqualificazione” è alla base della riprogettazione che negli ultimi 20 anni sta attuando la Germania; che rimane il maggior produttore europeo di dottorati, con circa 7.000 dottorati di ricerca scientifica nel 2005. Un dottorato di ricerca in Germania viene spesso commercializzato come formazione avanzata, pochi vogliono rimanere nel mondo accademico questo perché il reddito relativamente basso del personale accademico scoraggia i giovani ricercatori.
L’Università può giocare un ruolo chiave per il reclutamento e lo sviluppo degli studenti, poco meno infatti del 6% dei dottori di ricerca in scienze trova lavoro a tempo pieno nell’università, la maggior parte troveranno lavoro di ricerca nel settore industriale. Alcuni dei paesi dell'ex blocco orientale, come la Polonia, hanno visto un grande incremento. Nel 1990-91, 2.695 studenti avevano borse di dottorato, questo dato è salito a oltre 32.000 nel 2008-09. L’ Egitto nel 2009 contava circa 35.000 studenti iscritti ai corsi di dottorato, contro 17.663 nel 1998. Ma i finanziamenti come in Polonia non hanno tenuto il passo con la domanda. Il deficit si traduce in carenze di attrezzature e materiali e mancanza di personale qualificato. La maggior parte dei fondi per i corsi di dottorato provengono dai bilanci universitari, che sono già aggravati per il calo di iscrizione ai corsi di laurea, le università quindi hanno iniziato a rivolgersi a finanziamenti internazionali e a collaborazioni con il settore privato, ma questa fonte rimane ancora molto limitata. Sia la “vecchia” Europa che gli Stati Uniti stanno affrontando una crisi economica senza precedenti che porta una diminuzione dei fondi destinati alla ricerca cosa che non accade nei ricchi Stati del Golfo. Finora, la maggior parte dei ricercatori sono stati 'importati' dopo aver ricevuto la laurea nelle università occidentali, ma l'Arabia Saudita e il Qatar, in particolare, hanno costruito le loro infrastrutture per iniziare ad offrire più programmi di dottorato di ricerca allo loro stessa popolazione. L’ Italia? I dati di Nature non prendono in esame il nostro Paese, ma possiamo facilmente ricavare dei dati grazie alle ricerche condotte dal Cnvsu (Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario) e dall’ISTAT per l’anno accademico 2009/2010. In questi ultimi anni i posti di dottorato in scienza nel nostro Paese sono diminuiti passando dai 1987 del 2006 ai 1810 del 2010. Per la copertura delle borse di studio il MIUR rimane il principale finanziatore con il 45,7%, i fondi di Ateneo rappresentano il 31,4%, la parte restante del finanziamento proviene per il 4,2% da enti di ricerca e per il 9,8% da finanziamenti privati, con il 5,6% proviene da enti pubblici.Gli Atenei del Nord rispetto alla media nazionale dal MIUR hanno un finanziamento inferiore ma ricevono in compenso una quota più alta di contributo da investitori privati.
Fig.1 -Indicatori percentuali di partecipazione agli studi universitari a.a. 1980/81-2009/10 - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (blu: maturi; rosso:immatricolati; verde:immatricolati su maturi)
Solo il 37,3% dei partecipanti alle prove di ammissione ai corsi proviene d ’Atenei diversi da quello del dottorato, questo dato è da associare ad un altro dato non positivo che mette in evidenza come la percentuale di successo degli interni è superiore a quelli degli esterni. Non è pensabile che gli esterni siano di qualità inferiore e facciano domanda perché pensano di non avere le possibilità nell’Ateneo di provenienza. In genere sono i candidati più bravi che fanno domanda in più parti per poter poi scegliere la sede migliore. In leggero aumento è la percentuale (8% rispetto al 7,3% del 2008) degli iscritti a corsi di dottorato in Italia che hanno conseguito la laurea all’estero. E’ l’Istat che prende in esame invece l’inserimento nel mondo del lavoro dei nostri dottorati di ricerca, considerando due coorti: i dottori che hanno conseguito il titolo nel corso nell’anno 2004 e nel 2006. A tre anni dal conseguimento del titolo, il 92,8% dei dottori di ricerca del 2006 svolge un attività lavorativa, il 5,4% è in cerca di lavoro. Più alta la quota di occupazione (94,2%) dei laureati nel 2004, con una quota di disoccupati di circa il 4,4%. Ma questa percentuale così alta di occupati non corrisponde in posti di lavoro a tempo indeterminato ma in posizioni professionali a termine o in assegni di ricerca e borse post-dottorato.