Se visitate l’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera (in Palazzo Brera a Milano) avrete modo, percorrendo il corridoio principale, di ammirare una serie di strumenti astronomici antichi. Appena entrati vi imbatterete in due telescopi rifrattori Dollond con obiettivi acromatici di 7,6 e 9 cm. Il più recente, installato nel 1785, aveva una serie di oculari con i quali si potevano rag- giungere ingrandimenti fino a 130 volte. In seguito furono preparati a Milano altri oculari che permettevano ingrandimenti di circa 1500 volte. L’acromatismo nei telescopi era stato accuratamente studiato da Ruggiero Boscovich, fondatore dell’Osservatorio di Brera.
I due telescopi venivano usati per osservare la Luna e le occultazioni lunari, i pianeti, il Sole e le sue eclissi e le comete. A metà del corridoio dell’Osservatorio si trova il Circolo moltiplicatore di Reichenbach, entrato in funzione nel 1810 e utilizzato fino al 1850. Con esso furono eseguite numerose osservazioni di astronomia di posizione, tra cui quelle di una lunga e ininterrotta serie di solstizi per determinare l’obliquità dell’eclittica e le sue variazioni nel tempo; con questo strumento Barnaba Oriani calcolò la latitudine della Specola. Sovrasta gli altri strumenti, per la sua altezza, il Decli- nometro, che serviva a rilevare con grande precisione la declinazione magnetica. Nel 1834 Karl F. Gauss aveva proposto un piano per misure accurate di magnetismo terrestre da eseguirsi contemporaneamente in molte località diverse. All’epoca Milano era infatti uno dei tanti siti dedicati a quel tipo di osservazioni.
Vi sono anche strumenti più recenti e che sono stati utilizzati nella seconda metà del secolo scorso. Tra questi troviamo il teodolite Gigas e gli strumenti dei passaggi Bamberg e AP100. Se andate al piano superiore potrete ancora incontrare, nel suo studio, un astronomo che li ha usati: Alessandro Manara. Manara, infatti, pur essendo da qualche anno in pensione, continua a frequentare l’Osservatorio e a collaborare a diversi progetti. Le ultime sue osservazioni, fatte con l’AP100, acquistato nel 1955 in occasione dell’Anno Geofisico Internazionale – indetto dal luglio 1957 al dicembre 1958 per coordinare su scala mondiale un insieme di ricerche volte a una maggiore conoscenza delle proprietà fisiche della Terra e delle interazioni tra il Sole e il nostro pianeta – risalgono al 4 aprile 1973, neanche quarant’anni fa. Ma sembra siano passati secoli se si pensa a come è cambiata da allora la strumentazione astronomica e anche i programmi di osservazione. L’AP100 era situato nella cupola a fiore dell’Osservatorio (ora ristrutturata e trasformata in sala per conferenze), cupola con una caratteristica apertura a quattro spicchi orientati in modo da permettere l’osservazione nel piano del meridiano e in quello a esso normale, e per questa ra- gione chiamata in questo modo.
Alessandro Manara durante la messa a punto del teodolite Gigas in funzione all’Osservatorio di Brera dal 1965 al 1971, e utilizzato per l’inseguimento ottico dei satelliti artificiali.
L’AP100 (10 cm di diametro) veniva utilizzato per la determinazione del tempo e della longitudine. Confrontando il tempo del passaggio della stella in meridiano con la scala di tempo atomico, rigorosamente uniforme, si potevano trovare le variazioni irregolari della rotazione della Terra. Lo strumento veniva tarato osservando una mira (una sorgente luminosa, una lampada) posta sulla cupola della vicina chiesa di San Marco, e di un’altra, molto più lontana, situata sul Monte Palanzone, vicino a Como, e usata però soltanto per alcuni test, in considerazione della difficoltà della sua manutenzione a così grande distanza. La mira in città veniva usata anche per la collimazione dell’asse ottico del teodolite Gigas (utilizzato per l’inse- guimento dei satelliti artificiali), strumento in funzione all’Osservatorio di Brera dal 1965 al 1971. L’ultima osservazione con tale strumento risale al 13 dicembre 1971 con l’inseguimento del satellite per la geodesia Pageos1. Il teodolite Gigas registrava, con un’istantanea fotografica, i cerchi altazimutali, la livella e un quadrante cronometrico. Una piattaforma mobile comandata da due motori permetteva di variare la velocità dello strumento sia orizzontalmente che verticalmente rendendo possibile l’inseguimento del satellite rintracciato mediante il cercatore applicato al teodolite (v. fig. p. 8).
Sempre nel 1955 nacque il centro di cronometria dell’OAB; tra le sue molteplici attività vi erano il controllo dei cronometri di precisione e la trasmissione di segnali orari ad alcuni istituti milanesi per la sincronizzazione di tabelle orarie e orologi. Questi servizi sono stati interrotti nel 1970.
Negli Osservatori Astronomici l’orologio è uno strumento indispensabile. Regolato in tempo sidereo e associato a uno strumento dei passaggi, permette di rilevare l’istante del transito al meridiano delle stelle. Esposti insieme agli strumenti astronomici, vi sono dunque anche cinque orologi a pendolo, il più imponente dei quali è quello di Alberti, costruito nel 1819 e di tipo inconsueto perché l’asta del pendolo è sopra il roteggio e il quadrante. Nella cupola a fiore, ma in modo da operare nel primo verticale, vi era un altro strumento dei passaggi, il Bamberg, mediante il quale si eseguivano misure di latitudine osservando il transito di stelle zenitali. Monitorando le variazioni di latitudine negli anni si può risalire per esem- pio allo studio del movimento periodico di piccole dimensioni dei poli rispetto alla superficie terrestre, fenomeno astronomico conosciuto col nome di polodia.
L’autore sulla piattaforma del VLT al Cerro Paranal in Cile. Il VLT, con i suoi 4 telescopi principali da 8 metri e diversi telescopi ausiliari rappresenta il più moderno osservatorio ottico in funzione.
Già, perché disponendo di un affidabile sistema di riferimento – quello “celeste” delle stelle fisse – gli astronomi offrivano contributi preziosi anche alla geologia e alla cartografia, con misurazioni molto “terrestri”. A Brera sono ancora conservate ed esposte le aste che furono usate nelle misure geodetiche per il tracciamento, nel 1788, della prima carta topografica della Lombardia.
Il cielo di Milano, già luminoso all’inizio del secolo scorso, tanto da spingere gli astronomi a costruire una succursale a Merate, nella di poco (e ancor per poco) più buia Brianza, non permetteva più osservazioni astronomiche competiti- ve. Ecco perché, potendo vedere solo gli astri più brillanti, le ultime misure fatte dai cieli di Brera erano osservazioni “di servizio”, utili dunque alla taratura del tempo e delle longitudini o a misure di inseguimento di satelliti geodetici. Misu- re che da anni ormai si fanno ricorrendo ad altri metodi, ben più precisi. Sono ormai comuni ed economici, ad esempio, gli orologi radiocontrollati che si regola- no automaticamente con un segnale orario prodotto con orologi atomici. Laser e specchi montati su satelliti invece entrano in gioco per le misure dei piccoli spostamenti dell’asse terrestre o per mappare il nostro campo gravitazionale con estrema precisione. L’inquinamento luminoso e le condizioni meteorologiche non particolarmente favorevoli hanno fatto sì che la migliore strumentazione astronomica, sempre più complessa e costosa, venga ora montata su telescopi situati possibilmente in zone buie, desertiche e ad alta quota, condizioni che si riscontrano per esempio nelle Ande cilene o sul vulcano Mauna Kea, alle isole Hawaii.
Non è dunque più possibile, all’imbrunire, salire le due rampe di scale che separavano gli uffici degli astronomi dai loro strumenti, aprire la cupola, estrarre il taccuino degli appunti, puntare il telescopio e incominciare a lavorare. Ora serve molta pianificazione e un viaggio in aereo, spesso di molte ore. In compenso si ha accesso alla migliore strumentazione possibile montata su telescopi giganteschi, grandi come l’intero Osservatorio di Brera, se non di più, e con essi si riesce a osserva re ai limiti dell’Universo. Ma al mio collega e amico Manara non piace più mol- to volare...
Tratto da Le Stelle n. 99 • Ottobre 2011 • 9