fbpx Le flatulenze dei dinosauri | Scienza in rete

Le flatulenze dei dinosauri

Primary tabs

Read time: 2 mins

Che i ruminanti siano la fonte di una notevole frazione del metano liberato in atmosfera è noto da tempo. Tre ricercatori si sono chiesti quale potesse essere la situazione quando, milioni di anni fa, la Terra era popolata dai giganteschi dinosauri erbivori.

Lo studio di David Wilkinson (Liverpool John Moores University), Euan Nisbet (University of London) e Graeme Ruxton (University of Glasgow) pubblicato su Current Biology può certo far sorridere, ma l'idea su cui si fonda non è affatto una barzelletta.
Ormai è accertato che una bella fetta di metano atmosferico è imputabile all'allevamento di bestiame ed è dovuto alla particolare modalità digestiva dei ruminanti. La fermentazione microbica dei vegetali ingeriti che avviene nello stomaco dei ruminanti (la cosiddetta fermentazione enterica) sfocia infatti nella produzione di questo potente gas serra.

Accurati studi hanno mostrato che si può valutare questa produzione di metano semplicemente conoscendo la massa corporea complessiva degli animali considerati. Tenendo conto delle dimensioni dei dinosauri erbivori e della loro distribuzione territoriale (dedotta da studi paleontologici), i tre ricercatori hanno valutato una produzione complessiva di 520 milioni di tonnellate di metano annue, un valore paragonabile con l'emissione di metano dei nostri giorni. Giusto per avere un riferimento, 150 anni fa – cioè in epoca preindustriale – le emissioni di metano ammontavano a 200 milioni di tonnellate annue.

Più che lecito, dunque, chiedersi – come recita il titolo dello studio – se questo incredibile rilascio in atmosfera di metano di origine animale abbia potuto in qualche modo influenzare l'andamento climatico. Dal canto loro i tre ricercatori sono convinti che il fenomeno possa a pieno titolo essere considerato un fattore chiave nel riscaldamento globale che caratterizzò il Mesozoico.

Science Daily

Autori: 
Sezioni: 
Canali: 
Indice: 
Clima

prossimo articolo

Diagnosi di HIV in crescita dopo il COVID: i numeri del 2023

Dopo la pandemia di Covid-19, per la prima volta da quasi dieci anni, sono aumentate in Italia le infezioni da HIV, molte delle quali diagnosticate in fase già avanzata (AIDS), soprattutto tra le persone eterosessuali. Sono alcuni dai dati che emergono dal report del Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità e che, in occasione della Giornata mondiale contro l'AIDS che si celebra il 1 dicembre, riportiamo in questo articolo.

Le diagnosi di infezione da HIV continuano ad aumentare, invertendo la decrescita che, prima della pandemia di Covid-19, durava da quasi dieci anni. Secondo i dati pubblicati dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2023 sono stati registrati 2.349 nuovi casi, che arrivano a circa 2.500 tenendo conto delle segnalazioni ancora da registrare.