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Issues Brief 2 - Options for Strengthening IFSD: Peer Review

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Nel documento Rio 2012 Issue Brief n° 2 viene descritto il meccanismo del Peer Review che è alla base di processi decisionali condivisi che avverranno nel corso di Rio+20. Il termine, usato anche per la revisione tra pari dei lavori scientifici, è in quest’accezione un meccanismo che vuole contribuire a rendere più semplici gli accordi internazionali in un vasto range di argomenti: dalla governance economica ai diritti umani.
È  un processo costruttivo, persuasivo e senza pressioni verso chi è in minoranza. Si fonda sul rispetto reciproco delle parti in gioco e sul desiderio fondamentale di risolvere questioni controverse in modo efficiente e rapido. Per questo motivo è strutturato per evitare i colli di bottiglia tipici dei normali processi decisionali in cui la mancanza di basi comuni porta al fallimento delle operazione di policy condivise.

Il documento, analizzando le forme di peer reviwe utilizzate dai vari organismi internazionali, mette in luce alcune fasi comuni.

  • il National Reporting: i soggetti sotto revisione forniscono le informazioni richieste dal     comitato sotto forma di risposte di questionari o report;
  • l'Independent Review: un ristretto gruppo di esperti studia i National Reporting coadiuvati da un segretariato;           
  • la Synthesis: viene prodotto un report;
  • Coordination and Support: in cui un segretariato svolge una funzione di coordinamento e supporto, ad esempio preparando delle bozze dei report;
  • Consultation and Feedback: in questa fase i report vengono condivisi con le parti in gioco che poi rendono noti commenti e opinioni;
  • Presentation e Review: fase conclusiva in cui si discutono i report in assemblea plenaria di fronte a tutti gli attori intervenuti nel meccanismo di Peer Review.

Un aspetto fondamentale del processo di Peer Review è quello di includere anche i contributi della società civile che giocano un ruolo primario nel meccanismo decisionale, attraverso report indipendenti sottoposti al giudizio degli esperti.

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Di latticini, biotecnologie e latte sintetico

La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

Per fare il formaggio ci vuole il latte (e il caglio). Per fare sia il latte che il caglio servono le vacche (e i vitelli). Cioè ci vuole una vitella di razza lattifera, allevata fino a raggiungere l’età riproduttiva, inseminata artificialmente appena possibile con il seme di un toro selezionato e successivamente “forzata”, cioè con periodi brevissimi tra una gravidanza e la successiva e tra una lattazione e l’altra, in modo da produrre più latte possibile per il maggior tempo possibile nell’arco dell’anno.