Esistono dei reali paralleli fra scienze logico-matematiche e arte, ovvero astrazione e rappresentazione che si sviluppano a partire dagli stessi dati sensoriali? L’argomento è stato trattato già in Platone e Aristotele a livello d’impostazione mentre, a livello di applicazione, ha trovato uno dei primi casi celebri nella sezione aurea.
Questa grandezza è definita come il rapporto fra due lunghezze delle quali la maggiore è la media proporzionale fra la minore e la somma; in pratica a e b risultano in sezione aurea se a/b = 1,618 circa. Il primo autore che ne ha evidenziato l’importanza in ambito di arti figurative rinascimentali è stato Fra’ Luigi Pacioli col De Divina Proportione (1497) mentre altri, successivamente, ne hanno individuato le applicazioni anche in epoche precedenti con Fidia, Policleto o Vitruvio. A tutt’oggi, come ha evidenziato anche Giulio Carlo Argan, la sezione aurea è un concetto associato a bellezza ed equilibrio in molte discipline, con evidenti applicazioni nell’architettura di Le Corbousier, nella musica di Debussy, nella pittura contemporanea di Salvador Dalì e Piet Mondrian. Questi studiosi, però, non sono stati i soli a utilizzare il ponte arte-scienza offerto dalla sezione aurea che, in sostanza, è stata tirata per i capelli anche in situazioni in cui la sua presenza era tutt’altro che evidente. E’ successo con alcuni autori, legati a visioni un po’ elastiche di scienza quando non dichiaratamente di ispirazione new age, che hanno individuato la presenza del rapporto aureo in contesti assolutamente dubbi. A proposito di questi Alessandro Zocchi, nell’articolo La sezione aurea presente sul sito del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), citando Mario Livio ha affermato: “se uno vuole trovare a tutti i costi un rettangolo aureo in un'opera d'arte gli basterà variare i punti di riferimento”.
Dalla storia della sezione aurea abbiamo ricavato, dunque, che la corrispondenza fra scienze logico-matematiche e arte non è un qualcosa di lapalissiano o liquidabile in base a poche considerazioni scontate, valide a prescindere dal contesto e dal periodo storico. A sostegno di questa tesi si sono espresse anche importanti correnti di pensiero che, ragionando il modo diametralmente opposto, hanno parlato di una corrispondenza che non esisterebbe affatto. Una di queste è stata il Neo Positivismo, attivo fra il 1922 e il 1936 e facente capo al cosiddetto Circolo di Vienna, ossia, a vari fisici matematici e filosofi fra i quali Moritz Schlick, Rudolf Carnap e Alfred Julius Ayer.
Secondo i neo positivisti fra scienza e arte c’era una differenza sostanziale in quanto discipline di tipo scientifico le prime e di tipo metafisico le seconde. La definizione di metafisica veniva data in modo residuale (era tutto ciò che non rispettava il principio di verificazione) e già da questo si capisce come essi pensavano a un’arte in posizione assolutamente subalterna rispetto alla scienza. L’attività principale del Circolo fu, fra l’altro, centrata anche sull’eliminazione di quelle poche infiltrazioni metafisiche (di tipo estetico, filosofico o artistico) riscontrate nelle scienze del tempo. A tutt’oggi, a seguito del razionalismo critico di Karl Popper e dei teoremi di incompletezza di Kurt Gödel, il punto di vista neo positivista è considerato sostanzialmente superato. Vennero introdotti, infatti, il principio di falsificabilità e fu dimostrata l’impossibilità per i sistemi teorici formali di essere contemporaneamente completi e coerenti: ciò fece crollare alcuni dei prerequisiti essenziali per una scienza retta dal solo principio di verificazione. Alcune argomentazioni dei Neo Positivisti sono, però, entrate nel senso comune come quella della diversità dei linguaggi: oggettivo, logico e strutturato quello scientifico; emotivo, retorico/analogico e libero il secondo. Di ciò è, comunque, utile tener conto nel proseguo della trattazione.
Gli approcci della sintesi completa o della giustapposizione non sono d’altronde gli unici possibili. Una “terza via” può essere, infatti, quella che, pur riconoscendo l’identità distinta di ciascuna delle due discipline individui anche delle reciproche influenze a causa di un comune clima socio-culturale, uno stesso insieme di principi di base, un uguale momento storico e così via. Una strada probabilmente più complessa della ricerca di una corrispondenza puntuale “a tutti i costi” (come nel caso dei commentatori superficiali della sezione aurea) o di una contrapposizione in toto (come quella proposta dai neo positivisti) ma, probabilmente, anche argomentativamente più robusta. In base a tale ragionamento sarebbe possibile individuare alcuni elementi o figure di ponte fra le due discipline; un caso rilevante in questo senso, relativo al Novecento e al collegamento fra arti e scienze logico-matematiche, è fornito dal matematico statunitense Norbert Wiener (si veda ad esempio Flo Conway ne L’eroe oscuro dell’età dell’informazione o Leone Montagnini con il libro Le armonie del disordine).
Wiener è ritenuto il padre della cibernetica e, al pari di Shannon e Von Neumann, della moderna teoria dell’informazione. E’ stato il primo (Convegno di Princeton, 1945) a utilizzare termini come analogico, digitale, bit a tutt’oggi passati nel linguaggio corrente ed è stato inventore del concetto di feedback. Fra tutti è la trattazione sui feedback nei sistemi generici il contributo più utile per i nostri ragionamenti. L’idea fondamentale è che, non solo i feedback sono presenti in ogni tipo di interazione (fra sistemi fisico-matematici ma anche biologici o sociali) ma anche che un’elevata attenzione ai feedback garantisce una stabilità molto maggiore di quella che si otterrebbe concentrandosi solo sul processo diretto emittente->ricevente (si veda il suo saggio Meccanismi di retroazione e causalità circolare nei sistemi biologici e nei sistemi sociali e anche Introduzione alla cibernetica).
Il termine cibernetica tende, nel nostro immaginario, a evocare immagini alla Blade Runner e quindi non sarebbe completamente immotivato chiedersi, adesso, dove stia il legame fra la teoria del controllo in retroazione e il mondo dell’arte, ovvero perché stiamo parlando tanto di Wiener. Il punto è che un testo come Introduzione alla cibernetica risulta attinente contemporaneamente alla scienza e alla metafisica, per usare un termine caro al Neo Positivismo. I sistemi, infatti, si scambiano messaggi e agiscono a seconda delle reazioni dei loro interlocutori esattamente come fanno gli uomini o gli animali. Anche un’opera artistica o un costrutto sociale si fonda, d’altronde, su meccanismi di azione e reazione, razionale o emotiva. Questi sono, d’altra parte, gli oggetti di cui si occupa la cibernetica. Un termine che, etimologicamente, richiama all’azione del kybernetes, il pilota della nave, con il nostro testo che risulta incentrato non su formule o passaggi matematici, ma su concetti quali il significato del progresso della legge e del linguaggio, il ruolo dell’intellettuale e dello scienziato, la distinzione fra umano e non umano.
Tutto questo è, alla fine, matematica o letteratura? E in che cosa consiste la differenza fra le due cose? Wiener in questo senso dà un giudizio abbastanza categorico: la distinzione esiste ma è frutto di processi sociali sostanzialmente anomali, derivanti dall’impoverimento dei sistemi educativi. Osserva, infatti, che dai programmi scolastici e universitari sono stati eliminati, in tempi abbastanza recenti, gran parte degli studi classici per logiche di mero profitto se non di volontà di controllo sulle masse da parte della classe dominante. Paradossalmente, quindi, è la cibernetica, come comprensione delle dinamiche di comunicazione, che ci mostra come le arti non siano assolutamente un lusso ingiustificato e, viceversa, è proprio una materia che tratta di scienza a esprimere questo bisogno molto meglio di tanti letterati, fagocitati dalla macchina produttiva editoriale. Ed è qui che, per Wiener, arrivano gli scenari alla Blade Runner dato che il matematico americano, in assenza del recupero di una dimensione olistica che includa arte e scienza contemporaneamente, vede, come possibile futuro, solo una società apocalittica di macchine autocoscienti e di uomini istruiti a pensare e vivere come macchine
Se tutto questo non fosse sufficiente per comprendere quanto Wiener sia stato importante tanto per le scienze logico-matematiche quanto per le arti, c’è poi il tema delle influenze dirette che il suo lavoro ha esercitato. Teresa De Feo ha osservato sulla rivista on line Digimag come espressioni alla base degli scritti di Wiener quali “struttura”, “schema di processo”, "sistema di forze" si possono già ritrovare nelle esperienze astrattiste e della Bauhaus come nel Costruttivismo. Ha evidenziato, altresì, che Nicolas Schöffer, considerato il padre dell'arte cibernetica, dichiaratamente farà riferimento, per la progettazione delle sue opere, alle teorie cibernetiche di Norbert Wiener.
In biologia classica a supporto dell’appartenenza di due animali a una stessa specie c’è il concetto di interfecondità. Ci chiediamo, adesso: arte e scienze matematiche sono due specie distinte o no? Possono avere un “figlio comune”? Può esistere, in altri termini, un oggetto contemporaneamente artistico e matematico? Ora, la risposta a queste domande c’è ed è positiva: l’oggetto cercato sono i cosiddetti frattali che fin dalla loro prima rappresentazione si sono affermati come entità contemporaneamente appartenente alla matematica e alle arti figurative (si veda La bellezza dei frattali di Peter Heinz Richter e Heinz-Otto Peitgen).
La nascita della geometria frattale viene fatta risalire al matematico inglese Arthur Cayley che il 3 marzo 1879, sull’American Journal of Mathematics pubblica un articolo dove mostra che l’applicazione del metodo delle tangenti alla soluzione di un’equazione complessa determina, a seconda del punto iniziale scelto, una partizione del piano complesso diversa e assolutamente sorprendente. A quel tempo non esistevano calcolatori capaci di rappresentare graficamente tale suddivisione ma quando, parecchi anni dopo, Benoit Mandelbrot poté utilizzare i calcolatori dell’IBM per rappresentare con colori tale partizionamento, il risultato fu l’immediata nascita di una nuova arte figurativa. Questa è stata successivamente definita Fractal Art e ha il tratto distintivo non nell’ispirarsi latamente alla geometria frattale, ma nell’utilizzare come oggetti artistici proprio i frattali, cioè le rappresentazioni grafiche delle partizioni scoperte da Cayley, ottenuti con opportuni software.
I frattali sono noti al grande pubblico soprattutto perché “belli” ma hanno anche varie proprietà che ne hanno determinato un loro ulteriore sconfinamento interdisciplinare. I campi scientifici che sono stati successivamente “conquistati” sono stati la fisica, la biologia, l’economia e la politica (Alberto Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli, introduzione alla scienza della complessità) ovvero i principali ambiti applicativi della cosiddetta Teoria del Caos. In ambito artistico, invece, sono state individuate applicazioni dei nostri oggetti in ambito di letteratura (Piero Bianucci, Buonanotte fra le stelle), architettura, cinema (Nicoletta Sala e Gabriele Cappellato Architetture della complessità. La geometria frattale fra arte architettura e territorio).
Esiste quindi non solo un figlio comune fra matematica e arte ma fra scienza e arte in generale, a dimostrazione che pur mantenendo ciascuna di queste le proprie peculiarità, le due discipline sono in realtà intimamente connesse.
di Ludovico Ristori